Lunga intervista della Gazzetta dello Sport a Pierino Fanna, ex ala di Juve, Inter, Atalanta e Verona. Ecco alcuni passaggi delle sue dichiarazioni.

Si diceva: Fanna unisce resistenza e corsa perché da piccolo giocava nei campi in salita.
"Duecento metri di corsa in discesa la mattina per andare a scuola, duecento metri in salita la sera quando tornavo a casa. E sempre con il pallone tra i piedi, dribblando avversari immaginari, fingendo di essere Sandro Mazzola, il mio idolo. Un giorno mio padre mi disse: “Pierino, è facile portarlo su, ma prova a scendere di corsa senza perdere mai il pallone”. Divenne una questione di orgoglio. Il mio gioco l’ho affinato lì, su e giù per quella strada bianca di montagna, tra i sassi e la polvere. E in fondo è una metafora della vita: si sale e si scende".

Nei suoi 18 anni di carriera lei ha giocato con sole quattro squadre. Atalanta, Juve, Verona, Inter. E ha vinto lo scudetto in tre città. Un record.
"Bergamo è la famiglia, ci arrivai che avevo solo 14 anni, mi misero in collegio. Con l’Atalanta ho giocato due stagioni in B. A Bergamo ho conosciuto mia moglie Laura, dopo cinquant’anni stiamo ancora insieme. La Juventus coincide con la speranza del salto di qualità professionale. Il primo anno ho fatto benissimo, sono entrato, a soli 19 anni e al debutto in A, nel listone dei 40 preconvocati per il Mondiale di Argentina ’78. Poi a Torino qualcosa si è incrinato. Mi rimangono i tre scudetti e la Coppa Italia".

Lo scudetto del Verona viene raccontato come una favola.
"Ma è nato da basi solide ed eravamo proprio forti. Abbiamo capito che era possibile la sera di Capodanno del 1984. La passammo a Cavalese, dove oggi vive quello che considero il mio fratello maggiore, Domenico Volpati. C’eravamo quasi tutti, con mogli e fidanzate. Al brindisi alziamo i bicchieri, c’è un attimo di silenzio, io prendo la parola e dico solo: “Ragazzi, ora o mai più”".

Dopo i tre alla Juve e quello di Verona lei vince lo scudetto anche all’Inter, nell’anno dei record, 1988-89.
"Ma non da protagonista, quell’anno ero stato persino messo fuori rosa e mi allenavo a Novara, in C. Eppure il presidente dell’Inter, Pellegrini, aveva speso cinque miliardi di lire per avermi. Poi venni reintegrato. Il primo campionato fu una delusione. Poi arrivò il Trap e... ricominciarono i problemi. Trapattoni, nel mio ruolo di ala, voleva giocatori di copertura; mentre io avevo qualità offensive".

Chi è stato, nel calcio, l’uomo più importante?
"Osvaldo Bagnoli, una persona speciale, a luglio fa novant’anni. Lo considero un mio secondo padre, vive a Verona, ogni tanto lo vado a trovare, parlo con la moglie, la figlia, sto lì con lui...".

Sezione: News / Data: Ven 14 marzo 2025 alle 18:21 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni
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