C'è una regina, chiusa nella sua fortezza dorata, che dall'alto domina con noncuranza il calcio italiano. Negli anni, alcuni pretendenti al trono le tentano tutte per scalfirne il dominio, ma lei se la ride, distaccata e superiore, punendo con puntualità chiunque tenti di accostarsi a lei. Per molti versi, anche l'Inter di Pioli nel big match dello Juventus Stadium si è scottata: reduce dalla felice striscia delle 7 vittorie consecutive in campionato, l'armata nerazzurra ha dovuto sperimentare l'antipatia di una sconfitta da copione, con la Juventus che ha trovato il gol decisivo nel momento migliore dell'Inter e ha gestito il vantaggio con la consueta, antipatica superbia. In mezzo, peraltro, il magone del deja vu, con i soliti episodi da moviola che arridono ai bianconeri e gli strascichi polemici che -siamo convinti- non abbandoneranno mai il derby d'Italia. Eppure, la gara di Torino non può produrre solo veleno e depressione, non sarebbe giusto: mai come in queste settimane l'Inter si è sentita potente, credibile sul terreno di gioco e ricca nel portafogli. Il percorso virtuoso di Pioli, l'arrembante politica espansionistica che Suning percorre fuori dal campo e il rinnovato entusiasmo che aleggia in casa Inter non possono e non devono disperdersi sul prato zuppo di pioggia dello Juventus Stadium. La rivoluzione è appena partita: la regina non è più al sicuro e, per molti versi, la gara di Torino lo dimostra appieno.
CIRCOSPEZIONE BIANCONERA - Come altro definire l'atteggiamento guardingo tenuto dalla Juventus nella prima frazione? Allegri fiuta il pericolo e rinuncia al tanto vagheggiato quarto d'ora d'assalto con cui i bianconeri avrebbero dovuto inaugurare la sfida, almeno secondo le previsioni della vigilia. L'attendismo juventino si rivela una scelta saggia, poiché quest'Inter fa paura. Lontana dalla "spensieratezza" di stramaccioniana memoria, la squadra di Pioli si presenta infatti allo Stadium con lo spartito già bell'e scritto, i movimenti meccanizzati e la testa alta di chi sa di meritarsi il palcoscenico delle grandi occasioni. Soltanto qualche apprensione di troppo sull'out di sinistra nerazzurro esula dal ritmo concitato di due squadre che si colpiscono con eleganza: l'estemporaneo gol di Cuadrado chiude un primo tempo di dura battaglia, che riesce persino a far passare inosservata l'ingiustizia del rigore negato a Icardi.
QUESTIONE MORALE - È in questo frangente che il lato giovane della nuova Inter viene fuori in tutta la sua acerbità: i nerazzurri rientrano in campo offuscati, per nulla lucidi nei propositi. Il tono basso tenuto dai ragazzi di Pioli nei primi quindici minuti della ripresa costituisce l'unico lascito negativo della serata, laddove la rete di Cuadrado e le decisioni arbitrali sembravano aver spento ogni velleità di rimonta. Sebbene non riesca mai a inaugurare un vero e proprio forcing finale, l'Inter fa però in tempo a rialzare la testa, destando una buona impressione pur nel rammarico generale di una sconfitta sostanzialmente beffarda. È sul morale, semmai, che Pioli avrà da lavorare: i suoi ragazzi sono arrembanti, talentuosi e concentrati, ma lo stordimento della ripresa dimostra che la testa dei nerazzurri non è ancora orientata alle grandi imprese, e che l'autorevolezza bianconera è esattamente ciò di cui l'Inter dovrebbe impossessarsi, quando vorrà diventare grande.
ASSALTO ALLA REGINA - Alla luce di quanto si è detto, dunque, questa sconfitta non può costituire una seria battuta di arresto: l'Inter resta potente, credibile e ricca e dovrà continuare a infondere quest'impressione, così che sempre meno l'avversario di turno crederà di poterla sopraffare in scioltezza. Quest'anno è ormai dedicato a una rincorsa disperata, con un tecnico arrivato in corsa e costretto a inseguire due competitor rodate e frenetiche come Roma e Napoli. Ma mentre si prepara la gara, durante il viaggio in pullman e al di fuori dello spogliatoio, volano indiscrezioni importanti, con Suning pronta a sconvolgere il mercato e lo stesso concetto di pianificazione sportiva, mai troppo preso in considerazione da queste parti; in campo, intanto, la squadra pare aver trovato una propria veste, solida e insieme camaleontica al punto giusto, come dimostrano gli accorgimenti tattici grazie ai quali i nerazzurri hanno a lungo tenuto testa alla Juve. I bianconeri, insomma, sono meno al riparo nella propria autoreferenzialità e forse, in qualche misura, hanno dovuto appurarlo già ieri sera. Le rivoluzioni, con buona pace dei golpisti sparsi per il mondo, sono un'opera laboriosa, da compiere con cura attraverso i mesi: a quest'Inter la cura non difetta, e i mezzi certo non sono più in dubbio. Ecco perché la rivoluzione nerazzurra è ormai partita e procede inesorabile; ecco perché la regina, nonostante la vittoria, dovrà sentirsi un po' meno al sicuro.
Antonello Mastronardi
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