La richiesta, la richiesta essenziale fatta dalla società al suo nuovo allenatore, è stata esaudita: il pass per la prossima Champions League è stato staccato con ampio anticipo grazie al rigore di Romelu Lukaku che ha agguantato la Roma sul filo di lana permettendo all’Inter di uscire dall’Olimpico col punto che serviva per la certezza aritmetica. E poco importa se c’è ancora quella piccola condizione derivante dalla congiuntura astrale che potrebbe vedere Napoli e Roma trionfare in Champions ed Europa League nella fase finale agostana: basterà evidentemente arrivare nei primi tre posti per evitare qualunque pericolo residuo, al netto di un’ipotesi che comunque, con tutto il bene, rimane oggettivamente alquanto improbabile. Con la Juve che ormai ha messo definitivamente le mani sul titolo, ancora una volta, e senza star troppo a chiedersi cosa sarebbe successo se non si fossero persi certi punti perché ormai è solo retorica inutile, semmai la domanda più lecita è: cosa ne sarà di questo finale di campionato atipico, almeno per le abitudini dei tempi recenti, di una stagione per forza di cose atipica.
Già a partire da questa sera, oltretutto al cospetto di una Fiorentina che ha certificato la sua salvezza battendo il Torino, sarà una partita forse indecifrabile dal punto di vista delle aspettative. Sarà l’occasione per vedere sicuramente qualche cambio di uomini in più, magari qualche soluzione innovativa dal punto di vista del gioco, sarà forse il momento per far scaldare i motori soprattutto a certi elementi in vista dell’impegno di Europa League, quello sì diventato vero spartiacque della stagione. Perché, onestamente, queste ultime quattro giornate, oltre che per cercare di mantenersi sul podio di fine campionato, serviranno indubbiamente come trampolino di lancio per la campagna europea nella ‘bolla’ del Nordreno-Westfalia, dove l’Inter arriverà con meno giorni di riposo rispetto alle possibili contendenti ma anche con più partite vere sulle gambe e quindi, presumibilmente, con un ritmo gara già ben stabilito, il tutto per provare a regalare ad Antonio Conte il suo primo trofeo internazionale, la gemma che ancora gli manca e che conquistare al primo anno della sfida rivoluzionaria targata Inter darebbe al suo curriculum un che di prestigio ulteriore. Senza contare che si comincerà a preparare il terreno per la nuova stagione anche dal punto di vista del marketing, visto che avverrà nelle ultime giornate il lancio sul campo delle due maglie (…) che verranno adottate il prossimo campionato.
L’Inter arriva alla partita di stasera dopo il pareggio contro la Roma, ma soprattutto dopo l’ennesimo duro sfogo di Antonio Conte, che nel dopopartita dell’Olimpico si è lasciato andare all’ennesima filippica, questa volta sottolineando come la costruzione del calendario per la ripresa del campionato abbia regalato alla sua squadra un’agenda di impegni difficile da reggere ai giusti ritmi, tra incontri troppo ravvicinati, spazi sempre ridotti per preparare a dovere le partite, rientri forzati notturni e altre complicazioni dicendo. Questo mentre magari altre squadre hanno avuto modo di gestire questo tour-de-force in maniera differente. Più in generale, la sua è stata un’arringa accorata, culminata con una frase: “Quando deve volare uno schiaffo, lo prende sempre l’Inter. È stato così in passato e lo è tuttora”, che in molti, soprattutto da una sponda in particolare, hanno interpretato come una sorta di presa di posizione a favore della società storicamente nemica a discapito del proprio passato, come se la professionalità fosse acqua fresca…
Chi conosce bene Antonio Conte, chi lo ha seguito nel corso della sua carriera da allenatore, o chi più in generale ama cibarsi di aneddoti e dichiarazioni, ha fatto subito notare che la rimostranza sul calendario è un grande classico del Conte comunicatore: è accaduto al Bari, è accaduto alla Juventus, persino quando guidava il Chelsea. E prontamente, si è scatenato subito il plotone di detrattori pronto ad accusare per partito preso Conte di lamentele, piagnistei, supercazzore per deviare il discorso dalla partita dove l’Inter, secondo qualche mente illuminata, non meritava di fare risultato, dimenticando più o meno colpevolmente la genesi dei gol anche della Roma, soprattutto il primo. Salvo poi andare a vedere bene il calendario e scoprire che… Conte ha ragione, e vedersi così crollare davanti come un castello di carte tutto l’impianto accusatorio: il delta di giorni di riposo è effettivamente penalizzante per l’Inter, e si fa presto a dire che lo sviluppo del nuovo calendario è stato dettato da una situazione di emergenza, anzi forse per questo motivo era necessario uno sforzo per tentare di preservare il più possibile le esigenze di tutti, o perlomeno per limitare i danni generali.
Antonio Conte è un condottiero, un generale, uno che non è abituato a lasciare nulla al caso. Soprattutto, è uno che sa che se si vuole vincere occorre un’organizzazione e una cura dei dettagli anche al di fuori dal campo quasi maniacale. Per questo, non si pone remore quando c’è da bacchettare la dirigenza, dirigenza che ben lo conosce e ben sa che certe sveglie, anche se magari scomode da far suonare pubblicamente, fanno parte del suo personaggio, del suo modo di essere e soprattutto del suo modo di vivere il calcio. Che assume sotto certi aspetti la preparazione di una guerra, intesa ovviamente in senso sportivo, dove il culmine è nella lotta sul campo ma che prevede un dietro le quinte di preparazione psicologica, tecnica, tattica, gestionale delle forze a disposizione. Oltre ad un lavoro di diplomazia col quale aumentare il peso non solo della valenza del proprio esercito ma anche degli uomini in grado di definire gli equilibri ‘politici’.
Sun Tzu fu un generale, ma anche un filosofo cinese, che fu artefice di quello che rappresenta il più antico trattato sulle strategie e l’arte militare esistente, vale a dire ‘L’Arte della Guerra’. Un testo scritto a cavallo tra il sesto e il quinto secolo avanti Cristo ma i cui postulati sono ancora da ritenersi attuali anche a migliaia di anni di distanza. Alcuni dei postulati tramandati negli anni e attribuiti a Sun Tzu sono in qualche modo assimilabili anche a quella che è la filosofia calcistica contiana. Qui qualche esempio in breve:
- “Non attaccare mai in salita”. Pensiero riconducibile a quello sui calendari, o per estensione alle difficoltà incontrate in troppe partite in questa stagione. Diventa difficile attaccare e magari provare ad alimentare residui sogni di espugnare il fortino nemico inviolato ormai da anni se la strada si fa in salita per via della fatica dei troppi impegni ravvicinati o perché te la rendi complicata inciampando su ostacoli che a volte ti crei da solo.
- “Sii dove il tuo nemico non è”. In tanti hanno letto nella riflessione di Conte: ‘Certe domande forse me le faccio solo all’Inter’ un nuovo attacco diretto nei confronti della dirigenza nerazzurra, disattenta al momento della compilazione del nuovo calendario. Più semplicemente, proprio per il discorso che la lotta, specie nel calcio di oggi, non si limita solo al campo ma si nutre di trame anche e soprattutto esterne, l’invito è quello di farsi maggiormente sentire, di non dimostrarsi troppo supini, semplicemente di cercare di aumentare la propria rilevanza senza arrendersi alla logica dell’ “ubi maior minor cessat”. E magari cercare di essere presenti anche a quelle occasioni anche informali che però servono a definire strategie future anche per la questione calcio: non sarebbe stato male, forse, partecipare al pranzo di lunedì voluto da Aurelio De Laurentiis.
- “Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali”. I riferimenti frequenti alla Juventus pluricampione d’Italia nei discorsi di Conte possono sembrare stridenti, ma non sono per nulla casuali. Anche perché è un fatto consolidato che negli ultimi anni i bianconeri hanno dominato in campionato, e quindi se si vuole ambire all’obiettivo grosso, in qualche modo devi necessariamente prendere la loro scia per poi provare ad effettuare il sorpasso. E poi, altrettanto oggettivamente, non si può discutere sul fatto che Conte conosca se stesso, ma anche il nemico.
- “Il leone usa tutta la sua forza anche per uccidere un coniglio”. Leggi alla voce: ammazzare le partite, anche quelle contro gli avversari che sembrano più abbordabili, per evitare brutte sorprese. È in sostanza quella grave lacuna sottolineata più di una volta.
E infine: “Le ricompense per un buon servizio non dovrebbero essere rinviate di un solo giorno”. Perché Conte è uno che vuole vincere, e non ama aspettare per farlo. Magari all’Inter non gli è stato chiesto di farlo subito ma la sua idea, e insieme quella dell’Inter, deve essere quella di non dover più aspettare la propria ricompensa.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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