"La rimonta inizia ora!". L'Inter di Antonio Conte, sul filo rosso della celeberrima dichiarazione esternata da Margaret Thatcher a margine delle elezioni inglesi del 1997, trova la forza di risalire la china in campionato per la seconda volta consecutiva nell'arco dei novanta minuti di gioco: passare in svantaggio per un proprio errore, schiarirsi le idee in breve tempo e riuscire a vincere lo stesso, segnando una rete in più rispetto al dovuto. Contro l'Hellas Verona scorre la stessa pellicola già vista a Bologna. Le grandi squadre, con il tempo necessario, nascono grazie a questi (doverosi) step. Ora i nerazzurri possono indirizzare il loro sguardo verso la sosta per le Nazionali con un sospiro di sollievo: 31 punti conquistati in Serie A (su 36 a disposizione), segnali importanti provenienti dal campo e un altro cruciale mini-ciclo giunto ai titoli di coda.
Ivan Juric, la trasferta di Milano, l'ha studiata in maniera perfetta. Qual è il punto di forza dell'Inter? I cambi di gioco in fase di costruzione. Ecco, dunque, che i veneti - lasciando il boccino in mano alla formazione meneghina - si rintanano nella propria trequarti campo con un parossistico 7-3, modulo efficace qualora si voglia impedire (come in questo caso) ai rivali di sfruttare l'ampiezza del terreno di gioco. Viste le condizioni, i nerazzurri sono in pratica obbligati a ricorrere alla conclusione dalla distanza. Ci prova qualche volta Brozovic; un tentativo lo esegue perfino Stefan de Vrij, che gestisce il pallone fino al limite dell'area di rigore avversaria come fosse un giocoliere alla Zico. "Loro formano una linea di sette uomini, ma voi insistete sulle fasce e prima o poi il cross giusto arriva. Mi raccomando agli inserimenti delle mezzali": come da lui stesso ammesso nel post-gara, Antonio Conte nell'intervallo ha rivolto il seguente discorso ai suoi soldati. Detto, fatto: l'1-1 lo firma Matias Vecino partendo da dietro ed entrando in area con il suo strapotere fisico; menzione speciale per l'uruguagio, che sebbene rimedi una sonora botta in testa sceglie di restare in campo nel finale (a cambi esauriti) per aiutare la sua squadra.
Sugli spalti di San Siro qualche uomo dai capelli bianchi ricorderà il maledetto István Nyers, un grande bomber ma anche un discreto malandrino: donne, tabacco, gioco d'azzardo... Si rifiutò di allenarsi, fino a quando l'Inter non gli avrebbe ritoccato l'ingaggio, e addirittura non restituì un prestito alla società nerazzurra. Un Icardi dei primi Anni '50? No, molto peggio. Eppure quel folle (ma innamorato) di Peppino Prisco prese in disparte il presidente, lo convinse a prolungare il contratto dell'ungherese ed a triplicargli lo stipendio. Risultato? Prima riapparizione in campo, tripletta nel derby contro il Milan. Il suo nome è rimasto negli almanacchi per le (tante) reti messe a segno, e per un record: nella storia della Beneamata, soltanto lui è riuscito - nelle prime 12 giornate di campionato - ad andare in doppia cifra. L'avrebbe raggiunto Romelu Lukaku, se contro l'Hellas Verona avesse segnato in quel face à face con Silvestri: lo sventurato Amrabat alza un campanile con l'estremo difensore degli scaligeri che non può toccare con le mani; il belga è tutto solo, eppure non intende che in quella situazione conviene gettarsi in tuffo sul pallone (il gol di van Persie nel 5-1 sulla Spagna nei Mondiali del '14, per intenderci) in modo tale da imprimere alla sfera la forza necessaria. Nonostante questa sbavatura, l'ex Manchester United può dirsi autore di una prestazione positiva: pressing costante, gioco tra le linee, pulizia del pallone spalle alla porta, movimento perpetuo sul primo palo all'interno dei sedici metri.
Il match-winner al Meazza è un uomo nelle cui vene scorre la determinazione dei sardi. Stavolta non è il 25 ottobre 1970, ma in Europa si commemora il trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino. Il soprannome attribuibile al migliore in campo, però, è lo stesso: Rombo di Tuono. È l'83' di una sfida da vincere, ma l'Internazionale è inchiodata sull'1-1: serve ottenere i tre punti, per rilanciarsi in ottica classifica e lanciare un messaggio ai concorrenti per il titolo. Occorre un lampo di genio, una giocata d'autore. All'improvviso, il top player del centrocampo nerazzurro sfodera un destro a giro mirato sul secondo palo che beffa il portiere avversario e consegna la vittoria alla sua squadra. Si chiama Nicolò Barella: sì, è Mister 45 milioni di euro (o giù di lì); ma per la prima volta, a distanza di anni, sul palcoscenico della Scala del Calcio si è rivisto Dejan Stankovic.
Autore: Andrea Pontone / Twitter: @_AndreaPontone
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