"Non dobbiamo farci distrarre dalle chiacchiere esterne". È una delle tante frasi pronunciate ieri da Massimiliano Allegri durante la conferenza stampa della vigilia del derby d'Italia. E per una volta chi scrive è d'accordo con l'allenatore bianconero. Quelle dette e ridette difatti non sono altro che chiacchiere. Un'abbondanza di chiacchiere, e non di certo per via del periodo dell'anno. Ancora una volta, l'ennesima della stagione, il tecnico livornese si diletta a giocare la sua personale partita fuori dal campo, nella fattispecie quella in sala stampa, dove ancora una volta ha propinato la storiella della Champions come obiettivo stagionale. Storiella che avrebbe la sua credibilità se lo stemma cucito sulla giacca non fosse quello della J stilizzata in bianco e in nero che rappresenta a rigor di logica il club più titolato d'Italia, e una delle società più potenti del panorama calcistico nazionale e non solo. Al netto del piazzamento dello scorso anno, di cui va ricordato l'handicap della penalizzazione, delle difficoltà extracampo, delle pesanti defezioni di Fagioli e Pogba, e di un gioco che lascia a desiderare, parlare a febbraio, a -1 dalla capolista, della Juventus come di un'outsider qualunque che vive il sogno scudetto con la leggerezza d'animo di chi non ha nulla da perdere è ridicolo e un tantino persino irrispettoso nei confronti del nome che si rappresenta.
Una strategia comunicativa che trovava giustificazione, forse, fino alla gara d'andata, quando le giornate da disputare erano quasi il doppio d'adesso e i tentativi di mettere pressione ad un avversario pieno d'impegni e rogne trovavano la loro ragione proprio nella speranza di veder incespicare la squadra di Inzaghi così da poterne approfittare sferrando il colpo e guadagnare tempo e spazio in classifica. Tentativi però rivelatisi un tantino vani, persino con la complicità di un calendario fitto di giorni in rosso che hanno costretto l'Inter a presentarsi al derby d'Italia con una partita in meno. Da quel 26 novembre, quando Inter e Juventus uscirono alla pari dallo scontro dell'Allianz Stadium, ad oggi però poco è cambiato nella testa dei nerazzurri, a differenza di quanto avvenuto in quella dei bianconeri che proprio da quel primo derby d'Italia stagionale ne erano usciti rinforzati quantomeno per consapevolezze e autostima, ulteriormente cresciute nei mesi conditi da risultati e crescita costante che hanno fatto della squadra di Allegri la più indicata per tentare il ridimensionamento dei milanesi, sottraendo sempre di più forza e credibilità al flebile fine comunicativo del tecnico bianconero. Sedici vittorie, una sconfitta, cinque pareggi e un totale di 53 punti, aggiunte a nomi e ingaggi di un certo peso (quelli di Allegri in primis) rispetto ai diciassette successi, un ko, tre pari e un totale di 54 punti (e una partita in meno) dell'Inter che rispetto ai rivali conta persino 2,8 milioni di euro in meno di monte ingaggi. Senza contare che l'uomo vetrina per eccellenza dei primi vanta l'ingaggio più alto della rosa, ovvero 9,5 mln, mentre l'uomo trascinatore dei secondi (ma non in classifica), con i suoi 19 scores su 19 partite solo in Serie A e 6 milioni netti all'anno, non è neppure tra i più onerosi per il portafogli di Steven Zhang: 77,3 milioni di euro di monte ingaggi della Juventus contro i 74,5 dell'Inter.
Se è vero che i titoli non si vincono con gli ingaggi, altrettanto vero è che si vincono con le rose ben assortite, dunque sì, anche con gli ingaggi. Motivo per il quale, per dirla alla Sacchi, anche sotto questo punto di vista la credibilità della favoletta dell'outsider dalle aspettative leggere viene messa parecchio in discussione. "Domani sarà una meravigliosa partita, sappiamo della forza dell’Inter. È una tappa, noi dobbiamo fare ancora molti punti per il nostro obiettivo che è la Champions". E ancora: "Noi dobbiamo fare i punti per arrivare in Champions che è il nostro obiettivo stagionale". "Noi abbiamo grande rispetto dell'Inter perché è la squadra più forte del campionato e favorita per lo scudetto" e blablablabla ripetuto enne volte fino allo sfinimento. Grandi giri di parole e malcelata umiltà alla quale fanno da contraltare le più sincere dichiarazioni di Simone Inzaghi che dalla sala stampa del Suning Training Centre sul 'gioco a nascondino' in merito al discorso scudetto, ammette: "Se sento l'obbligo di vincere questa partita? Quello è l'obiettivo, tutte le gare si giocano al meglio. Non mi interessa quel che dicono o fanno gli altri. So qual è il nostro percorso e che abbiamo delle responsabilità. Non ci nascondiamo. Dico solo che cercheremo di fare più partite possibili. Siamo stati bravi in Supercoppa, purtroppo in Coppa Italia siamo usciti. Cercheremo di fare il meglio in campionato e Champions".
Parole da leader dalle spalle larghe che non ha nulla da temere: né l'eventuale sconfitta, che brucerebbe tantissimo e non solo per la classifica e la corsa scudetto, ma anche per i probabili massacro e pioggia di m***a che pioverebbero sulla squadra. Un approccio alla partita che parte proprio dalla sala stampa della Pinetina che la dice lunga sulla differenza tra una e l'altra squadra: da un lato la sfrontatezza, il coraggio, la responsabilità di 3-5-2 che gioca per attaccare e vincere come il dio del calcio predica, dall'altro il conservatorismo di un 3-5-2 che fa del 'camping' da video game la sua strategia migliore.
A voi quindi Inter-Juve... Basta la parola!
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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