Quante volte l’Inter si è affidata all’amore sbagliato? Quante speranze sono state riposte in quel tipo di giocatori che promettevano di essere fenomeni per poi rivelarsi poco più che discreti mestieranti del pallone? Tante, troppe volte, soprattutto negli ultimi anni, contraddistinti da investimenti sbagliati e tristissime stagioni, concluse senza obiettivi già in Marzo. Con l’arrivo di Roberto Mancini si è però voluto dare un taglio netto con il passato, fatto di lacrime e cascate di pioggia, per proiettarsi in un futuro vincente. Con giocatori vincenti e talentuosi. Come Ivan Perisic, inseguito per tutta l’estate da Piero Ausilio e portato a Milano da un blitz di Marco Fassone a Montecarlo, su assist di Tonci Martic, agente del giocatore.
Ma chi è questo Perisic? Perché il Mancio l’ha tanto desiderato? In che modo può integrarsi con le idee tattiche dell’Inter che sta nascendo e - soprattutto - come può fare la differenza, senza aver mai giocato in club di rilievo?
Le origini del Perisic giocatore vanno ricercate in Francia, a Montbéliard, città del Sochaux, la squadra che lo preleva dall’Hajduk Spalato e rappresenta il primo step della sua crescita. Oltre le Alpi, il croato gioca 36 partite e segna otto gol, incominciando ad attirare le attenzioni di diversi club europei. Si dimostra un giocatore eclettico, bravo a trovare sempre la chiave giusta per sbloccare la partita: sa rifinire l’azione, sa tirare in porta, sa cambiare passo e puntare l’uomo. Detto, fatto: PSV e Ajax bussano alla porta dei francesi per prelevare il giovane che in patria paragonano al giramondo Asanovic e a Prosinecki, per le sue capacità di giostrarsi a centrocampo. Perché Perisic nasce trequartista, non esterno. Il suo modo di toccare la palla sembra giustificare il paragone con due dei più grandi centrocampisti della storia croata, ora c’è bisogno di maturare.
Il 44 declina le offerte dell’Olanda e nel 2009 si trasferisce in Belgio, al Bruges. E’ il momento della svolta: il tecnico Koster prende la stellina croata e la mette al centro del proprio progetto, trequartista del 4-3-1-2, dove sublima la propria arte di tuttofare offensivo e sforna assist e gol: in due stagioni farà tremare la rete per 35 volte e in ventitré occasioni manderà in porta un compagno prima di vederlo alzare le braccia al cielo, a festeggiare. Nel 2010/11 è capocannoniere della Serie A belga con 22 centri e viene eletto giocatore dell’anno. Contro il Charleroi arriva a segnare quattro gol in un match e la stampa è ormai in fibrillazione al pensiero di quale futuro potrà avere un giocatore del genere, appena ventenne.
Dopo due stagioni in Belgio è tempo di migrare in Germania. E’ Jurgen Klopp a chiamarlo al Borussia Dortmund che di lì a poco dichiarerà guerra al Bayern Monaco per il dominio teutonico ed europeo. Perisic si presenta con un gol d’autore, a riprova del suo talento. Arrivato per una cifra vicina ai cinque milioni di euro, dimostra di avere un tocco di palla che vale molto di più: in settembre, contro l’Arsenal, entra a partita in corso, si coordina dal limite dell’area e fa esplodere l’ultima preghiera. La palla vola dritta verso l’incrocio dei pali, è gol. Ma sarà una delle poche gioie di Ivan con la maglia del Dortmund, prima della rottura con Klopp. Infatti il croato è chiuso da diversi giocatori come Shinji Kagawa e Mario Gotze, così che è costretto a reinventarsi esterno nel 4-2-3-1, modulo molto in voga in questi anni, ma anche sulle fasce trova giocatori come Błaszczykowski e Großkreutz, preferitigli dall’allenatore. Nonostante Perisic segni il gol che di fatto consegna il titolo ai gialloneri (il 21 aprile 2012, contro il Borussia Mönchengladbach), Klopp lo fa spesso e volentieri partire dalla panchina, situazione che si replica nella stagione successiva e che porta il croato a concedere un’intervista ad una televisione croata con il solo scopo di attaccare il proprio allenatore, dicendo apertamente che Klopp non crede in lui. La situazione si fa insostenibile e a gennaio 2013 è tempo di un nuovo cambiamento.
Perisic arriva al Wolfsburg per otto milioni di euro. Segna subito in amichevole, però a febbraio si infortuna al ginocchio sinistro e deve stare ai box per due mesi. Torna in campo ad Aprile, giusto in tempo per segnare una doppietta ai suoi ex compagni del Dortmund. Una ferita che sanguina ancora. La squadra della Volkswagen è abituata a veleggiare a metà classifica, ma nell’ultimo anno e mezzo ha spiccato il volo, grazie all’organizzazione di una ristrutturata società e a colpi di mercato come Luiz Gustavo, Kevin De Bruyne, Andre Schurrle e lo stesso Perisic, ago della bilancia del 4-2-3-1 con cui l’anno scorso Hecking ha scalato la classifica, issandosi al secondo posto dietro all’inarrivabile Bayern Monaco guardiolista.
In tutto questo l'esperienza con la Nazionale croata, in cui ha debuttato nel 2011 e - sotto la guida di Niko Kovac - ha partecipato al Mondiale in Brasile. E - al di là del magro risultato della Croazia, uscita al primo turno - Perisic ha avuto di che essere felice: il giocatore è stato infatti incoronato come secondo miglior giocatore dei gironi, dietro a James Rodriguez. La classifica è stata stilata sulla base di alcune statistiche tangibili (gol, assist) e altre più avanzate, come la quantità di palloni toccate, la qualità dei passaggi e la precisione nel tiro in porta, caratteristica in cui Perisic sembra eccelere: durante la rassegna brasiliana, su sei tiri, cinque sono stati indirizzati nello specchio della porta. Percentuale di precisione elevatissima, denominatore di una carriera che l'ha visto segnare 76 gol in 261 partite.
Il croato in un anno e mezzo di permanenza nella squadra di Klaus Allofs (i cui modi di trattare sicuramente continueranno a tempestare d’incubi i sogni dei dirigenti nerazzurri) segna 21 gol e smezza 17 assist, il tutto in ottantotto partite. Ma soprattutto la sua trasformazione da trequartista ad esterno giunge all’ultimo stadio, con il giocatore che - a ventisei anni - sembra avere la totale padronanza del proprio corpo e della conoscenza del calcio, grazie al suo confronto con diverse realtà diverse, da quella belga a quella francese, per finire con l’immersione nel mondo germanico. Fino al 30 agosto perlomeno, quando - dopo due mesi di estenuanti trattative - Ivan Perisic è un nuovo giocatore dell’Inter. Un pezzo importantissimo del puzzle tecnico e tattico di Mancini che l'ha voluto a Milano per fare la differenza. E per tornare a vincere, scansando una volta per tutte quel bagaglio di esperienze negative che hanno contraddistinto la recente storia nerazzurra.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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