Settembre, per un appassionato di calcio, ha tanti significati. Per il tifoso interista, per la seconda stagione dopo troppi anni di oblio, vuol dire Champions League. E se la scorsa stagione il girone dell’Inter appariva demoniaco, con sfide proibitive al Camp Nou e nel nuovo stadio del Tottenham, oltre che un’insidiosa trasferta in Olanda, l’Inter di Antonio Conte si è ritrovata in un gruppo in cui - al netto del ritorno al Camp Nou, territorio improbo in cui anche l’Inter di Mourinho uscirono sconfitti - ha tutte le carte in regola per strappare il pass per gli ottavi. Con Spalletti, giocò un ruolo fondamentale l’inesperienza della rosa a un certo tipo di partite, oltre che l’infortunio che confinò Radja Nainggolan a un ruolo marginale. Nella gara di ritorno con il Tottenham, il primo match point per la qualificazione mancata, Pochettino incartò i piani dei nerazzurri e vinse una gara tattica a dieci minuti dalla fine, inserendo Eriksen dalla panchina e sfruttando gli errori da “braccino” dell’Inter. Uno scivolone di Asamoah in casa contro il PSV, completò la frittata.
Con l’ingaggio di Antonio Conte, Beppe Marotta e Piero Ausilio hanno tracciato la strada verso un nuovo cammino europeo - aggiungendo anche esperienza ad una rosa che per la prima volta dai tempi di Moratti Presidente potrà disputare una competizione internazionale senza limitazioni nella rosa. 23 giocatori convocabili, quindi, le cui aggiunte hanno tutti un invidiabile identikit europeo: Diego Godin ha giocato due finali di Champions League, Alexis Sanchez e Romelu Lukaku sono abituati ai palcoscenici più importanti. Il sistema di gioco di Antonio Conte, si spera, farà il resto. Ma come sono le avversarie che l’Inter dovrà affrontare nelle sei partite che ne contrassegneranno il futuro europeo? Quali sono i loro punti di forza? E i punti deboli? Ecco una prima panoramica delle antagoniste dell’Inter nel girone F?
SLAVIA PRAGA
Cominciamo con la prima squadra che verrà a San Siro, oggi alle 19. Lo Slavia Praga è campione della Repubblica Ceca e l’anno scorso ha fatto parlare di sé per molti motivi. Oltre ad aver vinto il campionato ceco, infatti, ha centrato uno storico Double vincendo anche la Coppa Nazionale: non succedeva dal 1942. La squadra di mister Trpisovsky si è resa protagonista di un importante percorso in Europa League: ha passato indenne il girone con Zenit, Bordeaux e Copenaghen, per poi farsi strada fino ai quarti di finale. Nella fase a eliminazione diretta, lo Slavia Praga ha superato il Genk e il Siviglia, capitombolando contro il Chelsea di Maurizio Sarri ai quarti di finale, dopo una partita pazza a Stamford Bridge finita 4-3.
Lo Slavia è una squadra molto fisica che alterna due moduli ibridi: il 4-1-4-1 si trasforma in 4-2-3-1 a seconda dei movimenti degli esterni. Il centro pensante della squadra è Soucek, il capitano: da lui partono spesso le azioni manovrate della squadra e sicuramente il suo piede è una delle armi a disposizione di Trpisovsky per provare a impensierire la retroguardia dell’Inter. In estate è stato aggiunto anche Stanciu, trequartista che aggiunge imprevedibilità negli ultimi metri e assiste Van Buren, centravanti di sacrificio che gioca spalle alla porta e apre gli spazi per l’inserimento degli esterni. Masopoust e il numero 9 Olayinka sono le ali titolari designate da Trpisovsky, anche se amano accentrarsi senza palla. Olayinka fa spesso diagonali in area di rigore, pronto a raccogliere i cross che piovono dal lato opposto. Nel preliminare di Champions League contro il Cluj, infatti, i terzini dello Slavia Praga si alzavano con insistenza e favorivano una salita lavolpiana del pallone, con i due centrali che si allargavano per far sì che Soucek ricevesse subito il pallone - per verticalizzare. Un altro nome da tenere d’occhio è Husbauer, centrocampista con il vizio del gol che in quest’inizio di stagione è già andato a segno quattro volte (con due assist) nel campionato ceco.
Rispetto ai rapporti di forza dell’anno scorso, lo Slavia Praga sembra una squadra molto meno pericolosa del PSV Eindovhen, con individualità meno marcate. Il tasso tecnico viene sopperito da un’organizzazione concreta, che sa come gestire i momenti della partita. Trpisovsky sa dosare energie e modellare le circostanze così come in trasferta il tecnico sa esaltare le propri doti tattiche imbrigliando l’avversario. A Milano e Praga saranno due battaglie, ma la sensazione è che se il fortino ceco crollerà nei primi minuti, l’Inter ha la forza d’organico per arrivare in porto senza molti patemi.
BORUSSIA DORTMUND
La squadra di Favre ha vissuto un inizio di stagione scostante. È riuscita a inanellare vittorie convincenti, come quella contro il Bayern Monaco in Supercoppa di Germania e contro il Bayer Leverkusen per 4-0, e al tempo stesso registrare pesanti sconfitte come quella contro l’Union Berlin per 3-1, prima della pausa per le Nazionali. Il Dortmund gioca un calcio veloce, estremamente verticale che esalta le individualità a disposizione di Favre: Jadon Sancho è il talento più elettrico della rosa, che ha istinti d’onnipotenza calcistica. Se messo nelle condizioni ideali, sa far saltare il banco grazie a un controllo di palla eccelso e un cambio di passo che ha già mietuto vittime importanti. Il telaio del Dortmund è costruito sul 4-2-3-1 reso celebre da Klopp, anche se non c’è più quell’intensità che ha contraddistinto la squadra che arrivò a un passo dal vincere la Champions League. Adesso si preferisce un pressing moderato che vuole indirizzare gli avversari sulle fasce, dove avviene un raddoppio sistematico. Quest’arma tattica potrebbe essere decisiva contro l’Inter di Conte, che sfrutta proprio le corsie esterne per creare pericoli alla difesa avversaria. Il ritorno di Hummels in cabina di regia ha contribuito a sviluppare una risalita del pallone veloce e il doppio colpo sugli esterni (Thorgan Hazard e Julian Brandt) offrono altre due soluzioni qualora Sancho e Marco Reus non fossero in giornata.
Nella scorsa stagione, il Dortmund è stata in testa alla Bundesliga dalla sesta alla ventisettesima giornata, dimostrando una maturità importante. Solo una rincorsa disperata del Bayern Monaco ha interrotto i sogni di gloria di Favre, che si è dovuto accontentare del secondo posto. In Champions League il Dortmund ha vinto il suo girone con un rotondo 4-0 all’Atletico Madrid, per poi venire eliminata senza molti fronzoli dal Tottenham: 3-0 all’andata e 1-0 al ritorno, per un 4-0 complessivo che lascia poche repliche. La squadra di Favre è giovane, acerba e capace di vincere una partita in ogni momento - come, al tempo stesso, può sciogliersi in un bicchiere d’acqua.
Le ultime due gare di Bundes sono esemplificative del talento e delle fragilità di cui il Borussia dispone: contro il Leverkusen, la squadra ha segnato 4 gol con il 37% di possesso palla, effettuando il famoso pressing orientato e poi verticalizzando all’ossesso. Quando Favre riesce a rimpicciolire il campo in fase di non possesso, per poi coprire ampi spazi in transizione offensiva è letale. Contro l’Union Berlin, invece, la squadra è andata in confusione perché sono saltate le distanze in fase di impostazione e - una volta persa palla - la mezza transizione negativa è stata male assorbita dalla difesa, e il ripiegamento della squadra è stata estremamente confusionaria. Al tempo stesso, la difesa sui calci piazzati lascia a desiderare: le marcature sono ballerine e molti giocatori sono ancora troppo attratti dal pallone. È possibile che vedremo molti corner battuti corti, con l’intento di muovere il più possibile la palla per poi crossare e trovare pertugi inesplorati. A Dortmund sarà complicato, perché l’Inter non è abituata a giocare in certi ambienti e si sa che le trasferte europee sono complicate - basti pensare alle difficoltà ad espugnare Eindovhen, l’anno scorso. Ma a San Siro sarà d’obbligo giocare con l’obiettivo del bottino pieno.
BARCELONA
Negli ultimi anni, il mondo del calcio si è abituato a due tipi di Barcelona. Quello che gioca in casa, che sfrutta l’ampiezza del campo e il calore senza pari dei centomila del Camp Nou, e asfalta gli avversari. Dall’altro lato, in trasferta il Barça perde brillantezza e si sfilaccia, mostrando tutte le sue debolezze. Il fatto che nelle ultime tre edizioni della Champions League abbia subito pesanti passivi nella fase ad eliminazione diretta (contro PSG, Roma e Liverpool) testimonia quanto questa forbice di prestazioni sia tangibile anche nella mente dei blaugrana - chiamati a sfruttare tutto il potenziale messo a disposizione da una campagna acquisti faraonica.
L’anno scorso, l’Inter al Camp Nou è stata letteralmente dominata senza molti sforzi: il fortino eretto da Spalletti ha retto una trentina di minuti, il tempo per Suarez di pescare l’inserimento di Rafinha - che ha messo la partita in discesa. A San Siro, invece, la musica è cambiata: la gara è stata più combattuta, l’Inter ha sfiorato in un paio di occasioni il vantaggio e, dopo lo 0-1 di Malcom, ha avuto la forza di riacciuffare la partita con un grande gol di Mauro Icardi. Una vita fa, appunto. Anche perché a quella rosa di marziani, il Barcellona ha aggiunto altri due tasselli mondiali: Frenkie De Jong a centrocampo e Antoine Griezmann in attacco. De Jong ha segnato questo weekend la sua prima rete, mentre Grizou è diventato - a causa degli infortuni a Messi e Suarez - subito centrale nel gioco di Valverde. Al solito, in casa il Barça ha dimostrato di poter annichilire qualsiasi tipo di avversario, mentre in trasferta ha racimolato le prime insoddisfazioni: sconfitta a Bilbao e pareggio a Osasuna, contro i dieci gol registrati al Camp Nou nelle due gare contro Real Betis e Valencia.
Fare sofismi su come si ferma Lionel Messi è inutile, anche se con il 3-5-2 contiano avrà di fronte Diego Godin, un campione assoluto che ha duellato con la Pulce per anni, in Spagna. Skriniar e De Vrij hanno tenuto testa a Suarez, tornato dopo la pausa a disposizione di Valverde. L’anno scorso, il rammarico dell’Inter di Spalletti fu quello di non aver sfruttato abbastanza il mismatch fra Perisic e l’esterno basso del Barcellona, fosse questo Semedo o Sergi Roberto: la sensazione è che da quel lato si può sfondare, in situazioni di uno contro uno. Quest’anno ci sarà verosimilmente Alexis Sanchez da quel lato, di conseguenza l’imperativo è ribaltare da quel lato per far male alla squadra di Valverde. Che è sì ordinata, ma ogni tanto tende a piacersi troppo e perde palloni sanguinosi. Il Barcelona è la favorita per vincere il girone, come è tra le favorite per alzare la Coppa a fine maggio. Ma la rincorsa di cui parlava Conte deve riproporsi anche in Europa, quindi l’Inter deve avere l’ambizione di strappare punti al Barça: a San Siro senza dubbio e, con un po’ d’incoscienza, anche al Camp Nou.
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Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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