La prima volta che si scende in campo da Campioni d’Italia è sempre speciale. Se lo fai dopo undici anni dall’ultima volta, con addosso la maglietta dell’Inter, per il tuo popolo assume un valore ancora più simbolico. Ecco che, per quanto il risultato di Inter-Sampdoria risulti perentorio, dietro c’è molto di più. A cominciare dalla passerella inizia con cui Ranieri e i suoi ragazzi accolgono la squadra di Conte, un gesto che vale doppio anche perché la Samp era stata l’ultima squadra a battere l’Inter in campionato. Da quel momento, i nerazzurri non si sono più guardati indietro. Per il resto, i 90’ di San Siro sono stati una grande festa - anche se mancavano i protagonisti principali, i tifosi - che avrebbero colorato ancor di più un pomeriggio indimenticabile.
Sul campo non c’è stata partita. L’Inter è in fiducia, sta bene e soprattutto ha la mente sgombra. Ecco quindi che in campo funziona ogni meccanismo, ogni geometria. E, a turno, i giocatori sprintano per mettere il proprio sigillo. Merito di Conte, un uragano in panchina anche sul 5-0, per poi sciogliersi nel collettivo abbraccio finale - quello che vale il primo titolo da allenatore dell’Inter ma, ancor di più, rappresenta il miglior auspicio per un futuro vincente.
IL GRUPPO - Se c’era una partita in cui celebrare il trionfo di quest’anno, la prestazione di squadra fornita dall’Inter contro la Samp ne è la degna impersonificazione. Perché contro Ranieri l’Inter segna in tutti i modi possibili grazie a delle combinazioni a tutto campo in cui il sistema di Conte esalta la forza dei singoli. Fin dalle scelte di formazione, il tecnico leccese dà spazio giustamente a chi il campo l’ha visto poco. Ma niente cali di tensione, niente errori di misura: l’Inter scende in campo con la stessa fame, la stessa determinazione e soprattutto le stesse idee che l’hanno portata a festeggiare lo Scudetto con tre giornate di anticipo.
Cambiano gli interpreti, quindi, ma la pulizia del gioco rimane. Certo, la Sampdoria è una squadra mentalmente già in vacanza che non ha più obiettivi, ma la prova di forza rimane. Perché con queste 5 reti l’Inter arriva a guadagnarsi non solo la miglior difesa - ma anche il miglior attacco, agganciando momentaneamente l’Atalanta. A riprova di come di scontato non ci sia assolutamente niente, in questo Scudetto. E’ una questione di schemi ed esecuzioni, di testa e coraggio. Tanto coraggio, di una squadra che ha accelerato quando molti davano per irrimediabilmente incrinato uno spogliatoio più unito che mai.
DETTAGLI - Poi, a guardare meglio, anche nella vittoria contro la Sampdoria si riconosce un pattern ben preciso. Perché se a risaltare è il collettivo, ci sono alcuni singoli che hanno trovato un altro pomeriggio di gloria. Del resto c’è qualcosa di assurdo nel feeling di Gagliardini con le squadre di Genova: altra prestazione importante del numero 4, altro gol (più assist) mandato a referto e una prestazione di grande sostanza, in un pomeriggio che altri hanno affrontato (giustamente) tirando un po’ il fiato.
E se ci spostiamo qualche metro più in là, la copertina non può andare anche su chi con l’Inter ha segnato il suo primo gol in Serie A. Andrea Pinamonti è stato a guardare per praticamente tutto l’anno, raccogliendo pochi spicciolate di minuti. Sul suo contratto e sul suo percorso si è detto tanto, ma non è questo il momento per interrogarsi su quel che sarà. L’immagine più bella è quella di un ragazzo del settore giovanile nerazzurro che segna un bel gol, assistito da un grande assist di Barella, e poi viene ricoperto dall’affetto dei compagni. Segno che questo spogliatoio è unito e forte, al netto di tutte le voci che circolano all’esterno. Questa squadra è differente.
OSSESSIONE - L’ha detto Antonio Conte a fine partita: “Per i giocatori, la vittoria deve essere un’ossessione”. Ecco allora che, nel clima di festa generale, c’è stato un giocatore più di chiunque altro impersona il mantra dell’allenatore: Alexis Sanchez, così come da ogni partita dopo l’errore di Marassi, è semplicemente tarantolato. La Maravilla continua a prendersi il proscenio ogni volta che può, sfornando giocate a ripetizioni che valgono il prezzo del biglietto. La magia con cui insacca l’assist di Hakimi è una chicca, un’altra perla di una stagione che ha vissuto alcuni bassi (nella prima parte) ma tanti picchi alti.
Basti pensare a quando grazie a una doppietta di Sanchez l’Inter strappò tre punti fondamentali dal campo del Parma, territorio ostico. All’assist per Lautaro contro il Torino, alla triangolazione con Lukaku ed Eriksen per il gol Scudetto di Crotone. In tanti momenti, Sanchez ha tenuto fede alla promessa fatta all’alba del rigore parato proprio da Audero: se vuoi vincere, passami il pallone.
Contro la Roma dovrebbe giocare di nuovo e la sensazione è che Alexis, se riuscirà a reggere fisicamente, potrebbe giocarle tutte da qui a fine stagione. Perché il numero 7 non è una riserva di questa squadra e merita tutto il credito che ha riscosso. Anche dalle sue giocate è nato lo Scudetto numero diciannove.
VIDEO - FESTA SCUDETTO FUORI DAL MEAZZA, DELIRIO AL PASSAGGIO DEL PULLMAN
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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