Il periodo più nero della gestione Stramaccioni non equivale, per fortuna, alla fine delle speranze Champions dell’Inter. La squadra ha vinto solo una delle ultime sette partite in campionato ma mantiene a un tiro di schioppo la distanza dal terzo posto, anche se Milan e Fiorentina sono tornate prepotentemente in corsa. Aumenta dunque la concorrenza, ma quel che più conta è essere sempre lì a giocarsela dopo un bilancio quasi catastrofico negli ultimi 2 mesi. Tante le cause di questa situazione deficitaria: sbiadita identità tattica, errori in certe valutazioni sul campo, pesanti e durature assenze per infortunio, squalifiche in serie, condizione atletica approssimativa, rodaggio dei nuovi arrivati. Tutto materiale da raccogliere in un faldone e consegnare alla società, affinché tra allenatore e staff tecnico-medico si ponga al più presto rimedio. Difficile invece porre rimedio alla serie negativa dal punto di vista arbitrale.
Senza focalizzarsi troppo su tutti gli episodi che hanno danneggiato l’Inter dal 3 novembre (compreso) in poi, è sufficiente soffermarsi sulla voce ‘rigori’ per evidenziare quanto i nerazzurri abbiano da recriminare. Nella giornata in cui il Milan aggancia i cugini grazie a un penalty inventato ottenuto in pieno recupero contro l’Udinese, l’Inter lamenta l’ennesima svista del direttore di gara di turno. Al 33esimo del primo tempo di Siena-Inter, infatti, Belmonte aggancia Cassano in piena area di rigore ma nonostante un ottimo posizionamento e una visuale libera Doveri di Roma lascia proseguire e nega ai nerazzurri il tiro dagli undici metri. Opportunità che alla squadra di Stramaccioni manca addirittura dal 3 novembre 2012, esattamente tre mesi. Proprio nella serata dello scempio Tagliavento, su indicazione del giudice d’area Orsato, punì Marchisio per trattenuta ai danni di Milito e mandò l’argentino dal dischetto. Da allora l’Inter non ha mai goduto della massima punizione, pur avendo più di una volta patito interventi nell’area avversaria che, da regolamento, meritavano una sanzione.
Rapido riassunto: Inter-Cagliari del 18 novembre (2-2): Ranocchia viene atterrato in area da Astori durante i minuti di recupero e Giacomelli non interviene; Lazio-Inter del 15 dicembre (1-0): sempre Ranocchia viene affossato nel finale di partita da Ciani in azione da corner, ma Mazzoleni fa finta di nulla; Udinese-Inter del 6 gennaio (3-0): sullo 0-0 Palacio (partito a onor del vero in leggera posizione di fuorigioco) viene sbilanciato da Domizzi prima di battere in porta, sarebbe rigore ed espulsione ma Giannoccaro ammonisce l’argentino per simulazione. Inter-Torino del 27 gennaio (2-2): nei minuti finali il solito Ranocchia viene steso in area da un intervento in ritardo di Rodriguez ma Massa lascia inspiegabilmente proseguire; infine ieri, il mancato penalty assegnato a Cassano. Non si tratta di semplici sensazioni di parte, sono episodi ampiamente scandagliati da tutte le moviole d’Italia e il responso è stato sempre lo stesso: rigore netto, salvo l’episodio al limite di Udine che nasce già da un offside. A questo si aggiunge quanto avvenuto nell’area avversaria: in Atalanta-Inter (3-2) dell’11 novembre Damato concede un rigore molto generoso ai bergamaschi per fallo di Silvestre su Moralez; in Roma-Inter (1-1) del 20 gennaio Orsato vede un fallo di Ranocchia su Bradley, quando invece è il difensore che rimedia un colpo in testa.
Episodi densi di perplessità su cui i direttori di gara non hanno avuto alcun dubbio, così come i colleghi sopra citati non hanno neanche minimamente pensato di concedere un rigore all’Inter. Una tendenza bella e buona, un atteggiamento sin troppo eloquente e amplificato da quanto di contrario accade su altri campi con squadre d’alta classifica. Il regolamento viene interpretato di volta in volta e anche di fronte all’evidenza si opta sempre per la stessa decisione: all’Inter, e in particolare al povero Ranocchia, non va assegnato rigore. Resta difficile immaginare quanti punti i nerazzurri abbiano perso a causa di questi strafalcioni, al massimo si può effettuare un rapido conto per gli episodi avvenuti allo scadere e quindi privi di replica, tralasciando comunque la possibilità di sbagliare dagli undici metri: tra Cagliari, Lazio e Torino ai nerazzurri mancano ben 5 punti negli ultimi 3 mesi. Bottino che consentirebbe all’Inter di avere addirittura un +4 dalla Lazio (privata di 2 punti nello scontro diretto) e un + 5 sul Milan. Vantaggio significativo in ottica qualificazione Champions, che permetterebbe alla squadra e a Stramaccioni di lavorare con maggiore tranquillità. La realtà però è un’altra e per quanto gli errori dei direttori di gara abbiano influito sui risultati non ci si deve nascondere dietro essi. Se l’Inter fosse in salute e meritasse sempre di vincere sul campo i mancati rigori a favore sarebbero un documento inappuntabile da presentare a Nicchi e Braschi affinché intervengano immediatamente.
Ma considerando la situazione a 360 gradi, c’è il rischio che siano solo una giustificazione. Non per questo vanno taciuti, perché in fin dei conti, prestazioni a parte, ai nerazzurri mancano troppi punti in classifica e questo gap mette in seria discussione l’obiettivo terzo posto. Nulla è perduto, ma prima di lamentarsi ulteriormente dei danni arbitrali sarebbe meglio ripristinare i valori della squadra vista fino al 3 novembre, quella che giocava bene e vinceva prima di incappare in una fastidiosa serie di episodi contrari, compreso un calo palese nelle prestazioni e nei risultati. Vale la pensa aggiungere, infine, quanto l’assenza di quei punti in classifica stiano pesando anche sull’opinione mediatica nei confronti di Stramaccioni: di certo, con un terzo posto ancora in pugno, le critiche contro il tecnico non sarebbero così feroci. Tutto è opinabile, tranne i numeri.
Autore: Redazione FcInterNews / Twitter: @FcInterNewsIt
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