È un’altra di quelle tante stagioni in cui è difficile avere un giudizio netto sull’andamento e soprattutto sui protagonisti dell’Inter. La vittoria sull’Atalanta, la squadra più in forma del Campionato e il secondo posto definitivo, sono passati in cavalleria, quasi come una formalità, mentre le parole di Conte sono state ingoiate a fatica e i tifosi si sono divisi su social e chat.
La conquista dei quarti contro il rognoso Getafe ha calmato la situazione e sospeso almeno fino al 10 agosto, dopo i quarti col Bayer Leverkusen, i redde rationem in atto in società.
Le faccende nerazzurre sono complesse, molte delle quali inespresse e regolate da fattori nascoste a tutti, perché i temi più visibili riguardano la sparizione dalla titolarità di Skriniar, la crisi di Lautaro che sembra essere terminata, il minutaggio ristrettissimo riservato ad Eriksen e la sua compostezza.
La sua presenza tanto centellinata parte da più lontano, già dal giorno in cui è stato deciso di prendere l’’occasione al volo e acquistarlo a una cifra molto bassa, grazie ad una congiuntura in cui Marotta è stato abile a infilarsi. Giocando così poco in questo stranissimo periodo è complicatissimo affermarsi e convincere, specie se appare evidente quanto l’allenatore non ami la figura del trequartista nel suo sistema di gioco.
Il gol di mercoledì e l’ingresso in campo convincente hanno dato altri punti al danese ma la partita si gioca ora sopra di lui, ai piani alti della società che sta delineando la rosa della prossima stagione mediando tra le richieste del tecnico e le proprie idee.
In questi giorni è in atto un'insensata caccia al colpevole che ha preso di mira da una parte Antonio Conte e dall’altra uomini della società, indicati dagli stessi tifosi come gli autori materiali delle peggiori stagioni dell’Inter.
“Si riferiva a Zanetti!”, “E chiaro che parlasse di Marotta”, “Ma no parlava di Ausilio, è lui che parla con i giornalisti e va a spifferare tutto!”, “Guarda che Conte si lamenta di Zhang” e via con la caccia a una o più streghe.
Il masochismo di cui è permeato storicamente il club, unitamente a quello dei tifosi, sta esprimendo l’ennesimo caso divisorio tra chi è a favore di un personaggio e chi è contro. Negli ultimi dieci anni ogni stagione è stata caratterizzata da un soggetto che ha fatto discutere.
Da Benitez a Kovacic, da Moratti a Thohir, da Mazzarri a Mancini, da Suning a Spalletti, da Icardi a Conte, quasi a consolidare il giochino perverso del dibattito su cui prendere posizione a volte per passione, altre forse per attitudine.
In 10 anni mi è accaduto di schierarmi prendendo posizione contro la gestione Benitez, a favore di Mancini, contro Mazzarri, difendendo fino allo sfinimento Stramaccioni, pur essendo impopolare e alcuni giocatori giubilati più a causa del malcontento generale che per cause loro.
Negli ultimi tre anni, da Spalletti alla gestione del caso Icardi/Wanda Nara, fino all’anno in corso di Antonio Conte, è diventato tutto molto più complesso, perché i fatti sono stati descritti più come pettegolezzi, retroscena, mezze frasi, mezze verità, mezze bugie, uscite plateali attraverso la ribalta televisiva e dell’intervista pre e post gara con dichiarazioni rivolte a persone dentro la società.
Qualunque cosa sia accaduta e stia accadendo non è chiara fino in fondo. Perciò, tra rivelazioni fatte anche tra colleghi e altri retroscena emerge soprattutto che in questi anni troppe persone hanno anteposto e antepongono i propri interessi a quelli della società. Il mondo però non è fatto solo di buoni e i cattivi così come le verità semplici sentite e lette in questi giorni e per questo non si può essere manichei.
Dite che Conte è antipatico, si pone male, ha modi aggressivi e petulanti? Sono d’accordo ma il tema resta un altro: meglio una guerra aspra, cattiva, franca, sanguinosa e rinascimentale ad una quiete svizzera che produce mediocrità e gli stessi errori di ogni anno
Non sono mai impazzito per Antonio Conte ma se restasse almeno tre anni sarebbe molto importante. Il tecnico sa solo essere perentorio ma è un acceleratore di eventi.
Mancini è stato sbertucciato, Spalletti, sfiduciato e ora tifo perché non si faccia l’ennesimo errore con Conte (che non è più antipatico di Allegri).
Non è con gli allontanamenti o gli esoneri che si risolvono le cose, ma con una cultura societaria che l’Inter sta faticosamente cercando.
Amala.
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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