C’è un mondo sommerso sotto il calciomercato, un’Atlantide in vita che costruisce i fatti di cui si parla in superficie e questo luogo è inaccessibile, nonostante sfugga qualche pettegolezzo spesso senza conferma.
Là sotto si sta giocando una battaglia feroce tra Paratici e Marotta, tra l’Inter che cerca spazio e la Juventus che cerca di chiudere ogni boccaporto per impedire ai rivali di crescere e magari rompere il giocattolo.
La guerra che il dirigente sta facendo all’Inter è tanto plateale quanto personale verso Marotta. La Juventus ha costruito le sue fortune approfittando del momento storico drammatico di Inter e Milan, ha rifondato giusto prima che il fair play finanziario ponesse in atto la sua politica (2010), ha fatto uno stadio con la disponibilità del comune triplicando i suoi ricavi, mentre a Milano non si è riusciti ad avere lo stesso tipo di appoggio.
Il divario è aumentato in Italia e in Europa in modo quasi siderale, troppa distanza tra poche squadre “elette” e tutte le altre, garantito dalla stessa Uefa che ha polarizzato il potere economico di pochi club tra cui la Juventus, penalizzando le squadre che volevano emergere, quelle con problemi di bilancio e intervenendo con un buffetto verso Paris SG e City. Anche qui per motivazioni politiche.
Bravi a Torino ad approfittare della congiuntura favorevole ma a questo si lega anche la spiacevole abitudine di mettere la testa sott’acqua ai club (Roma e Napoli) che in questi anni potevano rappresentare un pericolo. Ora tocca all’Inter essere affrontata con ancora più energia, seminando dubbi sulle logiche che impediscono alla società di completare il mercato.
L'Inter a inizio luglio era in vantaggio per l’acquisizione di Lukaku. La cifra proposta dal Manchester Utd era alta ma c’era fiducia nella possibilità di ridurla. La trattativa però andava per le lunghe e nel frattempo la Juventus iniziava la battaglia contro l’Inter facendo uno scambio apparentemente innocuo come quello tra Spinazzola e Pellegrini, con la Roma. Lo scambio serviva a far fare ai giallorossi la plusvalenza necessaria a fine giugno e permetterle di resistere all’Inter che, con 12 milioni, sembrava in grado di portare a casa Edin Dzeko. La Roma così dal primo luglio iniziava a fare resistenza, facendo il gioco della Juventus e l’Inter scopriva l’asse Torino-Roma.
Passata la metà di luglio la società bianconera si è intromessa nella lotta per ottenere Lukaku, forte del gradimento di Sarri e di un parco giocatori (Dybala, Mandzukic) che potevano interessare agli inglesi. Senza contare la disponibilità economica superiore.
Juve in vantaggio, fino a quando Dybala non ha rifiutato lo scambio e l’Inter è tornata in corsa.
Su Dzeko la Roma è rimasta irremovibile, mostrando l’intenzione di non cedere il bosniaco all’Inter, fino a quando non troverà il sostituto, che sarebbe Higuain. La Juventus ovviamente trattiene il giocatore fino all’ultimo, per impedire ai giallorossi di ottenere il rimpiazzo e cedere ai nerazzurri un giocatore prezioso in attacco, con l’intenzione di far sfumare definitivamente l’operazione.
Paratici avrebbe persino parlato con Icardi mesi fa ma non c’è un riscontro certo. Resta il fatto che nelle ultime ore si sta concretizzando la cessione di Eriksen dal Tottenham al Manchester Utd (e il possibile arrivo di Dybala agli Spurs?).
A prescindere dall’esito di questo calciomercato ci siamo accorti tutti quanta politica sta dietro la costruzione di una squadra e l’esito di una stagione. Marotta, come Allodi, ha il compito di costruire quel tipo di anima, ripudiata dalla cultura interista, che permetta di intrecciare rapporti, stringere patti e contare nelle stanze più influenti.
L’Inter negli anni ha maldestramente tentato di entrare in questa dimensione, senza troppa convinzione e, forse, con un po' di snobismo. Legittimo ma penalizzante.
Oggi certe situazioni, alla luce di questa guerra sul mercato, dichiarata implicitamente dalla Juventus, sono più comprensibili, anche se non cancellano le perplessità su Nainggolan regalato al Cagliari e alcune dichiarazioni fin troppo esplicite.
Ancora non credo in una Juventus che attacca brighe con l’Inter perché sua rivale storica ma dall’altra parte non si può ignorare che la società bianconera prosegue senza sosta a collezionare ricorsi (alla faccia di chi parlava di pace) per ottenere la revoca dello scudetto 2006 all’Inter, fallendo ogni volta. Un atteggiamento tutt’altro che distensivo e che mostra come la determinazione sia animata anche da una motivazione estranea al percorso sportivo. È ora che anche l’Inter mostri la faccia cattiva, la prossima volta per prima.

Amala.

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Sezione: Editoriale / Data: Mer 07 agosto 2019 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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