L'Inter ha lasciato per strada cinque punti nelle prime due gare di campionato sostanzialmente per due episodi. Almeno, stando alla versione ufficiale resa pubblica da Luciano Spalletti nell'ambito dell'analisi delle prestazioni messe in mostra dai suoi con Sassuolo e Torino: secondo il tecnico di Certaldo, la complessità del 'fenomeno sconfitta-pareggio' può essere banalmente ridotta a quegli eventi singoli che hanno cambiato il corso di una storia altrimenti destinata a un altro epilogo.
In principio fu il 'Si è perso per un calcio di rigore' la motivazione cardine del discorso di Lucio per giustificare la prova decisamente insufficiente di Reggio Emilia, come a voler sottolineare che la capitolazione dagli undici metri sia meno amara o grave di una sconfitta subita per mano di un'azione manovrata. A sostegno della teoria riduzionista, poi, si sono schierati a reti unificate i moviolisti che, giustamente, hanno portato alla luce – a proposito di penalty che marcano la differenza – il metro di giudizio poco coerente dell'arbitro Mariani (il contatto in area Asamoah-Magnanelli è il caso principe in cui si condensano le lamentele nerazzurre). In pratica, con lo sguardo fisso in camera, ammiccando verso il pubblico a casa, Spalletti ha fatto ricorso alla tanto odiata (dagli addetti ai lavori) sintesi giornalistica per riassumere il ko del Mapei Stadium nell'immagine della rincorsa indisturbata dagli undici metri di Berardi prima di battere Handanovic.
A una settimana di distanza dal debutto stagionale, quindi, arriva il 2-2 dal sapor di beffa rimediato contro i granata e a rimorchio riecco la circostanza che fa saltare i piani di vittoria per la quale non c'è altra spiegazione, se non la considerazione poco corretta al pallone filtrante di Iago Falque per Belotti che scompagina la linea difensiva, Handanovic compreso. Il mistero di una cattiva valutazione di una situazione facilmente leggibile costruita dall'avversario diventa un tarlo nella testa dei giocatori che – Spalletti dixit - fa subentrare delle pressioni insopportabili. All'enigma di un gol incassato si aggiunge l’enigma di secondo grado della spiegazione alla reazione dello stesso, con il risultato che a furia di usare impropriamente il rasoio di Occam si arriva a preferire una conclusione ingenua a costo di non voler drammatizzare il dato di fatto di un'Inter ferma tristemente a un punto in classifica dopo 180 minuti di campionato.
Lo strano ermetismo di Spalletti non è altro che il diretto riflesso delle scelte di campo che è chiamato a prendere quotidianamente: l'imbarazzo della scelta di una rosa che include due alternative quasi per ogni ruolo, unita alla varietà di moduli a sua disposizione, impone all'ex Roma di agire per sottrazioni ora che il turnover è una parola vuota di senso ("Il vantaggio di avere due squadre si andrà a verificare quando ci saranno due partite la settimana", ha detto Spalletti). Insomma, per fare un esempio pratico, il rasoio di cui sopra serve per eliminare dai titolari un totem come Miranda 'perché ha meno di voglia di costruire' e mettersi a tre dietro per incastrarsi meglio all'avversario di turno, in questo caso il Torino di Walter Mazzarri, teorico del 3-5-2. Oppure, pur di compensare l'assenza di Nainggolan, unico trequartista assaltatore in rosa, per decidere di stringere dentro il campo e avvicinare la coppia Perisic-Politano a Icardi, anche a costo di relegare in panchina uno dei giocatori più in forma della pre-season come Lautaro Martinez. Il giochino, come lo chiama Spalletti, ora più che altro somiglia a un cubo di Rubik nel quale diventa complesso indovinare la combinazione giusta: “l'anno scorso avevamo una formazione forte, quest'anno due. L'anno scorso siamo partiti meglio, quest'anno peggio, ed è chiaro che bisogna fare di più. I piccoli vantaggi degli avversari cominciano sempre dalle nostre rinunce. Poi è chiaro che bisogna metterci mano, e il tecnico è sempre il responsabile”, ha ammesso Lucio. Che, nella babele di Appiano Gentile, tra giocatori ormai recuperati (il Ninja su tutti), alcuni inaffidabili o non ancora pervenuti (Dalbert, Gagliardini e Borja Valero), altri imprescindibili ma acciaccati (Asamoah) sta studiando la terza formazione diversa in tre giornate, in questo caso per superare il Bologna e portare a casa per la prima volta l'intera posta in palio. Quei tre punti che renderebbero le discussioni attorno alla partita semplice materiale per il post-partita. Un approdo a un altro riduzionismo, dove la vittoria è l’unico concetto utile a comprendere quello che succede in 90 minuti.
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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