Chiamasi in gergo tecnico riff quel giro di chitarra che costruisce la base portante di una canzone, quell’insieme di note che arriva dritto al cuore di chi ascolta e che finisce col simboleggiare la canzone stessa. Basti pensare all’incipit di Smoke on the water dei Deep Purple o ai leggendari passaggi di Brian May dei Queen o di Keith Richards dei Rolling Stones, quelli in cui il personaggio interpretato da Stefano Accorsi in ‘Radiofreccia’ diceva di credere insieme alle rovesciate di Bonimba. Ieri sera, in quel di San Siro, teatro storico anche di grandi concerti, il pubblico è stato conquistato da un altro assolo, ma non suonato con mani e strumenti, bensì con piedi e pallone: è il giro della sfera che Pablo Daniel Osvaldo, il rocker nerazzurro, manda beffarda all’angolino alla destra di Denis Boyko regalando all’Inter una vittoria che vale triplo: qualificazione ai sedicesimi di Europa League, primo posto sicuro nel girone F, e regalo di compleanno che più gradito non si può al nuovo allenatore Roberto Mancini.
A TUTTO CAMPO – Il gol del sosia di Johnny Depp vale soprattutto una vittoria che visti i preamboli sembrava quasi un’impresa, considerato come le due squadre hanno approcciato l’incontro: timidi e contratti i nerazzurri al punto da apparire quasi orribili, aggressivi e pimpanti gli ospiti che meritano tutti gli applausi del caso per come riescono a disporre a proprio piacimento della difesa interista (quel Yevhen Konoplyanka, poi, ha dimostrato di valere davvero il prezzo dei viaggi degli scout interisti per visionarlo). Lasciata poi sguarnita da un Andrea Ranocchia mandato in tilt da Kalinic e sotto la doccia dall’arbitro Madden (ottimo) dopo l’ennesimo sciagurato duro intervento. A quel punto, però, in Osvaldo scatta la scintilla: forse pungolato da qualche mugugno sentito dalle tribune, l’italo-argentino si carica la squadra sulle spalle, prima trovando il gol del 2-1 con una partenza sul filo del fuorigioco da degno rapace d’area, poi lavorando come un dannato nel dare una mano a tutta la squadra impegnata a resistere alla controffensiva di un Myron Markevych che si traveste da José Mourinho e manda in campo attaccanti al posto di difensori. Dopo il gol, forse, l’azione cruciale è quella in ripiegamento, quando nega il gol con grande caparbietà a Cheberyachko. Un pirata che agisce a tutto campo, che dimostra ancora una volta di essere un elemento di valore indiscusso quando è in forma. E che mette buoni quelli che già iniziavano a brontolare…
SEI TUTTI NOI – Roberto Mancini voleva vincerla, questa partita, senza discussioni. E allora, bando a strategie conservative varie, a partire dalla porta: Juan Carrizo, sin qui portiere di coppa, lascia anche di giovedì il posto a Samir Handanovic. Il messaggio è chiaro: gli uomini migliori possibili per ottenere il bottino pieno. L’inizio non è rassicurante, anzi anche lui finisce travolto dall’iniziale baraonda ucraina, fino al gol dove lui è un po’complice con quel rinvio non perfetto sul quale Ruslan Rotan si avventa come un falco. Ma quando l’arbitro Madden fischia il rigore per fallo di Fredy Guarin su Cheberyachko, ecco scattare in lui l’altra scintilla, quel colpo di genio che gli permette di trasformare una partita grigia in partita da fenomeno: Konoplyanka è la sesta vittima dell’implacabile Samir, 100% di conclusioni neutralizzate dal dischetto in stagione. Da lì in poi, è un crescendo rossiniano, con alcuni interventi quasi felini che certificano l’alta qualità del prodotto sloveno. Imprescindibile un Handa così, e anche onesto e autocritico quanto basta quando non si nasconde dietro ad un dito chiamando all’ordine se stesso e tutta la squadra.
BUONO E CATTIVO – Quanto l’ha desiderata questa rete, Zdravko Kuzmanovic? Calendario alla mano, una risposta c’è: due anni, da quando ancora militava in Bundesliga nello Stoccarda. Ma al di là delle tempistiche, il serbo questa rete la voleva per tanti motivi: per dimostrare in primo luogo di non meritare davvero tutte le critiche dei suoi detrattori, lui che anche nelle ultime partite dell’era di Walter Mazzarri si è contraddistinto per la grande generosità e la combattività. Con l’arrivo di Mancini, Kuz ha ripreso quel discorso e addirittura ieri sera lo ha approfondito. Spezzando finalmente l’incantesimo del gol, quella rete che ha rimesso in carreggiata una partita che rischiava di andare definitivamente a carte 48, e disputando un’altra prova egregia, di corsa e sacrificio. Prova egregia di cui, purtroppo, non si è reso protagonista Andrea Ranocchia: va bene che forse per tutto il reparto difensivo non è stata una gran serata, però per il capitano si passa al livello successivo, quello di gara davvero da dimenticare. Messo sin da subito all’angolo da Kalinic che gli scappa via da tutte le parti, Ranocchia si ritrova a usare spesso le maniere rudi, portandosi in una situazione ad alto rischio a partita ancora troppo giovane, puntualmente precipitata dopo il pronti-via della ripresa: altro intervento pesante sulla punta croata e secondo giallo. Errori imperdonabili, considerato anche il ruolo che ricopre adesso il difensore umbro.
L’ALA TARPATA – Nel derby toccò a Mateo Kovacic occupare una posizione a lui inedita e poco congeniale, quella di esterno. Ieri sera, l’ingrato compito è spettato a Mauro Icardi, e i risultati sono stati bene o male gli stessi: tanta buona volontà ma troppa insofferenza verso un ruolo che non è il suo, ancora di più per lui che per il croato. Nuovo segnale lanciato in merito alle concrete esigenze della squadra, quelle da rimediare già nel mercato di gennaio. Per Piero Ausilio & co., i nomi non mancano, e considerando che stavolta hanno potuto vedere più da vicino quanto la candidatura di Konoplyanka possa essere concreta…
SUONA LA SIRENA – L’Inter, quindi, mette in ghiaccio qualificazione e soprattutto primo posto, condizione che le permetterà di evitare le fuoriuscite dalla Champions League al momento di stabilire i sorteggi per i sedicesimi. E ora, può preparare con la testa più libera l’impegno di campionato contro la Roma di domenica. Per il quale, però, non arrivano notizie confortanti circa l’infermeria: ieri sera sono usciti anzitempo Yuto Nagatomo ed Hernanes, entrambi per problemi fisici, forse di lieve entità ma che comunque causano apprensione viste anche le altre assenze. Non proprio la notizia migliore, comunque, con la quale chiudere la serata: Mancini, ancora in attesa di trovare il giusto assetto per la sua squadra, non dispera e intanto festeggia. A tempo del rock di Osvaldo, che non varrà ancora tutto un concerto ma è un singolo che in una stagione così può valere la hit parade.
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