Il Covid. I mancati introiti derivanti lo stadio. I rubinetti dalla Cina bloccati. Suning in difficoltà. In tutto questo una stagione sportiva più che soddisfacente e uno scudetto dopo 11 anni.
Nel frattempo un rebranding significativo, nuova identità, nuovi colori e nuovo logo. Una campagna caratterizzata dal legame fra la squadra e Milano: 'I M'.
Il malore di Eriksen: gestito dalla società in modo discreto e umano, impeccabile anche sotto il profilo tecnico (acquisto di Chalanoglu).
La cessione di Hakimi, dopo solo un anno in nerazzurro. Uno dei giocatori simbolo della vittoria scudetto e di maggiori prospettive. Ma, va detto, l'offerta del Psg era quasi irrinunciabile. E un big era destinato a partire.
AAA cercasi esterno destro: la telenovela ancora da concludersi.
Il nuovo sponsor tecnico dopo 26 anni di Pirelli, molti di noi non avevano mai visto sulle maglie nerazzurre un altro marchio.
Già, nerazzurre, parliamone. La nuova prima maglia già tanto discussa per la mancanza delle tradizionali strisce e della poca presenza del 'nero'. Disorientamento aumentato oltre che dalla presenza del nuovo sponsor, anche dal nuovo logo, così facendo i riferimenti cui il nostro occhio era abituato si perdono e ci si concentra quasi solo sulla mancanza delle solite fascie sostituite visivamente con le squame del biscione (come da attenta analisi di Rupertgraphic).
Fuori, in tutto questo, prende vita il progetto di azionariato popolare Interspac. Capeggiato dal Professor Cottarelli e altri 50 tifosi vip, viene lanciato un questionario aperto a tutti i tifosi per capire l'interesse riguardo la possibilità di comprarsi un piccolo mattoncino di Inter. Partecipano circa 100.000 persone, non male come segnale. Certo, è complicato e prima che possa prendere quota un'iniziativa così sarebbe necessario in ogni caso risolvere i problemi a monte. Non si può pretendere che i tifosi ripianino i debiti senza un progetto chiaro, solido e a lungo termine. Attualmente non sembrano esserci i presupposti, benché vi sia per la società necessità di capitale fresco (non a debito), solido e fidelizzato. Se ne tornerà sicuramente a parlare, anche perché il modello attuale (non solo per l'Inter) non è più sostenibile.
Ma torniamo all'interista che stavolta sotto l'ombrellone apprende la notizia della super offerta del Chelsea per Lukaku. All'inizio sembra esserci un muro eretto in primis dal giocatore. Poi, pian piano, sembra sgretolarsi - soprattutto sul fronte Inter - all'aumentare dell'offerta economica. È vero, ricevere un'offerta di oltre 100 milioni (per un big di 28 anni e in una situazione come questa) non è facile da rifiutare. Il problema è che attualmente Lukaku all'Inter rappresenta una fetta enorme sia dal punto di vista simbolico che tecnico. Sarebbe come alzare bandiera bianca ancor prima di iniziare, vorrebbe dire ridimensionare anche il valore degli altri giocatori. Per questo non lo si può vendere a 2 settimane dall'inizio del campionato. Per un tifoso (e pare anche per la maggior parte dei dirigenti nerazzurri) è inconcepibile. In una situazione diversa, forse, se reinvestiti totalmente e intelligentemente, per comprare giocatori pronti ma più giovani ci sarebbe potuto stare. Ma così sembra (e probabilmente è) tutto casuale: arriva un'offerta monstre, ho bisogno di soldi, vendo. Poi si vedrà. Con il tuo top player non puoi.
Vedremo come andrà a finire, ma i tifosi (giustamente) sono sconfortati e arrabbiati. Chiedere ora chiarezza a Suning è più che legittimo. L'Inter ha una storia e i tifosi meritano rispetto.
Ma torniamo alla direzione (corporate e sportiva). Viene da chiedersi se era il caso, in una situazione di dissesto finanziario societario così grave, lavorare su un rebranding e soprattutto puntate su uno sponsor, Socios.com, che a quanto si è capito (non è così semplice il meccanismo) con i cosiddetti "fan token" dovrebbe guadagnare facendo leva sul coinvolgimento dei tifosi. Proprio quei tifosi a cui stai smantellando la squadra. Chissà se la cessione di Lukaku in qualche modo avrà ripercussioni anche sul neonato accordo di sponshorship.
In ogni caso, che sia con i fan token, gli abbonamenti allo stadio o il merchandising, non è così che si rafforza un brand rinnovato, non è così che si ottiene la visibilità e i maggiori introiti sperati.
Certo, sicuramente l'intento non era questo, anzi, ma così si rischia che il bel lavoro della Corporate che guardava al futuro venga oscurato dalla performance sportiva. Perché poi, alla fine si sa, è sempre il campo a parlare.
Non ci resta che attendere, intanto, sotto l'ombrellone.
Vincenzo Baccari
Nel frattempo un rebranding significativo, nuova identità, nuovi colori e nuovo logo. Una campagna caratterizzata dal legame fra la squadra e Milano: 'I M'.
Il malore di Eriksen: gestito dalla società in modo discreto e umano, impeccabile anche sotto il profilo tecnico (acquisto di Chalanoglu).
La cessione di Hakimi, dopo solo un anno in nerazzurro. Uno dei giocatori simbolo della vittoria scudetto e di maggiori prospettive. Ma, va detto, l'offerta del Psg era quasi irrinunciabile. E un big era destinato a partire.
AAA cercasi esterno destro: la telenovela ancora da concludersi.
Il nuovo sponsor tecnico dopo 26 anni di Pirelli, molti di noi non avevano mai visto sulle maglie nerazzurre un altro marchio.
Già, nerazzurre, parliamone. La nuova prima maglia già tanto discussa per la mancanza delle tradizionali strisce e della poca presenza del 'nero'. Disorientamento aumentato oltre che dalla presenza del nuovo sponsor, anche dal nuovo logo, così facendo i riferimenti cui il nostro occhio era abituato si perdono e ci si concentra quasi solo sulla mancanza delle solite fascie sostituite visivamente con le squame del biscione (come da attenta analisi di Rupertgraphic).
Fuori, in tutto questo, prende vita il progetto di azionariato popolare Interspac. Capeggiato dal Professor Cottarelli e altri 50 tifosi vip, viene lanciato un questionario aperto a tutti i tifosi per capire l'interesse riguardo la possibilità di comprarsi un piccolo mattoncino di Inter. Partecipano circa 100.000 persone, non male come segnale. Certo, è complicato e prima che possa prendere quota un'iniziativa così sarebbe necessario in ogni caso risolvere i problemi a monte. Non si può pretendere che i tifosi ripianino i debiti senza un progetto chiaro, solido e a lungo termine. Attualmente non sembrano esserci i presupposti, benché vi sia per la società necessità di capitale fresco (non a debito), solido e fidelizzato. Se ne tornerà sicuramente a parlare, anche perché il modello attuale (non solo per l'Inter) non è più sostenibile.
Ma torniamo all'interista che stavolta sotto l'ombrellone apprende la notizia della super offerta del Chelsea per Lukaku. All'inizio sembra esserci un muro eretto in primis dal giocatore. Poi, pian piano, sembra sgretolarsi - soprattutto sul fronte Inter - all'aumentare dell'offerta economica. È vero, ricevere un'offerta di oltre 100 milioni (per un big di 28 anni e in una situazione come questa) non è facile da rifiutare. Il problema è che attualmente Lukaku all'Inter rappresenta una fetta enorme sia dal punto di vista simbolico che tecnico. Sarebbe come alzare bandiera bianca ancor prima di iniziare, vorrebbe dire ridimensionare anche il valore degli altri giocatori. Per questo non lo si può vendere a 2 settimane dall'inizio del campionato. Per un tifoso (e pare anche per la maggior parte dei dirigenti nerazzurri) è inconcepibile. In una situazione diversa, forse, se reinvestiti totalmente e intelligentemente, per comprare giocatori pronti ma più giovani ci sarebbe potuto stare. Ma così sembra (e probabilmente è) tutto casuale: arriva un'offerta monstre, ho bisogno di soldi, vendo. Poi si vedrà. Con il tuo top player non puoi.
Vedremo come andrà a finire, ma i tifosi (giustamente) sono sconfortati e arrabbiati. Chiedere ora chiarezza a Suning è più che legittimo. L'Inter ha una storia e i tifosi meritano rispetto.
Ma torniamo alla direzione (corporate e sportiva). Viene da chiedersi se era il caso, in una situazione di dissesto finanziario societario così grave, lavorare su un rebranding e soprattutto puntate su uno sponsor, Socios.com, che a quanto si è capito (non è così semplice il meccanismo) con i cosiddetti "fan token" dovrebbe guadagnare facendo leva sul coinvolgimento dei tifosi. Proprio quei tifosi a cui stai smantellando la squadra. Chissà se la cessione di Lukaku in qualche modo avrà ripercussioni anche sul neonato accordo di sponshorship.
In ogni caso, che sia con i fan token, gli abbonamenti allo stadio o il merchandising, non è così che si rafforza un brand rinnovato, non è così che si ottiene la visibilità e i maggiori introiti sperati.
Certo, sicuramente l'intento non era questo, anzi, ma così si rischia che il bel lavoro della Corporate che guardava al futuro venga oscurato dalla performance sportiva. Perché poi, alla fine si sa, è sempre il campo a parlare.
Non ci resta che attendere, intanto, sotto l'ombrellone.
Vincenzo Baccari
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