Che bella serata quella vissuta sabato scorso al Meazza. Lo stadio pieno, il tifo assordante, le luci inimitabili di San Siro, che quando si riflettono sulle maglie nerazzurre, sembrano ancora più belle. Le luci e le maglie. E poi la vittoria. Un 2-0 netto, frutto di una prestazione "piena", a tratti bella, soprattutto all'insegna dell'intensità. Il Napoli può recriminare per l'assenza del giocatore migliore del campionato, alias Gonzalo Higuain e per il piede in fuorigioco di Mauro Icardi al momento del gol del vantaggio nerazzurro. Basta così. E parliamo della seconda forza del torneo, che prima della visita nel “Tempio”, covava ancora flebili speranze di scudetto.
Roberto Mancini prima ha dato la mano a Sarri, archiviando così la squallida vicenda avvenuta in Coppa Italia e poi ha ha vinto tatticamente la sfida sul campo con il pur bravo tecnico partenopeo. Purtroppo il maledetto scivolone interno con il Torino rischia di vanificare una rincorsa al terzo posto che ora avrebbe basi concrete per renderla vincente. Lo schiacciante 3-0, seppur inutile, in Coppa Italia contro la Juventus, ha consegnato agli interisti una squadra che, dopo un inizio d'anno orribile, è tornata finalmente a credere in se stessa. E quest'Inter gioca meglio di quella che aveva illuso stazionando a lungo al primo posto della classifica. Finalmente vediamo dei punti fermi e una discreta identità tattica.
La difesa è forte e quando lo splendido Miranda e l'esplosivo Murillo riescono a mantenere la concentrazione giusta per l'intera gara, difficilmente viene perforata, grazie anche alla sicurezza di Samir Handanovic. Applausi anche a D'Ambrosio e Nagatomo, con l'applicazione si cresce. Il centrocampo sta salendo di tono, contro il Napoli si è dimostrato che si può vincere anche facendo a meno del tradizionale uomo d'ordine tanto invocato in sede di mercato. Perché Medel non è solo un ruba palloni, Brozovic è tecnico, corre e sa adattarsi in ogni posizione e Geoffrey Kondogbia, che dispone di fisico e talento, sta iniziando a giocare con coraggio e personalità. Il Felipe Melo visto a Frosinone e nello scampolo di gara con il Napoli, non è un ferrovecchio, ma un'alternativa affidabile ed esperta. Davanti abbiamo uno dei migliori bomber europei, lo dicono i numeri. E se Mauro Icardi, oltre che a buttarla dentro, inizia a far vedere anche di saper giocare per la squadra con movimenti giusti e sponde intelligenti, la manovra dell'intera squadra migliora in un amen. Sulla fascia sinistra Ivan Perisic è ormai una terribile goccia cinese per il malcapitato di turno chiamato a contrastarlo. Nell'uno contro uno, il croato va sempre via e mette la palla in mezzo. Da anni in casa Inter non ammiravamo un giocatore con queste caratteristiche, che peraltro sa anche segnare. Dispiace che l'attesa esplosione di Perisic releghi di fatto in panchina Eder, ingaggiato a gennaio come la risoluzione al problema del gol.
È chiaro come l'italo-brasiliano stia scontando il passaggio da una squadra che giocava solo per lui, ad una piena di storia e blasone dove deve adattarsi a convivere con altri interpreti importanti. Ma anche Eder va aspettato, come tutti i giocatori che hanno già dimostrato di avere i numeri giusti. Poi ti giri e vedi alla Pinetina i vari Palacio, Ljajic, Jovetic, Biabiany. Questa è gente forte, altrochè. Sono sincero, mi ero quasi rassegnato a considerare un flop l'acquisto di Stevan Jovetic. Bellino, ma inutile, pensavo, anche a causa dell'infortunio sempre dietro l'angolo. Contro il Napoli, dopo un avvio in sordina, Jovetic ha dominato la scena. La danza tra due giocatori del Napoli con conseguente assist al bacio a Icardi che poi la scodella a Brozovic nell'azione del secondo gol, è roba che si può permettere solo chi da del tu al pallone. E nell'Inter di Roberto Mancini questi giocatori servono. Ma sta a Jovetic, da qui alla fine della stagione, continuare con questa voglia ed efficacia. Quello visto sabato scorso non può rimanare in panchina.
Detto questo, la Beneamata si trova a quattro punti dalla Roma, quando mancano cinque giornate alla fine. Grazie a Bologna e Atalanta, che contro pronostico hanno imposto il pari ai giallorossi di Spalletti che sembravano lanciatissimi, nel giro di due partite lo svantaggio è stato dimezzato. Roberto Mancini, che di rimonte andate a buon fine ne sa qualcosa, continua a crederci anche se proprio quanto visto contro il Napoli aumenta i rimpianti per qualcosa che già doveva essere certezza. Sta terminando l'editoriale, ma anche chiacchiere e supposizioni. Perché questa sera l'Inter scende di nuovo in campo.
A Marassi ci aspetta un Genoa ormai tranquillo, ma allenato dal quel Gasperini che quando sente parlare di Inter, inizia ad innervosirsi. Non sarà dunque una gara facile, sarà battaglia in uno stadio dove non si può passeggiare. Mancherà per squalifica Kondogbia, peccato vista l'ultima prestazione, ma servirà un'Inter in grado da subito di fare la voce grossa. Guai a dover maledire altre occasiono perse. In contemporanea la Roma ospiterà un Torino reduce da tre vittorie consecutive e nella Capitale lo scontro Totti-Spalletti rischia di incidere negativamente sulla squadra. Insomma, a Genova, vincere e basta. Non vogliamo sentire altro.
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