Serata di forti emozioni per i 54.451 spettatori presenti ieri sera a San Siro, o almeno la stragrande maggioranza di essi. L'Inter si è presa il primo posto in classifica, in attesa del resto della decima giornata, superando una temibile Sampdoria, forte del suo sesto posto, di ottime prestazioni e armata delle migliori intenzioni oltre che dell'etichetta di recente bestia nera. Il punteggio finale è persino ingeneroso nei confronti della notevole produzione offensiva della squadra di casa, a tratti entusiasmante ma che negli ultimi 30 minuti, complice un vistoso calo fisico, ha concesso il fianco all'avversario chiudendo letteralmente in apnea e con lo spettro della clamorosa rimonta fino al fischio finale. Perché una serata tranquilla questa squadra, ai propri tifosi, non riesce proprio a regalarla. Il bello, o il brutto, di essere unica.
Apparentemente illogica, visto l'impiego estremo di energie psicofisiche di Napoli solo tre giorni prima, la scelta di Luciano Spalletti di insistere sullo stesso undici opposto al Milan e agli uomini di Sarri cela invece una lucidità disarmante, in perfetta sintonia con la sua volontà di creare affinità elettive tra i giocatori, partita dopo partita. La stanchezza c'è e poteva costare carissima, ma per il tecnico è un problema secondario. Prendete l'intesa tra Candreva e D'Ambrosio, di cui il ct Ventura non può non tenere conto. Non mi sorprenderebbe se Spalletti li facesse sempre sedere l'uno accanto all'altro a tavola, sul pullman o in aereo. È così che si costruisce un gruppo, e con esso le certezze. L'altro lato della medaglia potrebbe essere qualche muso lungo tra le seconde linee, ma fa parte di un percorso ampiamente tracciato da cui è proibito allontanarsi.
La squadra è in fiducia, lo si nota anche dalle piccole cose: palleggio stressato all'inverosimile sin dal primo pallone gestito da Handanovic, Nagatomo che cerca un sinistro dai 30 metri e impegna Puggioni, Perisic che prova a candidarsi al prossimo premio Puskas con un pallonetto da 45 metri, Gagliardini che va sempre a cercare l'anticipo per nobilitare la fase di pressing. Tutti, nessuno escluso, scendono in campo con la voglia di andare oltre i propri limiti. Ottimi segnali che vanno al di là dei numeri, già di per se lusinghieri e stimolanti, e che invitano a pensare positivo anche per il domani pur consapevoli dell'estrema follia e imprevedibilità della storia nerazzurra, di cui traccia evidente si è vista anche ieri sera quando la spia della benzina si è accesa.
In un periodo in cui, mediaticamente, la sensazione è che si cerchi di sminuire l'opera in fieri di questa squadra, fa piacere come la stessa abbia fugato via, in una sola notte, gli antipatici luoghi comuni costruiti intorno a essa. L'avversario centra spesso pali? Stavolta è l'Inter che ne ha colpiti tre (!), senza invocare però la mala sorte (dobbiamo aspettarci una classifica aggiornata nelle prossime ore?). La formazione di Spalletti gioca tendenzialmente in modo pragmatico, essenziale, tendente ai canoni estetici minimi? Contro la Sampdoria ha espresso anche un ottimo calcio, soprattutto in uscita veloce del pallone dalla propria metà campo (poi, che meraviglia è il terzo gol?), al punto da strappare applausi a scena aperta al pubblico di casa, notoriamente dal palato fine. Le vittorie sono merito di Handanovic? Lo sloveno si è limitato alla normale amministrazione, anzi è stato persino imperfetto sul gol di Kownacki. Il Var sorride ai nerazzurri? A parte l'assurdità del concetto, ieri sera non ce n'è stato bisogno.
Perciò, chi ancora fa fatica a riconoscere i meriti dell'Inter ed è sempre alla ricerca di giustificazioni al ribasso alla classifica attuale, si armi di immaginazione: questi luoghi comuni oggi valgono zero.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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