Cosa fa un leone seduto sul sellino di una bicicletta? Ovvio, pedala con l'obiettivo di raggiungere prima di tutti lo scudetto. L'ultima metafora elargita in conferenza stampa da Pioli è quella del ciclista che nel Gran Premio della Montagna non guarda mai la vetta per paura di fallire, ma solo la ruota davanti a sé, ovvero il prossimo impegno imminente in calendario. E in effetti il suo Milan corre come un leone che dalla mattina alla sera pensa solo a mangiare (con tanti saluti ai messaggi d'amore e d'amicizia promossi dalla Disney), mentre l'Inter è costretta a inseguire. Furiosamente, visto che al termine del campionato mancano solo tre giornate e non c'è nemmeno il tempo di rinnovare il contratto a Ranocchia. Da una parte i rossoneri, la squadra più feroce, la più giovane e la più "moderna" (Arrigo dixit), dall'altra quella nerazzurra, che "gioca un calcio anni 60'", ma che in ogni caso è riuscita a rimanere agganciata alla coda pelosa dei cugini. Con soli 2 punti di distacco, in realtà 3 da rimontare dato che nemmeno i punti sono quello che sembrano a causa degli scontri diretti a sfavore degli uomini di Inzaghi, il campionato sarà deciso da uno o più eventuali passi falsi. Ne abbiamo visti già parecchi e l'ultimo di Radu a Bologna è stato senz'altro il più chiacchierato e clamoroso, anche perché il 24enne rumeno ha sempre detto di avere altri modelli e mai di ispirarsi a Buffon.
A proposito di errori di portieri, la palla passa a Terracciano che la regalerà a Leao spianando la strada al successo del Milan. San Siro in tripudio, come da copione, Ibrahimovic decisivo anche stavolta con il pressing sul numero 1 viola e poi mettendosi a far volume come solo lui sa fare oltre la linea dei difensori avversari. Il concorso "Regala un gol al Diavolo" vede però in vantaggio ancora Acerbi dopo l'assist al 93' in Lazio-Milan. Sull'altro fronte Maignan respinge e poi da terra blocca il colpo di testa a botta sicura di Cabral. Miracoli e papere, per dirla alla Nilla Pizzi. A Udine l'Inter scende in campo sapendo già il risultato dei cugini. In porta gioca Handanovic che ha superato il problema all'addome, ma il sollievo dei tifosi nerazzurri viene subito raffreddato quando alla lettura delle formazioni sbuca fuori Gagliardini, giocatore che, come ben sappiamo, non è mai entrato fino in fondo nei cuori degli appassionati di grande calcio, ma che ieri ha dimostrato di poter essere anche lui utile alla causa (sarebbe finito nel tabellino della sfida addirittura come assistman se Dzeko, dopo la sponda di testa del 5, non si fosse accartocciato da solo davanti a Silvestri spedendo il pallone a lato). A destra Darmian non fa mai rimpiangere Dumfries, anzi proprio dal suo avvio dirompente su quel lato nascono i primi corner, uno dopo l'altro, con l'ultimo sul quale si avventa Perisic mettendo la firma come a Bologna, stavolta in maniera furbesca sfuggendo a Success con lo stacco di testa sul primo palo. L'attaccante nigeriano di sé non lascerà traccia, anche perché al 27' si farà male e dovrà lasciare il campo a chi invece la traccia la lascerà mettendo in subbuglio la difesa nerazzurra per l'immancabile finale al cardiopalma.
All'ingresso di Pussetto la squadra friulana si era già sbilanciata in avanti alla ricerca dell'immediato pareggio, trovando però di fronte a sé un'Inter ben compatta e organizzata, in grado di coprire ogni mattonella di campo (anche grazie a Gagliardini). I nerazzurri tengono botta alle azioni agguerrite e fisiche della squadra di Cioffi, quindi sempre pronti a scattare sull'acceleratore in contropiede sigillano il raddoppio grazie al rigore flipperistico di Lautaro: a Chiffi serve il VAR sia per vedere il fallo di Pablo Mari, sia per convalidare il gol del Toro sul tiro ribattuto dal palo più guanto di Silvestri. Solo gli sciocchi non cambiano mai idea. Nella ripresa la trama rischia l'ennesimo colpo di scena dopo la rete bianconera su calcio di punizione guadagnato da Pussetto, paratona di Handanovic sull'esecuzione di Deulofeu e dormita generale della difesa sul tap-in ancora di Pussetto, uno a cui evidentemente non piace partire dalla panchina. Gli ingressi di Sanchez e Correa aiutano invece l'Inter a rifiatare e, soprattutto con il cileno, a riguadagnare palloni preziosi anche in fase difensiva, mentre sul ribaltamento di fronte si punta ancor di più sulle ripartenze rapide dei due attaccanti neo entrati. Il Tucu però in partnership con Vidal sciupa l'occasione più ghiotta servendo l'assist al cileno in fuorigioco, questione di centimetri o della sola cresta. Ci sarà tempo di rifarsi nelle prossime tre decisive giornate, quando magari l'Inter potrà provare a fare gol non soltanto di testa (con i 2 messi a segno ieri è la squadra che ne ha realizzati più di tutte in Serie A: 18). Quando conterà tantissimo la testa e a nessuno sarà concesso sbagliare. L'Inter, con i punti lasciati in sfide come contro Atalanta e Juve nel girone d'andata, il derby perso in rimonta, i 7 punti nelle 7 partite post tour de force, a cui si aggiunge ovviamente Bologna, sembra essersi già giocata tutti i suoi jolly. Il Milan può permettersi anche un pari, ma chissà che i leoni affamati in corsa sulle biciclette alla fine, non sentendosi proprio a loro agio, non mollino la preda per strada.
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DanieleAlfieri7
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