Degna di un attore consumato o di un abile venditore di se stesso, la sapiente fuga dalle luci della ribalta del post Lazio ha fatto sì che Luciano Spalletti schiudesse oggi le porte della sua percezione verso l’annata nerazzurra quasi come un omaggio al’ambiente circostante, l’ultimo regalo di una stagione finalmente positiva. L’attesa era molta, le domande rimaste a lungo lettera morta – frenate dalle contingenze di una classifica che si è risolta solo negli ultimi 10’ dell’ultima giornata – son finalmente state tirate fuori per risolvere questioni che si trascinavano da tempo o, in qualche caso, per cospargerle di benzina e provare a stuzzicarle con un cerino. Spalletti ha parlato di tutto, a lungo, come spesso gli capita. Altrettanto spesso, in ossequio alla priorità degli obiettivi da raggiungere, il tecnico di Certaldo svicola, passeggia nei tanti sentieri del suo periodare ampio, ammalia l’ascoltatore che poi, rimbecillito, viene infine battuto dall’ironia, o vinto dalla sua stessa palpebra che cala. Stavolta, invece, no. I temi trascinati nel tempo, quelli che oggi sono stati finalmente riportati alla luce, sono stati sviscerati tutti, e in modo per nulla banale. Spalletti ha risposto, eccome se ha risposto, e ciò che ha detto non ha deluso neanche un po’.
SPOILER ALERT – Ciò che più fa eco, inevitabilmente, è la questione del doppio riscatto dei due nuovi beniamini di San Siro. Su Cancelo e Rafinha il ballo va avanti da mesi, non appena i due vecchi oggetti misteriosi si son rivelati soggetti interessanti, e allora ci si è iniziati a interrogare sulla reale fattibilità della loro permanenza a Milano. Finora, tante frasi smozzicate, con un alone di pessimismo che ha progressivamente avvolto la situazione del laterale portoghese, mentre l’ex Barcellona sembrava in qualche modo destinato alla permanenza eterna, come se potesse essere pagato col grande entusiasmo che ha generato nell’Inter e che l’Inter ha generato in lui. Poi arriva Spalletti ed ecco la parola forte, quella finora mai ascoltata, quella dura e pura. “Cancelo e Rafinha non si possono riscattare al momento. Poi si faranno altre valutazioni, ma al momento è impossibile”. Vien da chiedersi chi abbia ragione, se insomma sia giusto mantenere un atteggiamento prudente, pur nella coscienza di una situazione difficile per via dell’ormai ben noto Settlement Agreement (visto? Esiste davvero!), o se viceversa la parola perentoria del toscano sia in qualche modo la via giusta. È un problema un po’ più ampio, quasi politico se vogliamo: la trasparenza è un bene? Il tifoso, in qualità di ‘primo, piccolo azionista’ di una società in virtù dei soldi che investe per seguirla, ha diritto a sapere tutto? Soprattutto, cosa voleva dire davvero Spalletti?
MAGLIE STRETTE - È vero, i due al momento sono sostanzialmente non acquistabili. L’Inter si muove coi piedi di piombo: altrove si è ben visto come, in generale, non tiri un’aria particolarmente lassista dalle parti di Nyon. La valutazione certosina dell’UEFA intorno alle sponsorizzazioni che hanno contribuito alla salute dello scorso esercizio, e alla loro rispondenza al criterio di Fair Value, non ha ancora prodotto l’atteso responso in casa nerazzurra. C’è ottimismo, è vero, e al sollievo di un semaforo verde potrebbe anche far da paio la gioia di un’uscita anticipata dai ceppi stringenti del Settlement, con l’Inter che tornerebbe a potersi muovere in più arioso e banale regime di Fair Play Finanziario, forte di un fatturato in crescita vertiginosa e della nuova visibilità che arriverà dall’Europa che conta. Per tutto ciò, si preferisce rischiare di perdere i due ragazzi, piuttosto che forzare la mano verso un interlocutore non proprio alla buona. In quest’ottica, le parole nette di Spalletti sono davvero di chiusura? Certo che no: il “non ora” lascia sempre supporre un “poi magari” e, nella fattispecie, questo concetto sembra potersi applicare più al Rafinha innamorato del nerazzurro, che al tiepido e scostante Cancelo. Perché allora il tono perentorio? Perché Spalletti e Ausilio fanno due lavori diversi, e oggi il tecnico nerazzurro ha voluto come non mai difendere il proprio.
PETTO GONFIO – E qui ci leghiamo all’altro grosso nucleo contenutistico della conferenza di fine stagione. Tra una tirata d’orecchie ai giornali e un paio di paroline non proprio di chiusura di fronte a un’eventuale partenza di Icardi, Spalletti ha colto anche l’occasione per elogiare il proprio lavoro. L’elogio, in genere, lo si fa con un paragone o un accostamento, quindi per analogia, come Petrarca che, per esaltare Laura, ci descrive le 'chiare fresche et dolci acque' in cui si bagna. Altre volte, invece, l’elogio si realizza per contrasto: Spalletti ha usato proprio questo metodo, ponendo il proprio operato e i propri risultati a confronto con una realtà di mercato che ha disatteso non solo le aspettative dei tifosi, ma soprattutto ciò che lui stesso pensava di poter dare per scontato alla firma con l’Inter. E’ vero che il suo focus si è mantenuto più che altro incentrato sulla stampa, ma un paio di riferimenti alla sua dirigenza non sono mancati neanche stavolta e, trattandosi di questioni inerenti alla disponibilità di cassa, la proprietà è senz’altro un obiettivo ancor più evidente. Anche qui, però, è forse necessario essere più precisi: nulla è imputabile a una presunta avarizia di Suning che, invece, fa abbastanza la qualunque per drenare danaro nell’Inter senza infrangere le regole di una virgola. Spalletti, infatti, non si è neanche lontanamente sognato di dare del tirchio a chi lo paga 4,5 milioni all’anno, né si è lanciato in sterili richieste di improvvisi aumenti di capitale. La questione, invece, è solo e soltanto comunicativa: troppo spazio, lo scorso anno, è stato lasciato alle voci in merito a un nuovo mecenatismo dell’Inter sul mercato. Un nuovo clamoroso baratro tra le aspettative e la realtà farebbe iniziare la stagione nerazzurra in uno stato di tensione ancor maggiore rispetto allo scorso anno. Spalletti, insomma, chiede che si dica pane al pane e vino al vino, un po’ come ama fare lui.
RISPOSTE DALL’ALTO - Ecco, quello Steven Zhang che, ieri sera, ha rifiutato la parola ‘sogni’, parlando di un duro lavoro che si protrarrà nel tempo e col tempo mostrerà i suoi frutti, sembra già (o finalmente, se volete) sulla lunghezza d’onda giusta. L’Inter è sempre l’Inter, ma per una volta è anche sana economicamente. Tornare lassù in questo modo sarà forse più tortuoso: quando ci arrivi, però, sei solido e grande come chi ha messo su chili con tanto lavoro atletico, e non per via della grande abbuffata di Natale. Quando arrivi lassù in questo modo, insomma, da lassù non ti smuove più nessuno.
Autore: Antonello Mastronardi / Twitter: @f_antomas
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