Lo vedi all’interno di una partita, stretto in una morsa, raddoppiato dagli avversari, soccombente in un paio di contrasti e pensi che non sia serata. Poi arriva una punizione, contro una squadra che non ha mai preso gol su calcio da fermo e vedi trovare lo spazio a questo magnifico esempio di attaccante che sfrutta il lavoro di Skriniar in area, trovando un pertugio dove colpire di testa e battere Berisha. Icardi ha dato un senso ad una partita rognosa, non molto diversa da quella col Torino, giocata con fastidio nella prima parte e con leggerezza nella seconda, grazie a due colpi di testa che hanno cambiato il format di una gara pericolosa.

L’Inter ha un plus valore che viene dal semplice assunto che quest’anno giocano tutti e undici. Nonostante il presidio sulle fasce sia discreto ma non eccellente (D’Ambrosio questa sera ha fatto tuttavia un gran secondo tempo), la mancanza di un fuoriclasse a centrocampo e una rosa numericamente limitata, Spalletti ha dato valore e ispessito il senso di squadra tradizionalmente assente in questi anni. Lo sforzo del suo storico team è stato prodigioso, nonostante si lavori con un materiale umano che non sempre rende come le aspettative renderebbero legittimo auspicare. 

Brozovic entra sempre ciondolando, la sua presenza scocciata sembra un riempitivo di una squadra che non ha bisogno di quell’aria mesta e annoiata. Stesso discorso per Joao Mario, entrato con la saudade portoghese, quasi a farci un favore. Diversa la questione per Dalbert, evidentemente non all’altezza del compito e considerabile oggi come un acquisto sbagliato, considerando che gli sono passati davanti giocatori come Nagatomo e Santon, ovvero gli esterni che erano stati considerati il simbolo della mediocrità in quel ruolo. 

La partita è stata vinta dall’organizzazione di gioco, miracolosamente apparsa in pochi mesi di lavoro, lavorando su un collettivo che ha imparato a conoscersi in fretta grazie anche ai pochissimi esperimenti e alla scelta di una squadra titolare che questa sera ha visto improvvisamente entrare in scena proprio Santon. Il “bambino” ha giocato una partitina ma almeno ha messo il becco dentro il campionato per 90 minuti e senza essere sostituito. 

Nel primo tempo l’Inter scopre che Fabbri vuole provare l’esperienza di un arbitraggio all’inglese, così lascia correre ogni cosa, non ammonisce, non fischia ma è presente. E’ un tipo di partita perfetta per le caratteristiche dei bergamaschi, meno per quelle dell’Inter che si adegua cavandone poco. L’Atalanta gioca bene, libera dalle fatiche fisiche e mentali di Europa League, preparata da Gasperini per ben due settimane, nel suo derby personale contro i nerazzurri. 

L’Inter si muove discretamente, le linee di gioco sono corrette, la squadra si aiuta e si vede il tentativo di fare gioco. Tuttavia ogni zona del campo è intasata da un asfissiante pressing che impedisce qualsivoglia giocata. Bella tatticamente ma poche occasioni, una di Hateboer ben parata da Handanovic, l’altra per Icardi ottimamente imbeccato da Borja Valero. Possibile rigore in area atalantina ma trattenuta non abbastanza plateale per un arbitraggio che per fischiare vuole qualcosa di più massiccio. Manca un giocatore di rottura, capace di scardinare il piano tattico degli avversari. 

Nel secondo tempo arrivano i gol nel giro di dieci minuti e la mezzora che resta da giocare l’Atalanta la passa a tentare di rientrare in partita con un gol che in almeno due occasioni rischia di arrivare davvero. Nel primo caso Gomez grazia l’Inter, prima del raddoppio, con un tiro da buona posizione sparacchiato alto sopra la traversa, nel secondo Handanovic e la difesa sventano a fatica il gol che avrebbe portato in sofferenza il match fino al termine.

Il finale è dolcissimo e rischia di arrivare pure il terzo. Ora l’Inter è al secondo posto, ha operato il controsorpasso sulla Juve e a molti tifosi l’idea di poter lottare per lo scudetto non appare tanto sconsiderata. Mettiamola così: è giusto che l’Inter creda di potersela giocare, molto meno crollare qualora si accorgesse che non si può fare, in corso d’opera. 
L’anno scorso dopo il 7-1 rifilato all’Atalanta il mondo del calcio celebrava l’Inter come una squadra che poteva arrivare al quarto posto. Bastò il pari col Torino per disintegrare le aspettative di alcuni giocatori e dilaniare il resto della stagione. 

Oggi, a differenza delle ultime stagioni, la stabilità della dirigenza e il peso del tecnico stanno facendo un'enorme differenza. Siamo ad un terzo del campionato e va tutto bene, a patto che i ragazzi che indossano il nerazzurro rimangano uomini fino alla fine.

Amala

Sezione: Editoriale / Data: Lun 20 novembre 2017 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
vedi letture
Print