Potenza dei ricordi e di Internet: ormai le vecchie videocassette sono un ricordo di bei tempi andati, utili magari solo per qualche momento revival a meno che qualcuno più bravo, e ce ne sono tanti, decide di unire il vecchio al nuovo e si diletta nel riversare vecchi amarcord registrati sfruttando le potenzialità dei portali di condivisione video, ormai assimilabili a una vera e propria piattaforma televisiva on demand dai contenuti infiniti. Capita così di rivedere, per caso o per diletto, un vecchio servizio relativo a una partita dell’Inter degli anni ’90, nello specifico la sfida tra Inter e Padova del 4 giugno 1995, partita che l’Inter riuscì a vincere al 91esimo grazie a un gol di Marco Delvecchio che permise ai nerazzurri di centrare la qualificazione in Coppa Uefa al termine di un’annata un po’ così.
Al di là della prestazione non propriamente convincente e di un successo ottenuto davvero per i capelli, di un Padova che messo alle corde per evitare la retrocessione (i biancoscudati si salvarono allo spareggio contro il Genoa in quel di Firenze qualche giorno dopo) disputò una signora partita, al punto tale che il mitico Alexi Lalas, nell’esprimere il rammarico per la sconfitta, fece capire di avere imparato molto bene anche le sfumature dell’italiano, la cosa che potrebbe far riflettere rivedendo le immagini è un dettaglio non di poco conto: si trattava di una partita assolutamente decisiva per le sorti dell’Inter versione beta di Massimo Moratti, arrivato alla guida del club a stagione in corso, eppure lo stadio di San Siro presentava parecchi vuoti sui propri spalti. Stando al servizio della trasmissione di TMC, quella che nel 2001 divenne La7, ‘Galagoal’ i presenti erano addirittura solo 35mila, decisamente meno della metà della capienza dell’epoca: forse un dato ponderato al ribasso, vista comunque la cornice (chissà quanto avrà inciso la presenza di ‘portoghesi’), ma insomma, il colpo d’occhio non era esattamente quello delle grandi occasioni.
Tutto questo stride con quanto si dà ormai per scontato in vista di sabato sera, quando la squadra di Luciano Spalletti giocherà l’ultima partita interna di questo campionato ospitando il Sassuolo di Giuseppe Iachini, che arriva al Meazza con la salvezza già in tasca e quindi con la testa sgombera da ogni pensiero e con la voglia di chiudere in bellezza la stagione. Condizione mentale che invece i padroni di casa non potranno permettersi, e non solo perché comunque i neroverdi negli ultimi anni a San Siro di sgambetti all'Inter ne han fatti parecchi: domenica, infatti, si è verificato l’ennesimo colpo di scena di questo campionato snervante e imprevedibile, con la Lazio che è stata messa all’angolo dall’Atalanta di Gian Piero Gasperini uscendone abbastanza fortunosamente con un punto in tasca dopo aver subito le offensive orobiche per tutto il secondo tempo, e che è tornata nuovamente a portata di sorpasso al quarto posto di un’Inter uscita con quattro gol all’attivo, tutti con firme diverse, dal campo di Udine. E che adesso ha a disposizione novanta minuti per mettere ulteriore pressione ai biancocelesti in vista del potenziale spareggio del 20 maggio all’Olimpico. Sperando, nel frattempo, anche in un favore da Walter Zenga e dal suo Crotone.
La partita è cruciale, come lo era praticamente quel giorno di giugno di 25 anni fa: ma stavolta la risposta di pubblico è nettamente diversa. E conta poco il fatto che siano passati ormai tantissimi anni, che il modo di fruire il calcio sia cambiato, le dinamiche, anche sociali volendo, siano mutate. Anzi, in un momento in cui gli stadi hanno vissuto un vero e proprio esodo di spettatori, l’Inter ormai da anni fa registrare una tendenza decisamente contraria. Sabato si toccherà certamente l’apogeo di una stagione dove il tifo ha fatto registrare numeri clamorosi, visto che già ieri è stata annunciata l’apertura del terzo anello rosso, per un dato che presumibilmente si aggirerà sui 70mila spettatori. Dato enorme, che anche negli anni di gloria della storia recente si riusciva difficilmente a registrare.
Quella Champions League alla quale il popolo interista dimostra di continuare a credere, nonostante la posizione della squadra sia ancora di svantaggio rispetto alla diretta concorrente: l’Europa League, erede della Coppa Uefa, quella coppa che ricorda vagamente nelle linee lo ‘storto’, la Torre Hadid del Portello che si staglia quasi beffarda sull’orizzonte dello stadio di San Siro, oggi è un premio di consolazione quasi da scongiurare, un qualcosa che lascerebbe sicuramente l’amaro in bocca a tutti dopo che per un’intera stagione si è avuto l’obiettivo pressoché a portata di mano e vederlo sfuggire proprio allo sprint, tralasciando le varie motivazioni interne ed esterne, farebbe davvero male.
E nessuno paventi il rischio che questo tutto esaurito annunciato possa rappresentare un carico suppletivo di aspettative che potrebbe finire con l’inficiare negativamente sulla performance della squadra. In primo luogo perché non si tratta di un inedito ma del culmine di un’annata dove il tifo, volenti o nolenti, ha sempre cercato di far sentire il proprio sostegno alla squadra e questo ‘vento a favore’, a parte qualche spiacevole eccezione, ha fatto bene il più delle volte ed è stato più volte lodato da Luciano Spalletti stesso. Ma anche perché l’Inter vista di recente tutto sembra fuorché una squadra in sovraccarico mentale, anzi: nelle ultime partite si è visto, oltre ai risultati, un gioco comunque importante anche quando non ha fruttato punti (specie in un caso dove l’eroismo non è bastato…) e soprattutto uno stato psicofisico invidiabile. La squadra sembra leggera nell’animo ma al tempo fermamente convinta di centrare l’obiettivo, e forse è altrove che la pressione per un traguardo che può sfuggire all’improvviso dopo un’annata straordinaria sta creando qualche nervosismo di troppo (che il malcelato fastidio alle domande sul mercato da parte di Igli Tare fosse in tal senso una sentinella?).
Serve vincerle tutte fino alla fine, ha ribadito più volte anche lo stesso allenatore; serve soprattutto che in questa retta finale ognuno faccia la sua parte senza distrazioni per raggiungere quel traguardo che, oltre che per il prestigio, sarebbe sicuramente importante per il discorso economico. Non tanto per le questioni a breve termine legate agli introiti, alle plusvalenze e via cantando, quanto perché la presenza nella prossima edizione del torneo, quella con tutte le big dei principali campionati dentro senza rischio di preliminari e che regalerà vantaggi anche finanziari alle partecipanti non indifferenti, può dare uno slancio mica da ridere al progetto tecnico decantato anche lunedì dal direttore sportivo Piero Ausilio.
Ausilio che, in preda a uno slancio di generosità e in barba al rischio di eventuali rappresaglie future, ha in primo luogo assicurato che la linea dell’Inter è tracciata e che il futuro dell’Inter con o senza Champions non sarà come distinguere tra eros e thanatos; ma soprattutto, ha già tracciato un identikit del prossimo obiettivo per l’estate, un giocatore forte, giovane, proveniente da un grande club. Magari sulla falsariga di quel Rafinha del quale ormai chiunque brama il riscatto da parte del club nerazzurro, possibilmente in associazione con quello di Joao Cancelo. Tutto questo sfidando critiche e malelingue sul suo conto, e contemporaneamente assicurando che questa Inter è ormai lanciata e sempre più in vena di fare regali ai suoi tifosi dopo anni bui. Con la speranza che ci sia meno mare possibile tra il dire e il fare.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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