È successo quello che nessuno auspicava potesse accadere. Ed è successo nella maniera peggiore nella quale potesse succedere. Al termine di una gara incredibile, sotto molti aspetti pazzesca come a volte solo una sfida come questa sa essere, l’Inter ha visto, se non sfumare del tutto, ridursi al lumicino le proprie speranze di qualificazione alla prossima Champions League dopo aver cullato il sogno di una clamorosa vittoria in 10 uomini contro la Juventus, che avrebbe potuto ribaltare come un calzino non solo le gerarchie non solo della lotta all’Europa che conta, ma anche dare un nuovo clamoroso scossone alla corsa per il campionato. E invece, niente: Gonzalo Higuain gela San Siro al minuto 89, qualche ora più tardi Giovanni Simeone infligge una severa lezione al Napoli, nella serata di domenica Sergej Milinkovic-Savic piazza la zuccata che vale alla Lazio la vittoria sul Torino. Le distanze tornano a dilatarsi, e a 270 minuti dalla fine del campionato trovarsi con quattro punti da recuperare diventa qualcosa di molto, molto pesante.
E puntualmente, come accade con una frequenza quasi preoccupante quando di fronte si trovano nerazzurri e bianconeri, al termine della partita sono scattate feroci le polemiche. Polemiche che hanno visto protagonista, manco a dirlo, l’arbitro. Ormai, sulla direzione di gara di Daniele Orsato di Schio si è detto di tutto e anche di più: dell’atteggiamento del fischietto veneto si sono analizzati praticamente anche i minimi dettagli. E più o meno tutti gli analisti sono giunti alla medesima conclusione: Orsato ha toppato completamente la serata, il suo atteggiamento troppo lassista è risultato nocivo per l’andamento dell’incontro soprattutto guardandolo dal fronte nerazzurro, che con le sue decisioni cervellotiche e la sua condotta di gara che ha fatto indignare più d’uno ritiene di aver subito un danno dalle conseguenze inenarrabili, anche economiche. E puntualmente, si è alzato il coro di indignazione amplificato dai social network, dove nelle ore successive al match sono circolate dicerie di ogni tipo sull’arbitro e i suoi assistenti, sul loro atteggiamento durante e dopo l’incontro, arrivando anche alle sfere familiari, con una serie di opere d’ingegno derubricabili in una scala dall’”alquanto opinabile” al “francamente imbarazzante” (quando non al pericoloso delirio).
All’indignazione del tifo veemente e forzata, ha fatto da contraltare quella della società nerazzurra. Che ha preferito non far tracimare la propria rabbia nell’immediato, evitando paroloni e sfoghi veementi come avvenuto, ad esempio, qualche giorno prima, nei minuti immediatamente successivi ad una partita non di poco conto giocata al Santiago Bernabeu decisa da un calcio di rigore assegnato da un arbitro inglese, coraggioso al punto tale da passare per insensibile, al Real Madrid, ma di prendersi un po’ di tempo per poi affidare il proprio pensiero a freddo, ma non per questo meno carico di rabbia, ad una figura ben precisa, quella del proprio amministratore delegato, o Ceo che dir si voglia, Alessandro Antonello, che dalla tv ufficiale del club sottolinea come nel corso del match siano stati usati metri decisamente differenti, evocando gli spettri di un passato che, forse, è davvero duro a morire più di John McClane/Bruce Willis nella celebre saga cinematografica. Ma soprattutto, ha ribadito un concetto: che nonostante tutte le avversità concentratesi sulla squadra nello spazio di poche ore, nessuno all’Inter ha intenzione di mollare il traguardo finale, quella chimera chiamata Champions League.
La dichiarazione d’intenti espressa da Antonello è precisa, asciutta, ragionata, anche fin troppo. Ciò non toglie che ancora una volta la gestione dei fatti del post-gara mette in evidenza alcune pecche in quella che è la cura delle relazioni esterne da parte del club. Lo stile delle parole di Antonello è inappuntabile, questo senza ombra di dubbio; ma ciò non toglie che quelle parole pronunciate a 48 ore di distanza da un match così incandescente, rischiano davvero di lasciare poche tracce, visto che ormai i fatti hanno preso una determinata piega. E se è consigliabile davvero raggiungere apici di sfogo nell’immediato, è altrettanto vero che cotanta fermezza poteva essere espressa anche immediatamente pochi istanti dopo il triplice fischio del tanto criticato Orsato. Invece, ciò che se ne coglie è una debolezza insita, radicata, sul piano comunicativo, quasi a riconoscere in modo inerme che spostare il focus dai fatti della partita alle ragioni per i quali tali fatti ti hanno causato un potenziale danno sembra uno sforzo quasi controproducente, quando invece altrove sembra essere una strategia consolidata. E anche il fatto di destinare il proprio messaggio in primo luogo al canale societario, pur con tutto l’encomiabile sforzo della produzione in-house e della distribuzione, sembra attutirne ulteriormente, perché la sensazione che se ne ricava è quella di tenere comunque vincolato al proprio circolo ristretto di abbonati, quasi a voler consolare loro che avvertire il resto del pianeta.
Chiariamo un punto: è ingiusto dire che quanto accaduto sabato sera sia solo ed esclusivamente da ascrivere ad un arbitraggio, per quanto scellerato esso sia stato: è un errore sul quale troppo spesso, pur con tutta la comprensione possibile, si ricade. Perché la rimonta bianconera dei minuti finali è arrivata dopo un secondo tempo pressoché eroico dell’Inter che però ha finito in riserva di energie, ha pagato l’impatto decisamente negativo del cambio Mauro Icardi – Davide Santon, ha mostrato di non avere una batteria di seconde linee di qualità necessaria per riuscire a reggere il confronto, è stata tradita da un Samir Handanovic che in tutti e tre i gol ha colpe ben evidenti (la dinamica del secondo, poi, è quantomeno grottesca). Tutto questo nonostante Orsato abbia continuato a sbandare in maniera netta anche dopo l’apogeo del mancato doppio rosso a Miralem Pjanic.
Chiariamo un altro punto: come è giusto dire che questa sconfitta complica maledettamente il raggiungimento dell’obiettivo stagionale, è forse altrettanto ingiusto pensare che l’Inter la Champions League non l’ha persa sabato sera. Perché sì, il cammino del girone di ritorno dei nerazzurri è stato tormentato e irregolare, ma non è che le dirette concorrenti abbiano particolarmente brillato per continuità. Le due romane, per dire, in casa hanno rimediato sconfitte anche pesanti contro avversarie come Atalanta, Fiorentina e Genoa, e più in generale mai c’è stato un momento in questo campionato dove alle spalle di Juventus e Napoli una squadra sia riuscita a dare l’impressione di poter dare una sferzata decisiva nella corsa. Per questo motivo, il distacco di quattro punti che si sta verificando quando mancano tre giornate alla fine ha sicuramente un peso specifico maggiore, perché arrivato nel momento in cui la stagione arriva sotto lo striscione dell’ultimo chilometro e dopo essere stati comunque a stretto contatto per lungo tempo ora tra i tre contendenti c’è un margine che rischia di diventare incolmabile.
Quindi, resta l’amarezza, ma anche l’orgoglio per aver visto una squadra che ha fatto il possibile, sfociando anche nell’impossibile, per ribellarsi ad un destino già scritto, finendo però infilzata come in una tonnara dalla quale, volenti o nolenti, esce vincitore chi ha la fiocina in mano. Orgoglio sottolineato anche dagli applausi che ieri i giocatori hanno incassato da un gruppo di tifosi giunto alla Pinetina per rendere onore ai lottatori e dalle dichiarazioni sui social di diversi giocatori apparse in queste ore. Che però non leniscono la rabbia per il dover avuto ingerire nuovamente degli amarissimi frutti (o fruttini? Non ci sono consigli enogastronomici per il direttore di gara stavolta?).
Poteva essere una serata di festa, di gioia e di allegria, ma a quanto pare il Paese dei balocchi è una prerogativa di altri. E allora, all'Inter rimane solo un pugno di mosche e la sensazione che quell'approdo tanto anelato continua a restare un punto invisibile all'orizzonte, quasi un'isola che non c'è...
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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