Le due anime dell'Inter. Sono quelle che si sono viste nelle prime due giornate di campionato. La prima: bella, bellissima, persino troppo per essere del tutto vera e contro un avversario eccessivamente modesto per testarne credibilmente livello e forza; la seconda: concreta, cinica, saggia. Lecce e Cagliari, in ordine di tempo, hanno tirato fuori le diverse qualità della squadra di Conte, caratteristiche praticamente opposte ma ugualmente fondamentali nell'arco di un campionato.

Sei punti fatti, sei gol segnati, uno subito, divertimento e fatica raccontano un inizio di stagione che più positivo di così non poteva essere e incorniciano uno stato dei lavori in fase già avanzata e comunque tale da permettere di correre e di svelare, piano piano, potenziale e identità di un gruppo a cui l'entusiasmo fa bene, che sarà chiamato ad andare oltre i suoi limiti e a tirare fuori qualità remote o persino dove non si pensava ce ne potessero essere.

La vittoria in scioltezza, le giocate, l'entusiasmo e le intese della gara d'esordio a San Siro hanno lasciato spazio alle difficoltà, alla sofferenza e alla concretezza pura del secondo turno giocato in Sardegna. Ma non si è trattato affatto di un passo indietro; semmai in avanti. Proprio perché si è vista una diversa capacità di vincere e portare a casa punti d'oro nonostante una gara brutta-sporca-e cattiva, di quelle che a qualcuno hanno fatto raccimolare decine e decine di punti e festeggiare scudetti in serie. Perché la Serie A è questa e perché gli avversari che ne hanno la forza cercano non solo di chiuderti gli spazi ma soprattutto di farti giocare male e rovinarti il piano-partita. E se tu riesci a uscire dal pantano e a evitare e trappole, c'è poco da aggiungere e filosofeggiare: sei semplicemente bravo.

Conte è molto più che bravo, tutta la società ha lavorato e sta lavorando più che bene. Le squadre importanti, prima che dai giocatori, si costruiscono a partire dai dirigenti. L'Inter lo ha capito e ha iniziato a farlo, poi ha messo un autentico fuoriclasse in pachina, gli ha levato di torno elementi non voluti (a costo di rimetterci economicamente) e gliene ha messi a disposizione altri con le precise caratteristiche che chiedeva. Non sono ovviamente arrivati dei Neymar o dei Rakitic o dei Milinkovic-Savic ma è stata costruita una squadra "sensata", aggettivo non casuale, che ha dei punti di forza oggettivi e armi per fare male a qualunque avversario e provare a tenere a lungo la scia delle (teoriche) prime due della classe.

Con, oltretutto, quella capacità mostrata a Cagliari di soffrire, accettare uno-contro uno basati tutti sull'agonismo, non farsi innervosire dalla mancanza di spazi e dagli avversari attaccati alle caviglie. La differenza poi, in questi casi, quando la squadra nel suo complesso sembra imbrigliata e poco in palla, per nulla rapida e capace di trovare l'imbucata giusta, la fanno le giocate dei singoli: come quella di Asamoah che punta un avversario, lo supera e si procura un corner (da cui arriva poi il colpo di testa vincente di Lautaro) o quella magia di Sensi (attorno a cui ruota una squadra "sensata", appunto) che si procura il rigore poi trasformato da Lukaku. E così succede anche che i due attaccanti vadano in gol e siano decisivi in una sera in cui la loro prestazione non sarebbe stata, diversamente, indimenticabile. Altro aspetto non negativo ma positivo perché significa che, in un modo o nell'altro, qualcuno li ha messi in condizione di segnare.

Le due anime dell'Inter, dunque, e chissà quante altre se ne potranno vedere nel corso della stagione. Il segreto potrebbe essere proprio questo: essere camaleontici, cambiare in base ad avversario, partita, difficoltà. Si dice sempre che le grandi squadre fanno così. I nerazzurri di certo hanno iniziato la rincorsa a un campionato credibile e di alto livello. Con tutte le possibili anime che sapranno tirare fuori e quella mentalità tutta nuova che non fa sconti a nessuno.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 08 settembre 2019 alle 00:00
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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