Ci sarebbe da pensare alla partita di questa sera, all’arrivo a San Siro di un Cagliari che nonostante alcune assenze pesanti è ancora lì, in piena caccia di punti per la salvezza e di certo non sarà a Milano a recitare il ruolo da sparring partner; anche se ormai la macchina dell’Inter di Simone Inzaghi è un meccanismo perfettamente oliato e soprattutto decisamente lanciato verso il traguardo finale della seconda stella, che al di là delle scaramanzie che però il gruppo sembra sempre più allontanare è ormai praticamente a portata di mano. E con la Juventus che ha completato il processo di autoeliminazione dalla corsa ieri pareggiando il derby col Torino, non rimane soltanto che un ultimo ostacolo a tinte rossonere prima che anche l’aritmetica certifichi la conquista della seconda stella. Con quel sottile retrogusto di completare l’opera proprio alla faccia loro, in casa loro, fra otto giorni. Ecco, ci sarebbe da pensare a tutto questo, e invece…
Forse era inevitabile, visto che ormai manca un mese e sette giorni a quella data segnata da tempo in rosso sui calendari di molti interisti, di tanti commercialisti reali o a volte improvvisati, e volendo anche di qualche buontempone per non dire di veri e propri gufi: si avvicina inesorabile la data del 20 maggio, quella che equivale alla scadenza del prestito stipulato anni addietro da Steven Zhang col fondo statunitense Oaktree, quella somma multimilionaria per la quale è in dirittura d’arrivo il termine ultimo per il rientro di quanto pattuito a fronte dell’escussione del pegno previsto al momento della firma, vale a dire la presa del pacchetto di maggioranza dell’Inter, da parte del suddetto fondo. In queste settimane si è sentito davvero di tutto, con indicazioni che nel giro anche di pochi giorni prendevano strade diametralmente opposte: dalla volontà di rifinanziare il prestito, all’impossibilità di farlo, al rilancio della propria volontà di tenersi l’Inter all’impossibilità di poterlo fare. Insomma, i giorni passano, l’apprensione per capire come finirà sale, ma la nebbia appare ancora molto fitta dalle parti di Viale della Liberazione a dispetto dell’esplosione della primavera con bagliori simil estivi su tutta Italia.
Altro giro, altra corsa. E secondo alcune profezie, potrebbe essere l’ultima per Steven Zhang, il rampollo della famiglia titolare di Suning.com sempre più martoriato dai rumors, dalle voci, alcune delle quali non esattamente amichevoli, sul suo conto. E che alle soddisfazioni che comunque si sta godendo per un’Inter che continua a sciorinare bel gioco ma soprattutto a incamerare trofei e anche a mettere insieme dei numeri importanti anche economicamente parlando, fanno da contraltare le ‘peripezie’ personali che lo vedono alle prese con alcune grane personali (che, val bene la pena ricordarlo, riguardano prettamente lui e non hanno riflessi diretti sul club) tra Nanchino, New York e Milano. Di certo, non una situazione simpatica per lui, che però, pur restando lontano da mesi dall’Italia, dà comunque indizi importanti circa la sua volontà di mantenere la barra dritta e soprattutto la capacità di tenere i nervi ben saldi.
La dimostrazione più lampante è arrivata probabilmente nelle ultime ore, quando è deflagrata per mezzo di alcuni quotidiani (particolare non da poco, tutti di stampo generalista, questa volta l’onda non ha coinvolto la stampa sportiva) la notizia che ha fatto ballare un po’ tutto l’ambiente nerazzurro: è tornata a stagliarsi all’orizzonte l’ombra dei sauditi. Questa volta, non nelle vesti del fondo PIF, sul quale nei mesi scorsi in tanti hanno favoleggiato, vaticinato, in sostanza straparlato; questa volta, in ballo ci sarebbe direttamente la famiglia Al Saud, i regnanti del Paese che ha lanciato un progetto a lunghissimo termine di investimenti multimilionari nel mondo del pallone; magari non per rappresentanza diretta ma attraverso figure a essa legate, pronte a effettuare la due diligence sulla situazione finanziaria del club nerazzurro per poi magari farsi ufficialmente avanti.
La classica bomba, rilanciata da più voci all’unisono e impossibile pertanto da ignorare. Una situazione che, tra chi sogna e chi storce il naso, indubbiamente coinvolge e fa riflettere tutti. L’Inter che entra nel cosmo degli investimenti arabi fa istintivamente pensare a fiumi di denaro scroscianti, a grandi potenziamenti delle infrastrutture ma soprattutto a nuovi campioni e nuovi trionfi in arrivo. Anche se poi bisogna sempre fare i conti con la realtà, che non è solo quella di regole da tenere sotto controllo e burocrazia disarmante, ma anche quella di una proprietà attuale che non intende mollare l’osso tanto facilmente.
Steven Zhang ha le idee ben chiare: la sua volontà nemmeno tanto latente è quella di rimanere ancora in sella all’Inter, che tante gioie gli sta comunque regalando e che vuole continuare a far luccicare. E la sua priorità è quella di cercare una strada buona per ottenere il fatidico riscadenziamento (termine cacofonico, va detto) del prestito, sia questo con Oaktree o con un altro fondo proveniente sempre dalla sfera anglosassone, come trapelato nel tardo pomeriggio di ieri. Una mossa che, viste le difficoltà nelle quali l’Inter si è mossa a livello di mercato negli ultimi anni, può trovare discordi in parecchi. Ma se alla fine Zhang dovrà scendere comunque dalla giostra, allora il suo obiettivo è quello di farlo ottenendo il massimo possibile, per sé ma anche per la società: sia che tocchi a lui a trattare direttamente la cessione con gli altri acquirenti, sia che l’onere spetti a Oaktree previo pagamento di 200 milioni che rappresenterebbero comunque una buonuscita mica male.
“Sono questioni sopra le nostre teste”, ha ripetuto spesso Beppe Marotta in queste settimane quando è stato interpellato sulle vicende relative alla proprietà. Niente di più vero: lui ha avuto piena delega della gestione dell’area sportiva e ha condotto al meglio questo lavoro, è innegabile. Ed è giusto che la questione più grande venga orchestrata da chi ha la carica per farlo, affinché possa districarsi in questo che comunque ai più appare a tutt’oggi un ginepraio, verrebbe da dire una partita al famoso gioco da tavolo di contrattazioni finanziare coi segnalini curiosi e un simpatico omino coi baffi bianchi come simbolo.
Con la certezza che qui non si tratta di comprare il Vicolo Corto o il Parco della Vittoria, ma qualcosa di ben più sostanzioso e oneroso. Ma bisogna essere certi anche che alla fine, qualunque cosa accada, tutto avverrà nel nome del bene e della garanzia di un futuro migliore per l’Inter.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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