“Mi dispiace, ripassi alla prossima sessione”. Se non tutti, almeno la stragrande maggioranza degli universitari si è ritrovato a fare i conti con questa sentenza al momento di dare un esame. E bene o male, questa è stata la sentenza piovuta domenica sera al termine della partita contro la Roma sulla testa di Stefano Pioli. Con una sottile differenza: uno studente universitario, bene o male, ha il tempo dalla sua per rimediare alla giornata storta e superare l’ostacolo al nuovo tentativo, un tecnico di calcio non ha mai grandissime prospettive future. E soprattutto, si presume che un esame fondamentale nel percorso universitario vada preparato nella miglior maniera possibile, e questo domenica Pioli non l’ha fatto, e per lui rappresenta un’aggravante visto che anche nei precedenti test di alto livello alla fine era uscito con un pugno di mosche in mano.
L’Inter di Pioli aveva perso malamente a Napoli, ma lì ci potevano stare tutti gli alibi del caso visto che comunque la squadra era nelle sue mani da troppi pochi giorni e comunque dopo quella sconfitta sarebbe partito il filotto di risultati positivi che ha rilanciato l’Inter in classifica; è uscita sconfitta dalla sfida di Torino contro la Juventus ma lì forse l’esito negativo ha fatto meno male, anche al di là delle polemiche infernali nate intorno all’arbitraggio di Nicola Rizzoli, perché comunque la squadra aveva dato qualche segnale positivo, e di certo aveva bruciato di più l’eliminazione patita qualche giorno prima in Coppa Italia in casa contro la Lazio, che ha visto sfumare l’unica opportunità concreta di alzare un trofeo a fine stagione. Ma la batosta di domenica è durissima da digerire, sotto diversi aspetti.
Siccome sembra fare molto glamour la citazione continua della canzone che ha conquistato l’ultimo recente Festival di Sanremo (che per inciso io adoro, giusto per chiarire), si può dire che l’evoluzione dell’Inter è inciampata, e lo ha fatto anche in malo modo. In quella che già alla vigilia era dipinta come la sfida cruciale per riaprire in maniera ufficiale il discorso terzo posto, specie dopo il clamoroso regalo dell’Atalanta che è andata ad espugnare il campo del Napoli, in una gara nella quale il pubblico ha risposto come sempre alla grande agli inviti a riempire San Siro, l’Inter ha compiuto un balzo all’indietro davvero pericoloso quasi sotto ogni aspetto. Pioli ha deciso di schierare tutta la qualità individuale a sua disposizione con l’idea, rimasta tale, di andare subito ad aggredire l’avversario in stile settimo cavalleggeri. Ma sul campo è venuta fuori solo un’Inter scollata, senza capo né coda, il cui piano è stato immediatamente scompaginato dalla sagacia tattica di Luciano Spalletti, bravo a coprire bene le zone nevralgiche del campo e usare bene i suoi uomini per andare a colmare gli spazi lasciati pericolosamente aperti dagli avversari sbilanciati ma al tempo stesso impauriti.
Il resto si è visto subito dopo, e per buona parte dell'incontro: Juan si regalava un figurone anestetizzando Antonio Candreva, le scivolate di Danilo D’Ambrosio finivano col lasciare gli altri due difensori in balia delle folate centrali, Ivan Perisic, al di là della clamorosa sciocchezza che gli è costata un’ammonizione inutile, da esterno a tutto tondo di sinistra non sembrava capirci molto. Mentre Geoffrey Kondogbia e Roberto Gagliardini, non supportati dagli anonimi Marcelo Brozovic e Joao Mario, venivano lasciati costantemente in balia delle ondate giallorosse, col primo che, pur tra i meno peggio, recuperava tanti palloni ma al tempo stesso se ne faceva sottrarre parecchi con una banalità imbarazzante, mentre il secondo ha avuto l’ingrato compito di guardare Radja Nainggolan scagliare la saetta del primo gol, tralasciando il secondo sul quale la partenza dell’azione genera più di un dubbio. L'Inter ha provato a fare qualcosa, sì, ma usando più l'istinto che la razionalità, e l'illusione della rimonta clamorosa è durata davvero poco, il tempo di un nuovo rigore a favore dei capitolini. Giustissima comunque l’osservazione di chi ha proposto i due centrocampisti come alfieri della situazione attuale delle due squadre: Inter in divenire simboleggiata dalle enormi potenzialità di Gagliardini, giocatore forte di fisico e anche di testa che però è solo prossimo al salto tra i giocatori di primissimo livello, Roma matura e collaudata che viaggia anche sulle intuizioni di colui che per due volte è stato vicino all’Inter, e a ripensarci non possono non venire i mal di pancia.
Tralasciando volutamente le tesi del partito oltranzista della polemica arbitrale, legittime finché si vuole visti gli errori grossolani di Paolo Tagliavento, e invitando cordialmente le cassandre spuntate dal nulla dopo chissà quanto tempo per il solo gusto di sottolineare solo dopo una sconfitta del genere che l’Inter ha preso l’ennesimo allenatore non da lui, qui si vuol dire che la gara di domenica è stata preparata male e si è sviluppata peggio, ma ciò non vuol dire buttare il bambino insieme all’acqua sporca: perché si può anche favoleggiare sul calendario soft e sulla qualità media della Serie A, ma nessuno può negare il fatto che Pioli abbia ridato all’Inter certezze e fiducia per intraprendere un cammino che sembrava impensabile nemmeno fino a qualche mese fa. Ma il vedere l’Inter cadere costantemente quando invece servirebbe trovare la zampata decisiva non fa bene. Soprattutto al tecnico, per il quale le ombre si fanno più minacciose, specie quelle provenienti da Londra, e il terzo posto diventa condizione necessaria e forse non sufficiente per la sua riconferma.
Quel terzo posto che dista sei punti ma soprattutto due squadre, visto che Atalanta e Lazio si sono mese nuovamente in mezzo e alla fine del campionato manca una giornata in meno, e fra due domeniche ci sarà un nuovo scontro diretto contro la sorprendente Atalanta, altra gara da non fallire assolutamente. Anche se rimangono da capire l’impatto psicologico che avrà questa sconfitta e soprattutto l’effettiva volontà di credere ancora alla rimonta Champions per quest’anno o magari acquietarsi ed attendere l’anno nuovo, l’anno uno di Suning, quello dei grandissimi investimenti e dell’Inter che tornerà ad essere una delle principali pretendenti per il titolo. Insomma, si ripropone il discorso del meglio l’uovo del preliminare di Champions oggi o della gallina della promessa di una nuova grande Inter domani.
E se l’ovetto oggi potrebbe avere un potere corroborante visto che l’arrivo nel massimo torneo per club potrebbe dare ulteriore linfa agli investimenti della proprietà nerazzurra, la gallina domani promette di essere già bella carnosa viste le idee provenienti da Nanchino. L’Inter tornerà grande, è opinione comune e pensiero che pare essere supportato dai fatti. Ma c’è ancora una stagione da concludere, con obiettivi che ancora non sono preclusi anche se con meno giornate a disposizione. Perché mollare tutto adesso vorrebbe dire non dare a questa gallina dalle uova d'oro le condizioni giuste per crescere sana e forte, al di là di chi sarà il suo allenatore, ops, allevatore...
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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