“Ho sempre detto che un giorno allenerò l'Inter, la considero un'opzione. Ma hanno un allenatore che sta facendo molto bene e io sto vivendo un momento straordinario all'Atletico. Succederà quando dovrà succedere". Cholismo linguistico allo stato puro. Non usa mezzi termini Diego Pablo Simeone quando parla del suo futuro all’Inter, come se fosse già scritto nelle stelle che un giorno ne sarà allenatore. Non sembra neanche un banale auspicio, di quelli sfoderati dal tecnico emergente di turno che sogna una panchina così ingombrante e affascinante. Qui siamo di fronte a una semi-certezza che deriva da chissà dove. Diciamo la verità, il flirt tra Simeone e l’Inter dura da anni, e prima di Luciano Spalletti l’argentino era assai sponsorizzato da Javier Zanetti, di cui è amico. Chimica tutta argentina, che all’Inter ha sempre attecchito.
La storia però si è sviluppata diversamente, e oggi sulla centrifuga nerazzurra siede Luciano da Certaldo, che si è guadagnato il rinnovo contrattuale fino al 2021 per la capacità di estrarre una serie di conigli dal cilindro fino al colpo di testa di Matias Vecino. Ogni tanto la mente vaga alla scorsa stagione. Considerando che l’Inter ha ottenuto il quarto posto con un attaccante da 29 gol, coadiuvato da un esterno croato assentatosi per un paio di mesi, da un esterno italiano con zero reti all’attivo e da un centrocampo che in totale ha raggranellato la bellezza di undici centri (uno in meno del solo Sergej Milinkovic-Savic della rivale Lazio, tanto per intenderci), definirla un’impresa appare riduttivo. Eppure Spalletti, pur senza il materiale umano atteso la scorsa estate, ce l’ha fatta. Tra sei giorni l’Inter ospiterà il Totttenham in un Meazza sold out grazie al lavoro suo e del suo staff. Sarebbe ingeneroso sminuirlo. Per questo il rinnovo è più che giustificato, anche solo per il fatto che un progetto a lungo termine prevede anche contratti di lunga durata soprattutto per chi ne ha la responsabilità tecnica. Vero che in questo avvio di stagione qualcosa non ha funzionato e lo stesso Luciano da Certaldo ha faticato a leggere certe situazioni. Ma francamente è ancora presto per valutarne l’operato e ipotizzare scenari futuri, un po’ come ha fatto lo stesso Simeone.
Mai come oggi, la panchina dell’Inter è ambita. Per chi osserva dall’esterno c’è la profumata sensazione di progettualità vincente, una proprietà che sta lavorando bene e una squadra che stagione dopo stagione ha intenzione di rinforzarsi, di migliorare e di restare nel giro che conta. Qualunque allenatore accetterebbe di buon grado questa centrifuga. E sotto questo aspetto, oltre ai normali e preventivabili ostacoli nella (ri)costruzione della squadra, Spalletti deve forzatamente isolare sé stesso e il suo gruppo dalle voci catastrofiste che ipotizzano cambiamenti di rotta qualora l’Inter non tornasse rapidamente sulla strada maestra. In particolare lo sport preferito dai club italiani, il cambio dell’allenatore, ha già iniziato a permeare le menti di chi si occupa della materia nerazzurra. E le candidature al trono del mister toscano mai come oggi sono particolarmente ingombranti.
Oltre al già citato Simeone, che ha rinviato alla fine del biennio un’eventuale approdo a Milano, il pensiero va inevitabilmente a due allenatore che, per una ragione o per l’altra, avrebbero le carte giuste per sedere su questa panchina. In primis Antonio Conte, che i ben informati davano in pole position per guidare l’Inter la scorsa stagione (molto gradito a Suning), prima che il tecnico pugliese optasse (erroneamente) per una permanenza a Londra. Il suo status di disoccupato (lautamente tutt’ora stipendiato dal Chelsea) è un’incognita non da poco. Poi c’è lui, il Vate di Setubal, sul quale è prepotente l’ombra di Zinedine Zidane. José Mourinho non sta vivendo un’esperienza esaltante a Manchester e nella patria dei bookies si scommette sul suo esonero qualora il trend altalenante non mutasse. Difficile prevedere le conseguenze di un eventuale licenziamento del portoghese anche in ottica Inter.
Chi conosce l’andamento dei media italiani, sa perfettamente a cosa mi riferisco. Potrebbero bastare anche solo un paio di risultati negativi per dar vita al tourbillon di voci incontrastate che mettano a forte rischio la permanenza di Spalletti e candidino profili così importanti alla sua sostituzione. Conoscendo il virus, basta vaccinarsi in tempo e concentrarsi su ciò che è reale e non su ciò che potrebbe essere. Luciano è l’allenatore dell’Inter, si è meritato il rinnovo fino al 2021 e guiderà la squadra nella Champions League che lui stesso ha contribuito a riconquistare. Il resto sono solo chiacchiere da bar. Potrebbero arrivare altri periodi complessi, ma il tecnico e il suo staff hanno dimostrato di saperne uscire da soli. E rispetto alla scorsa stagione le opzioni a disposizione per farlo con un certo ottimismo non mancherebbero.
Sabato al Meazza arriverà il Parma, serve un’altra vittoria per dare continuità al 3-0 di Bologna. Mancheranno probabilmente Lautaro Martinez e Sime Vrsaljko (che sfiga...), mentre Mauro Icardi arriverà con poco riposo dalla trasferta americana con la Nazionale argentina. Per contro, c’è un Keita Baldé che scalpita, un Ivan Perisic che sta platealmente evolvendo, un Radja Nainggolan finalmente ritrovato e un Matteo Politano sempre più utile alla causa. Basteranno queste alternative? Il calcio non è scienza esatta, quindi non esiste una risposta diversa da quella del campo. Però quant’è piacevole poter scegliere considerando la penuria di pochi mesi fa? Lasciamo lavorare Spalletti, e gli avvoltoi sopra la sua testa spariranno un po’ alla volta. Il vaccino, come sempre, sono la fiducia e la vittoria. La prima l'ha confermata la proprietà. La seconda arriverà.
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Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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