Un gol, peraltro molto bello, siglato da Marcus Thuram grazie alla percussione di Yann Bisseck e all'assist di un Joaquin Correa visto leggermente meglio rispetto alle ultime, sconfortanti, prestazioni. Un gol difeso molto bene, tra buona resistenza difensiva, qualche grossa parata di Yann Sommer e un pizzico di buonasorte fino al minuto 89 quando il portiere elvetico ha dovuto inchinarsi alla botta di Ugochukwu che ha sigillato il definitivo 1-1. Un pareggio e, si può dire, tutti contenti. Contro un Chelsea dove Enzo Maresca ha schierato due delle quattro formazioni a sua disposizione, e non è un'esagerazione, Simone Inzaghi raccoglie diversi segnali importanti a sei giorni dall'inizio del campionato. Il rodaggio va ultimato, ma man mano che gli uomini più importanti accumulano minuti cominciano a intravedersi trame di buon livello. Poi, sono entrati progressivamente i ragazzi della Primavera e i ritmi sono scesi inesorabilmente, mentre dall'altra parte entrava Raheem Sterling che ha fatto sostanzialmente il diavolo a quattro. Ma di certo rispetto alle difficoltà palesate a Monza qualche miglioramento si è indubbiamente visto.
Si è chiuso così questo lungo avvicinamento al campionato che vedrà l’Inter nelle vesti di Defending Champion, quello successivo alla grande festa per la conquista dello Scudetto della seconda stella, quello dove i nerazzurri sono attesi al varco forse ancor più che nelle edizioni passate. A Stamford Bridge si è esaurito un ciclo di preparazione estiva abbastanza particolare che ha fatto da prologo ad una stagione che più particolare di così non si può, e i motivi li sappiamo tutti bene: sarà la prima stagione della nuova Champions League formato extralarge, con otto partite nella prima fase al posto di sei e sfide anche a gennaio in pieno mercato di riparazione; sarà la prima stagione a concludersi con il tanto annunciato e incensato Mundial de Clubes che però al momento risulta ancora un oggetto misterioso, aspettando il quadro completo delle qualificate e la data del sorteggio della fase finale. Si prospetta quindi un’annata stracolma di partite, con tutte le incognite che tutto ciò comporta visto che prospettive e carichi di lavoro sono ben diversi rispetto all’annata del mondiale invernale in Qatar.
Eppure, l’Inter è sempre lì, sempre attesa al varco. Sempre data come la favorita numero uno, la squadra che dà sempre un giro di pista almeno a tutte le avversarie malgrado gli sforzi delle concorrenti per migliorarsi, più o meno riusciti quello lo scopriremo solo vivendo, perché gruppo consolidato, abituato a vincere e compagnia cantante. Al tempo stesso, però, abbondano come di consueto le proposizioni dubitative e avversative, i se e i ma che spaziano dall’effettiva profondità della rosa, alle vere o presunte volontà del tecnico su determinati giocatori, fino al sempre valido jolly che la proprietà non va bene perché non investe sul mercato o se lo fa, lo fa comunque nel modo sbagliato. Il tutto contornato da luoghi comuni di vario genere e numero. Il tutto alimentato anche dal persistente gruppetto di ansiosi da vittoria che vaticina su orizzonti cupi guardando solo i risultati di match a cui, con un buon esercizio di buonsenso, andrebbe solo attribuito il giusto peso specifico.
L’Inter, alla data di oggi, non è perfetta come si vorrebbe ed è sbagliatissimo pretendere che lo sia a metà agosto col caldo feroce che imperversa sulle nostre pelli. Non lo è per varie ragioni: per una preparazione complicata dal fatto di aver visto i due giocatori arrivati a giugno fermarsi pagando un lavoro che, per stessa ammissione diretta, è risultato loro inedito e decisamente dispendioso, anche se le ultime notizie in tal senso sono confortanti, e altri problemi si sono aggiunti successivamente a rendere la situazione a dir poco spinosa a un niente dall'inizio delle gare che contano. Non lo è perché ad oggi si ritrova a dover contare, per vari fattori, su gente che ufficialmente e platealmente non fa parte dei piani di Inzaghi e nulla può o riesce a fare per convincere tutti del contrario. Ma finché non si liberano certi posti è dura aspettarsi novità anche nonostante i nomi che continuano a circolare, e anche le strategie del club in questo momento appaiono più riflessive e conservative, anche nella ricerca dell’elemento da inserire in difesa visto che i tempi di recupero di Tajon Buchanan sembrano più brevi del previsto. Però in certi casi provare a ragionare sembra inutile, tutto sembra ricondotto a quell’ansia di dover vincere per forza che se nello sciagurato caso non riesci a portare a casa nulla dopo un ciclo di trofei vinti che dura ormai da quattro anni allora è subito mentalità perdente o banter era is coming.
Ieri si sono chiusi i Giochi Olimpici di Parigi, e si sono chiusi in gloria grazie alla medaglia d’oro della Nazionale femminile di pallavolo, che ha dominato in versione rullo compressore il proprio torneo rifilando in finale un 3-0 senza possibilità di replica agli Stati Uniti, trovando il primo alloro olimpico dopo anni di tentativi e bocconi amari. È stata la giornata in particolare di Julio Velasco, che ieri si è tolto dalle spalle un gorilla che persisteva da oltre 30 anni, quando con la Nazionale maschile della ‘Generazione di Fenomeni’ fallì clamorosamente l’appuntamento a Barcellona prima e Atlanta poi. Due delusioni raggelanti, davanti al cui ricordo però Velasco in questi giorni ha reagito da vero uomo di sport, mettendo all’indice l’attitudine anche giornalistica di pensare troppo a ciò che manca e a vedere sempre l’erba del vicino più verde, quando la legge di questo universo particolare e affascinante è molto semplice: si vince e si perde. E l’oro olimpico quando arriverà, arriverà: ieri è arrivato.
Parole assimilabili alla differenza tra sogno e ossessione posta da José Mourinho a proposito della Champions League, in un mondo come quello del calcio che Velasco stesso ha toccato con mano anni addietro lavorando proprio all’Inter e che in termini di ansia da risultati e prestazione paga uno iato decisamente più ampio rispetto a gran parte degli altri sport. E forse è per questo che la lezione di un professore come Velasco, visto anche il risultato, assume ancora più valore.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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