Diego Godin è uno dei migliori centrali di difesa al mondo. Questa premessa è necessaria per introdurre in casa Inter un giocatore che non ha bisogno di molte presentazione visto che le tappe della sua carriera parlano per sé, ma forse l’ennesimo, ottimo video presentazione che Inter Media House ha sfornato in occasione dell’annuncio di Godin può aiutarci a capire meglio chi è il Faraone, il baluardo che per dieci anni ha rappresentato lo spirito guerriero dell’Atletico Madrid.
GARRA CHARRUA - Immancabile, si è ripresentata dopo le meraviglie di Vecino, la parola simbolo della prima scampagnata europea dell’Inter targata Suning. E per quanto sia stata abusata, non esiste modo migliore per descrivere il modo di giocare di Godin, attento ed equilibrato: stiamo parlando di un difensore di 187 cm che - a trentatré anni - ha scollinato il prime fisico, sostituito definitivamente da un’intelligenza applicata alla tattica da fuoriclasse. Godin non è mai stato un centrale veloce, ma ha giocato d’anticipo, leggendo situazioni e prevenendo i pericoli. L’uno contro uno in campo aperto non è il suo forte, ma le sue doti di leader vocale e di lettura hanno guidato la difesa dell’Atletico a essere una delle migliori e più organizzate degli ultimi dieci anni.
IL MATE - Il mate, come abbiamo imparato negli anni grazie alle tradizioni dell’ala sudamericana dello spogliatoio interista, è una tradizione cui non ci si può sottrarre. L’Uruguay non fa eccezione e nel suo essere classico, trasporta anche una delle caratteristiche che più hanno fatto innamorare di Diego Godin: il suo modo di giocare non è semplicemente dettato dal calcio moderno, fatto di ritmo e di spazi divisi geometricamente. Il calcio di Godin ha quell’anima di un altro tempo, della tradizione di centromediani uruguagi: dal leggendario Obdulio Varela, capitano della Nazionale che sconfisse il Brasile nel 1950, ai giorni nostri, la storia dell’Uruguay è contraddistinta da marcatori fenomenali in grado di non dar respiro agli avversari. Allo stesso modo, Godin nasce grazie a questa sua dote di rimanere appiccicato al puntero, per poi evolversi in un condottiero a tutto campo. In molte occasioni si è visto Godin prendere il pallone e condurlo oltre il cerchio di centrocampo, per dar fiato alla squadra e permettere di alzare il baricentro. Queste sue capacità, abbinate a quelle di Skriniar e de Vrij, danno una quantità infinita di soluzioni per l’uscita bassa che Conte potrà sfruttare per scardinare le difese delle squadre che si arroccheranno per strappare punti, soprattutto a San Siro.
IL MARACANAZO - Alcides Ghiggia, l’eroe che segnò il gol che definitivamente ha ribaltato la storia del Brasile nel 1950, disse: “Solo tre persone sono riuscire a zittire il Maracanà con un gesto: Giovanni Paolo II, Frank Sinatra e io”. Al di là delle leggende e dell’immancabile nostalgia del calcio che fu, non è un caso che sia stata la nazionale dell’Uruguay a scrivere una delle pagine più storiche del calcio mondiale. È come se alcuni giocatori avessero un chip nel cervello per recepire il senso del dramma di una partita di pallone, una sensazione di onnipotenza che scatta quando la partita si fa importante: anche in questo caso, Diego Godin è un emblema di quest’attitudine visto che la sua carriera è segnata da reti importantissime. Nel 2014, ha regalato la Liga all’Atletico grazie a un colpo di testa al Camp Nou, con cui ha impattato la partita sull’uno a uno e ha permesso alla squadra di Simeone di mantenere il vantaggio sulle inseguitrici invariato. Nell’ultimo mondiale giocato dall’Italia, la squadra di Prandelli e l’Uruguay erano nel girone D e arrivarono a giocarsi all’ultima partita l’accesso agli ottavi di finale, entrambe sconfitte in precedenza dalla Costa Rica di Keylor Navas: la partita finì 1-0 e segnò, su calcio d’angolo… Godìn. L’anno successivo, un suo colpo di testa stava per regalare la prima storica Champions League all’Atleti contro i rivali del Real Madrid, prima che Sergio Ramos si inerpicasse in cielo al 90’ e trascinasse la gara ai rigori, dove poi Godin e compagni capitombolarono. Insomma, sul dizionario uruguaiano, alla voce destino, è probabile che se controllate bene troviate anche un riferimento al nuovo numero 2 interista.
CON CONTE - A trentatré anni, Godin deve essere messo nelle condizioni ideali per rendere al meglio. Conte verosimilmente porterà a Milano un doppio modulo su cui lavorare: il 3-5-2 e il 4-3-3. Nella difesa a tre, Godin ha giocato poco. Tabarez nell’Uruguay e il Cholo Simeone hanno sempre preferito schierarsi a quattro dietro e - in linea del tutto teorica - una difesa formata da Skriniar, Godin e de Vrij sembra un po’ troppo farraginosa per il gioco di Conte. Il che non vuol dire che non si farà un tentativo, anzi. Stiamo parlando di tre dei migliori 20 centrali al mondo, il che vuol dire che sarà tutta una questione di meccanismi e fluidità di pensiero. Certo è che Godin quest’anno ha iniziato a dare i primi segni d’usura, soprattutto nella prima parte di stagione dove ha giocato meno rispetto agli anni passati: è plausibile pensare a un D’Ambrosio usato come terzo centrale, così come anche Bastoni - che ha annunciato che farà parte della spedizione a Lugano - potrà giocarsi le sue chance. Il tutto senza sapere cosa ne sarà di Miranda che è sempre stato dato per partente ma con la difesa a tre potrebbe decidere di rimanere un altro anno. In tutto ciò, anche Ranocchia - vecchia conoscenza di Conte ai tempi del Bari - vorrà provare a ritagliarsi il suo spazio. Quel che è certo è che l’Inter aggiunge alla seconda miglior difesa del campionato di Serie A Diego Godin, il nuovo sceriffo di Milano.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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