Era attesissima, questa partita tra Napoli e Inter. C’era chi ci vedeva una vera e propria battaglia d’ideologie e d’onore, mentre alcuni parteggiavano per una semplice sfida d’alta classifica che, a inizio dicembre, vuol dire poco ragionando all’economia di un campionato. “Con 31 punti non si è nemmeno salvi, di che stiamo parlando?”, ha sentenziato Sarri. Ma il triplice fischio al San Paolo, ci restituisce l’immagine di due squadre agli antipodi ma che brilleranno per tutto il campionato: il Napoli e la sua pressoché infinita capacità offensiva, sublimata da Gonzalo Higuain, nel pieno della sua carriera. E l’Inter, ruvida e sporca, con un cuore e due attributi così, che per poco non espugna un campo su cui la vittoria manca dal secolo scorso. La differenza tra le due squadre sta a centrocampo: gli azzurri, guidati dalle teorie sarriane, hanno anche gli uomini per rendere la manovra fluida, riuscendo a trasformare (come in occasione del primo gol) l’azione da difensiva ad offensiva. L’Inter invece rimane ancora farraginosa nei movimenti corali e vive di sprazzi, riuscendo a lanciare il cuore oltre l’ostacolo, fino ad arrivare dove nessuno si immaginava. Con Ljajic, sono undici i marcatori diversi in questa stagione per Mancini, per un totale di diciassette gol. Emblematico del fatto che il gruppo c’è. E crede fedelmente in Mancini, il vero uomo al comando.
SCELTE SBAGLIATE, MA… - Si potrebbe stare per ore a discutere delle scelte del Mancio. Se infatti Sarri schiera l’undici tipo, il tecnico iesino fa vorticare ancora alcuni uomini attorno all’ossatura della squadra: Ljajic si merita la riconferma dopo la straripante prestazione con il Frosinone, mentre dietro vengono confermati i terzini di contenimento D’Ambrosio e Nagatomo, con Guarin a centrocampo al posto di Felipe Melo. E' soprattutto la presenza di Icardi a far storcere il naso a molti: con Jovetic costretto in panchina, da Maurito ci si aspetta qualcosa in più. Qualcosa che però non arriverà, con una partita anonima, trascinandosi in campo fino alla sostituzione, a fine primo tempo. Al di là delle scelte, va lodato il Mancio per l’attitudine che ha dato alla squadra, sempre incentrata alla vittoria. Che non vuol dire creare dodicimila occasioni da gol, ma essere compatti e saper sfruttare le qualità dei migliori giocatori. Difesa e controgolpe, contropiede.
GUERRE STELLARI - Il mattatore di serata è stato senza dubbio Gonzalo Higuain: l’attaccante del Napoli sta raggiungendo i picchi più alti della sua carriera calcistica e si dimostra davvero infermabile. Segna subito, al primo svarione difensivo nerazzurro, poi resiste alla carica di Murillo e Miranda che sembrano moscerini nel tentativo di fermarlo: Handanovic viene incolpevolmente battuto due volte e su una terza rasoiata del Pipita si deve allungare come mister Fantastic pur di evitare la tripletta dell’argentino. Le Guerre Stellari tra il miglior attacco del campionato e la miglior difesa, hanno visto vincere Higuain, mentre Icardi è ancora alla ricerca della Forza. Il simbolo della gara dei due giocatori si ha nei primi centoventi secondi di gioco: Icardi ha la possibilità di battere a rete, ma va troppo molle sul pallone. Koulibaly lo anticipa e fa ripartire l’azione, dove Higuain sfrutta l’incertezza di Murillo e Nagatomo, prende posizione e batte a rete da posizione difficilissima. E’ questione di attitudine e forza mentale. Il primo, da attaccante completo e veterano qual è, la possiede. Il giovane capitano dell’Inter, ancora no. Maurito ha infatti toccato meno palloni addirittura di Handanovic (appena 6) e sembra davvero spaesato all’interno dell’attacco interista. Jovetic ha giocato dieci minuti, rientrando sempre nel vivo della manovra e incocciando anche il palo, negli ultimi sciagurati sessanta secondi di gara. E’ chiaro che Icardi non è un attaccante di manovra, bensì un rapace degli ultimi 25 metri. Ma i limiti che sta dimostrando in questo inizio di campionato potrebbero pesare sul suo futuro, perlomeno finché l’Inter non avrà trovato un modello di gioco che favorisca le sue caratteristiche.
UOMINI E SIMBOLI - L’espulsione ha cambiato la partita che - dopo il primo quarto d’ora dominato dal Napoli - ha trovato un suo equilibrio. E’ innegabile però che gli Azzurri abbiano dominato l’Inter, costretta nella propria metà campo fino al 44’, quando Nagatomo viene espulso da Orsato. Poi la squadra si trasforma, gli uomini di Sarri vezzeggiano e il cuore dei ragazzi di Mancini viene fuori, con Ljajic che sembra dare quelle risposte che potrebbero trasformarlo in un importantissimo valore aggiunto alla squadra. Non è da sottovalutare l’importanza di altri due giocatori, all’interno della rosa: Brozovic e Biabiany. Il croato è stato uno dei migliori ieri sera, confermando quanto di buono fatto durante la stagione: è un giocatore che sa muoversi pressoché ovunque, saggiando il pallone e facendone quasi sempre la cosa giusta. Al contrario di Guarin, apparso impreciso e ingarbugliato: è sua la palla persa che porta all'intervento scomposto di Nagatomo, con conseguente secondo tempo in dieci uomini per l'Inter. Il colombiano perde totalmente il duello con Marek Hamsik, l'uomo che deve marcare. Quando esce, anche perché ammonito e nervoso, i nerazzurri cambiano volto. Con il francese in campo, infatti, è tutta un’altra musica: si sente il suo peso specifico all’interno dei meccanismi d’attacco e la sensazione è che potremmo vederlo più spesso lì davanti, anche per una questione di simboli: la lucida foga con cui si è avventato su uno degli ultimi palloni disponibili, rubandolo anche a D’Ambrosio, pur di arrivare a crossare e ribaltare la partita è il manifesto ideologico di questa Inter che non vuole smettere di sognare. Ma del resto, si è trovata di fronte una macchina impressionante: da metà settembre, su 16 partite giocate, il Napoli ne ha vinte quattordici. Tuttavia, la sensazione che può cullare il viaggio di Mancini nel viaggio di ritorno da Napoli è che, in una serata in cui è girato tutto storto, l’Inter ha capito di poter battere chiunque, puntando decisi alla Champions League: l'unico obiettivo che davvero non si può mancare.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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