È stato probabilmente uno dei punti interrogativi più pressanti che hanno accompagnato la lunga e fatidica vigilia del ritorno in Champions League dell’Inter; una pulce fastidiosa nell’orecchio di Luciano Spalletti, forse ancor più del fatto di dover fare i conti con un girone almeno impegnativo vista la collocazione in quarta fascia o di avere a disposizione una rosa ridotta per via dei ben noti paletti. Tante volte, infatti, ci si è chiesto quanto avrebbe pesato il fatto che tra i giocatori del roster di Spalletti parecchi avrebbero affrontato per la prima volta la massima competizione continentale. Avrebbe prevalso più l’euforia di affacciarsi sul palcoscenico più maestoso oppure, come dai più in maniera improvvido pronosticato, l’ansia da prestazione, con conseguente tremarella alle gambe l’avrebbe fatta da padrone?
Novanta minuti, effettivamente, sono pochi per poter trarre dei giudizi definitivi. Però, archiviata la partita contro il Tottenham, da questo punto di vista Luciano Spalletti può andare a dormire con i nervi ben distesi. Perché, alla fine, a dare ad una serata di per sé elettrizzante per come si è sviluppata quel tocco di bello in più sono stati proprio coloro che, ieri sera, aggiungevano il loro primo gettone di presenza in Champions. Basti solo dare un’occhiata allo score per dare forza a questa tesi: dopo il rocambolesco gol del vantaggio inglese firmato da Christian Eriksen, infatti, a ribaltare la situazione e a far esplodere San Siro ci hanno pensato due di questi tanto attesi ‘deb’.
Forse era una cosa troppo banale cancellare lo zero alla voce gol segnati in campionato per Mauro Icardi, lui che di gol in Serie A ne ha già segnati 110 e che non vedeva l’ora di misurarsi nell’arena dove si diventa eroi o si rischia di finire mangiati nella polvere. Ma anche ieri sera, praticamente per tutto l’incontro, Maurito non ha dato l’impressione di potersi guadagnare la gloria imperitura degli dei d'Europa: penalizzato anche dal fatto di non riuscire ad avere palloni importanti e da una squadra che arrivata all’ultima iarda smarriva di colpo idee e lucidità dopo essersi prodigata bene mostrando soprattutto tanta aggressività, Icardi sembrava destinato ad un’altra serata di luna storta. Perché, se dall’altro lato Harry Kane non brillava e anzi arrivava a sbagliare un’occasione in un modo non da lui, ma comunque dava lezioni su come agisce una punta moderna, l’argentino rimaneva lì, smarrito e a tratti svogliato. Poi, però, Kwadwo Asamoah lancia un cross da sinistra lì dove, un po’ per caso un po’ per destino, si trova proprio lui, Icardi. Che dal nulla si inventa qualcosa di spaziale, un colpo da campione, tirando fuori un coniglio dal cilindro quando nessuno forse se lo aspettava. Va bene, non avrà fatto un gran match ma alla fine le carte in tavola le ha ribaltate lui con una magia che solo i grandi giocatori sanno fare. E se Spalletti dice di tenerselo così, ne avrà le sue ragioni…
Debuttante era anche lui, quel Matias Vecino ormai diventato l’uomo del destino, quello che nello spazio di quattro mesi ha messo a durissima prova cuore e coronarie di ogni tifoso interista. Non bastava averla presa, a Vecino, in quella folle serata dell’Olimpico; e allora, l’uruguagio decide di riprenderla, ancora di testa, ancora su azione da calcio d’angolo, piombando sulla torre di Stefan de Vrij e lasciando Michael Worm inerme sulle gambe. Così come accaduto per Icardi, anche quella di Vecino non era stata forse una partita da far scintillare gli occhi, vissuta tra momenti di vuoto e altri di lampi coi quali però riusciva ad accendere i meccanismi nerazzurri. Alla fine, anche i numeri sono dalla sua parte: 4 tiri, 85% di precisione passaggi, 65 tocchi. E soprattutto, adesso abbiamo imparato tutti che l’ultima parola spetta agli uomini della Garra Charrua, della quale l’ex viola è diventato ormai l’incarnazione sul campo.
La prima volta è stata bellissima per loro, come lo è stata anche per Stefan de Vrij, che avrà la lieve colpa di essersi perso Harry Kane nell’azione più clamorosa degli Spurs nel primo tempo ma che alla fine ha fornito una prova sontuosa, da vero master della difesa, condita da quella torre a lanciare Vecino per il gol dell’apoteosi finale; e come lo è stata sicuramente anche per Milan Skriniar, per il quale le contingenze di lista potevano anche far pensare a un suo impiego da mediano durante questa campagna europea, e invece ecco che Spalletti lo inventa terzino, a duellare con esito nel complesso fruttuoso contro due motorini come Son Heung-Min o Lucas Moura che raramente trovano spazi. Su quella fascia ha agito anche un Matteo Politano che continua a farsi apprezzare per dinamismo e abilità nei movimenti; quando riuscirà a dare ordine alle sue velleità aggiungendo qualità alla quantità, allora diventerà davvero un’arma tattica preziosissima per i nerazzurri. Era la prima nell’Europa dei grandi anche per il suo sostituto, Antonio Candreva, che però si lascia ancora prendere dalla voglia di strafare col risultato di combinare poco. Dulcis in fundo, Samir Handanovic: sorpreso dalla carambola sulle cosce di Miranda del tiro di Eriksen, lo sloveno ha poi rispolverato il lato migliore di sé, stupendo in positivo anche per la perfezione del tempismo sulle uscite.
Coadiuvati alla grande dagli elementi più esperti, a partire da quell’Asamoah che stupisce ogni gara di più per presenza e costanza sul campo, passando per un Joao Miranda che esce nel migliore dei modi dalla naftalina delle ultime settimane, alla fine sono proprio i novizi gli artefici di un’altra serata che i tifosi tramanderanno ai posteri. Presto per dare giudizi definitivi, come detto, ma se il gran ballo dei debuttanti comincia così, allora perché pensare che le danze possano interrompersi?
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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