La Grande Bellezza è racchiusa nel portamento regale di una Dea meravigliosamente fascinosa. Che spariglia le nuvole fino a colorare di sogni il cielo terso, incontaminato. Agile come un guizzo cileno. È Alexis Sanchez, un emissario in missione speciale. Incaricato di sgomitare tra i caotici ranghi del plotone per lanciarsi nella furibonda mischia d’una volata di gruppo. Sta cercando di destreggiarsi tra le pieghe d’un San Siro che gli corre a fianco al di fuori delle transenne fino a spingerlo verso l'infinito. In quel momento si sente felice. È nottata, ormai, quando un ragazzo con la divisa nerazzurra attraversa un viale infangato in sella alla sua bici. Una bici dorata come il casco. Scruta il luminoso orizzonte, pedala senza infrangere alcuna regola della sua realtà.
FUGA TRA CIME INNEVATE. Attorno a lui il fogliaggio invernale di un arbusto. Sullo sfondo il vuoto d'una cornice immaginifica: le cime innevate delle mastodontiche montagne cilene. Si sa, i tapponi di montagna sono così: ti spaventi solo ad osservarne l’altimetria. Le linfe della natura ti fanno sentire leggero, non c'è distanza che preoccupa, il libero viaggio alla scoperta dell’ignoto è lieta ebbrezza del mondo. Il rischio persiste, quasi ti logora chilometro dopo chilometro, ma non correrlo non avrebbe alcun senso. Hai pochi punti di supporto: una mappa sul manubrio e un'unica borraccia a sorreggere la cornice degli sforzi. Ecco che gli spazi d’autonomia tendono a chiudersi presto, fino ad aggrottarsi nelle sollecitazioni che i brividi della fatica assaltano. Allo scalatore non resta che alimentarsi a colpi di pedalate. Guardare avanti senza voltarsi, pensare all'eterno presente, come un graffio che rimane lì, inchiodato sulla pelle bianconera, che tanto bisogno aveva di rivedere la luce, ma è finita per rimanere folgorata da una scheggia impazzita. Illuminante, come l’entusiasmo d’una partenza e la curiosità del traguardo in procinto d'essere tagliato. La meraviglia della fuga nel viaggio sta proprio lì, pronta ad accompagnare il talento sulle cime della vetta più elevata. Lassù, dove se non si è preparati si corre il rischio di raffreddarsi parecchio. Nella solitudine immensa, tra i ghiacci e le alture. Il cuore pulsa all'impazzata, a forza di viaggiare tra itinerari proibiti. E Sanchez ha capito che i piccoli passi contano. Conducono lontano, dove osano le aquile. Per chi ama le sfide, non può mai essere una cattiva idea. Soprattutto se una carriera l'hai trascorsa a rincorrerla quella montagna di aspettative. E ora l'hai agguantata.
UN BATTITO DI CIGLIA. Il cobra famelico s’avvinghia sulla preda, col veleno nella coda. Quel tanto che basta per urlare a squarciagola. Un battito di ciglia può essere un’illusione. Nell'esatto momento in cui Allegri quasi allarga la concentrazione sui tiri dal dischetto, Inzaghi richiama le sue pedine alla spinta dell'ultimo assalto. Così il soffio d’aria gelida trascina via il tecnico bianconero. Stordito d'ogni speranza, vicina e anche un po' invadente, evaporata allo svolazzante incedere del triplice fischio. Dove non rimane più nulla, se non la frenesia di raccogliere i rimpianti tra la cupa nebbia dell'oscurità, e recuperare il tempo per ripristinare i tratti identitari d'una condizione di privazione fastidiosa e perfino un po' soffocante.
L’ASSOLUTO PRESENTE. Non esiste nemmeno il tempo per chiedersi cosa fare per essere ancora più perfetti che il calcio ti proietta in un’altra storia, tutta nuova, non inedita ma abbagliante, densa del coraggio per appigliarsi ai sogni che rinascono d’incanto dietro gli angoli della memoria. La vita è costruita sui momenti. Di cose che accadono e poi passano, lasciandosi dietro il segno di quello che è successo. È davvero questo il modo migliore per provare a fare un bilancio, prendersi del tempo e guardare indietro a rivederli, quei magici momenti. Poi metterli in ordine, ricordarli e comprenderli. Perché noi andiamo e la bellezza resta. Noi siamo diretti verso il futuro, la bellezza è l'eterno presente. E attraversando questo viaggio di emozioni, quasi trattenendo il fiato, si rischia di non scorgere nemmeno l'uomo che ha tagliato per primo il traguardo. In fuga tra cime innevate. E chissà che, almeno per un attimo, qualcuno non gli abbia dato una piccola spinta, verso l'alto. Per aiutarlo a toccare le stelle. Per poi ritrovarci tutti insieme lassù, animati dalla voglia di stupire un'altra volta. Ancora. In questo eterno presente.
FUGA TRA CIME INNEVATE. Attorno a lui il fogliaggio invernale di un arbusto. Sullo sfondo il vuoto d'una cornice immaginifica: le cime innevate delle mastodontiche montagne cilene. Si sa, i tapponi di montagna sono così: ti spaventi solo ad osservarne l’altimetria. Le linfe della natura ti fanno sentire leggero, non c'è distanza che preoccupa, il libero viaggio alla scoperta dell’ignoto è lieta ebbrezza del mondo. Il rischio persiste, quasi ti logora chilometro dopo chilometro, ma non correrlo non avrebbe alcun senso. Hai pochi punti di supporto: una mappa sul manubrio e un'unica borraccia a sorreggere la cornice degli sforzi. Ecco che gli spazi d’autonomia tendono a chiudersi presto, fino ad aggrottarsi nelle sollecitazioni che i brividi della fatica assaltano. Allo scalatore non resta che alimentarsi a colpi di pedalate. Guardare avanti senza voltarsi, pensare all'eterno presente, come un graffio che rimane lì, inchiodato sulla pelle bianconera, che tanto bisogno aveva di rivedere la luce, ma è finita per rimanere folgorata da una scheggia impazzita. Illuminante, come l’entusiasmo d’una partenza e la curiosità del traguardo in procinto d'essere tagliato. La meraviglia della fuga nel viaggio sta proprio lì, pronta ad accompagnare il talento sulle cime della vetta più elevata. Lassù, dove se non si è preparati si corre il rischio di raffreddarsi parecchio. Nella solitudine immensa, tra i ghiacci e le alture. Il cuore pulsa all'impazzata, a forza di viaggiare tra itinerari proibiti. E Sanchez ha capito che i piccoli passi contano. Conducono lontano, dove osano le aquile. Per chi ama le sfide, non può mai essere una cattiva idea. Soprattutto se una carriera l'hai trascorsa a rincorrerla quella montagna di aspettative. E ora l'hai agguantata.
UN BATTITO DI CIGLIA. Il cobra famelico s’avvinghia sulla preda, col veleno nella coda. Quel tanto che basta per urlare a squarciagola. Un battito di ciglia può essere un’illusione. Nell'esatto momento in cui Allegri quasi allarga la concentrazione sui tiri dal dischetto, Inzaghi richiama le sue pedine alla spinta dell'ultimo assalto. Così il soffio d’aria gelida trascina via il tecnico bianconero. Stordito d'ogni speranza, vicina e anche un po' invadente, evaporata allo svolazzante incedere del triplice fischio. Dove non rimane più nulla, se non la frenesia di raccogliere i rimpianti tra la cupa nebbia dell'oscurità, e recuperare il tempo per ripristinare i tratti identitari d'una condizione di privazione fastidiosa e perfino un po' soffocante.
L’ASSOLUTO PRESENTE. Non esiste nemmeno il tempo per chiedersi cosa fare per essere ancora più perfetti che il calcio ti proietta in un’altra storia, tutta nuova, non inedita ma abbagliante, densa del coraggio per appigliarsi ai sogni che rinascono d’incanto dietro gli angoli della memoria. La vita è costruita sui momenti. Di cose che accadono e poi passano, lasciandosi dietro il segno di quello che è successo. È davvero questo il modo migliore per provare a fare un bilancio, prendersi del tempo e guardare indietro a rivederli, quei magici momenti. Poi metterli in ordine, ricordarli e comprenderli. Perché noi andiamo e la bellezza resta. Noi siamo diretti verso il futuro, la bellezza è l'eterno presente. E attraversando questo viaggio di emozioni, quasi trattenendo il fiato, si rischia di non scorgere nemmeno l'uomo che ha tagliato per primo il traguardo. In fuga tra cime innevate. E chissà che, almeno per un attimo, qualcuno non gli abbia dato una piccola spinta, verso l'alto. Per aiutarlo a toccare le stelle. Per poi ritrovarci tutti insieme lassù, animati dalla voglia di stupire un'altra volta. Ancora. In questo eterno presente.
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