Una grande vittoria, una squadra che non molla mai. L’Inter rimonta la seconda partita consecutiva in Serie A, quattro giorni dopo la deprimente sconfitta contro il Borussia Dortmund. Ci pensano Vecino e Barella, due centrocampisti, a rimettere in carreggiata la squadra di Conte: una partita di sofferenza, un muro di fronte sé che non ne voleva sapere di crollare. Ma alla fine l’Inter l’ha rimontata, di carattere e con un modo di giocare semplice, intuitivo, capace di essere la miglior arma di giocatori talvolta stanchi e non al meglio della condizione: Conte sta plasmando la sua opera, con alcuni passaggi a vuoto, anche dolorosi, ma la strada è tracciata.
DIFFICOLTA’ - Senza Stefano Sensi, senza tanti titolari. Conte sceglie la continuità e dà spazio a Lazaro sulla destra, ma il primo tempo dei suoi è frettoloso, impreciso, quasi dolente: il Verona reclama spazio, costruisce dal basso e trova l’episodio per sbloccare la gara. Da lì in avanti, la squadra di Juric si chiude a riccio e soffre l’Inter che non riesce fin da subito a riprendere le redini della gara, fino a che la situazione non difenda un assalto nerazzurro e un trincerato 9-1 degli ospiti che resiste perché Brozovic è marcato ovunque a uomo e De Vrij non riesce ad accelerare la manovra. Lukaku e Lautaro continuano le battaglia davanti e sfornano due prestazioni importantissime, a sportellate con tutti gli avversari: Big Rom suona la carica chiedendo spesso palla fra le linee, anche spalle alla porta. È incontenibile quando riesce a girarsi, mentre il Toro scorrazza senza sosta fra gli avversari: disturba, pressa, riconquista. Ma la partita non si sblocca.
ALTERNATIVE - Il gol dell’uno pari è emblematico del momento di questa Inter: possesso di Bastoni, apertura per Lazaro che crossa in mezzo dove Vecino inzucca. Tre nomi di “riserva” per Conte che nel momento più difficile si fanno trovare lì dove devono essere: Conte è anche questo, nonostante tutti i discorsi che si sono susseguiti nell’ultima settimana. Bastoni ha capito che aveva una possibilità importante, perché il Verona si concentrava su Skriniar e de Vrij: ha preso coraggio e si è preso tutto il campo possibile, arrivando a dare un pallone tagliato perfetto. Lazaro ha capito che dopo un primo tempo timido c’era bisogno di lui, che prendesse spazio: ha iniziato a puntare l’uomo, mettendo palloni taglienti in area. Alla fine ha pagato, anche perché Vecino ha fatto vedere perché è nata la mitologia sulla Garra Charrua. Perché l’Inter punta in alto, il più in alto possibile: accontentarsi non esiste, e se c’è bisogno di scuotere gli animi non è un problema. Parole, parole e ancora parole: poi ci sono i fatti, l’Inter è uscita più forte dalla sconfitta di Dortmund nonostante le intemperie del percorso.
GUERRIERI - A risolvere la gara il centrocampo, si diceva. E se Vecino ha giocato fin troppo, dopo la botta alla testa che avrebbe dovuto sancire la sua uscita dal campo, Barella è proprio in quei momenti della gara che trova forza lì dove gli altri si arrendono: Niccolò è riuscito ad abbinare al consueto moto perpetuo nei 90’ una perla di rara bellezza, che sancisce ancora una volta di più il suo ingresso nel calcio dei Grandi. Il gol più bello della carriera di Barella vale qualche statistica meravigliosa: 10 vittorie su 12 partite, 31 punti acchiappati sui 36 disponibili. In sostanza, la differenza fra Inter e Juventus in classifica è rappresentata dal gol di Higuain a San Siro, sul finale di una partita complicata. Ovviamente non è così, perché il solco fra Milano e Torino è molto più ampio, per storia e struttura: tuttavia l’Inter è lì, rimane aggrappata a questa storia con tutta la forza possibile, con la disperazione necessaria per agguantare un altro risultato sofferto, coraggioso. L’Inter c’è, la Juventus può aspettare.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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