Ricomincia il balletto del calciomercato. L’inossidabile fiera dove si compra e si vende, in versione invernale; quella meno nobile, un po’ come gli esami di riparazione al liceo. Che essere promossi direttamente a giugno era ben altra cosa rispetto allo stiracchiato sei con il quale la sfangavi a settembre. Quindi, in sostanza, chi ha o avrebbe operato male durante l’estate ha o avrebbe l’occasione per rimediare; oltretutto dal cinque dicembre sono iniziati i saldi quindi, a maggior ragione, diamoci alle spese pazze. Personalmente sono assai felice dell’avvento di Jindong e del gruppo Suning, pur se non mi dispiacerebbe che una piccola parte delle azioni nerazzurre fosse detenuta da qualche paperone nostrano; mica tanto, facciamo un dieci, quindici per cento. Non per sfiducia, ci mancherebbe; ad oggi, anzi, la famiglia Zhang sta mostrando di voler fare le cose per bene e, soprattutto, di voler investire seriamente nel progetto Inter. Così, giusto per quella scorzettina di italianità che non guasta mai; anche se Internazionale, di nome e di fatto, è ciò che ci contraddistingue e ci rappresenta. Uno dei motivi per i quali un bel chissenefrega alle storielle sulla presunta esterofilia delle varie dirigenze che si sono succedute negli scorsi anni. Che poi, alla resa dei conti, non mi sembra che le attuali grandi potenze europee vantino tra le loro fila uno stuolo di indigeni.
E, mica lo scordo, il triplete lo abbiamo centrato (primi ed unici, fa sempre bene ricordarlo) con una quantità industriale di stranieri in rosa; ma, attenzione, tutti concentrati sul medesimo obiettivo e consci del significato dei colori del cielo e della notte. Perché c’entra poco da dove vieni, di quale nazionalità sei, per che squadra facevi il tifo da bambino; casomai è importante essere a conoscenza del senso della maglia che indossi, della storia del club per il quale giochi e dal quale sei pure lautamente stipendiato, dell’orgoglio che portare il nerazzurro nel mondo dà. Quindi, ripeto, vuol dire poco annoverare tanti non italiani; ho visto più attaccamento all’Inter da Deki, Samuel, Eto’ò, Cambiasso (tralascio l’ex capitano, inutile stare a sottolinearlo) e da tanti come loro piuttosto che da presunti campioni o campioncini nostrani, senza stare a fare nomi e classifiche che pare brutto.
L’estate, come abbiamo ricordato più volte da queste colonne, ci ha lasciato parecchie scorie. Inutile ripetere il non senso della gestione dirigenziale durante il bimestre giugno-luglio, culminata con l’assunzione di un allenatore inadatto pur se intelligente, gran lavoratore e con idee del tutto rivoluzionarie rispetto al canonico modo italico di fare calcio. Inutile anche sottolineare che siamo un bella incompiuta, con buchi paurosi in difesa, un centrocampo ancora ballerino – giusto comunque sottolineare la verve ritrovata da epic Brozo e dal Kondogbia visto contro la Lazio – e qualche aggiustamento da fare qua e là, attacco compreso. Pertanto, se Suning vuole davvero far tornare l’Inter ad essere competitiva non soltanto in Italia, attualmente mi accontenterei di questo ma, a sentire la proprietà, l’idea è quella di alzare l’asticella all’Europa - ci credo ma ci vorrà tempo - c’è la necessità di aprire il portafoglio. Non per dare presunte dimostrazioni di forza, mi è toccato sentire o leggere anche questo nei giorni scorsi, ma per una esigenza necessaria. Solo che, la faccia della medaglia che meno gradisco, adesso quando alla porta bussa l’Inter i prezzi improvvisamente lievitano; chi valeva cinque fino ad un minuto prima di colpo vale sette, se non otto o nove.
Potere del dio denaro. Ed in questi casi come bisogna comportarsi? Perché, inutile stare a raccontarsela, per assemblare una grande squadra vanno fatti grandi investimenti; e per farli ci vogliono soldi. Parliamoci chiaro, attualmente in Italia c’è una società che la fa da padrona, ha operato bene negli anni precedenti ed ora sta sfruttando la semina, con le altre relegate al ruolo di comparse; magari non sarà bello da dire, però funziona in questi termini. Tanto che l’attrice principale va a fare la spesa in casa delle comprimarie, strappandone i pezzi pregiati per vestirli con la propria maglia. Un po’ come se, giusto per dire, lo United di turno andasse da Chelsea e Liverpool a prendere i loro numeri uno: impensabile. O il Real volasse a Barcellona (lasciate stare la roba di Figo, è preistoria) o attraversasse la strada ed entrasse in casa Atletico. Ma in quale film?
Perciò, se si vuole in qualche modo cercare di contrastare il monopolio assoluto di una società sulle altre, ripetiamo il concetto, hanno lavorato parecchio bene e raccolgono i frutti, bisogna spendere; attenzione, non spandere, spendere. Che le due cose sono profondamente differenti.
In questi giorni tiene banco la vicenda che coinvolge Gagliardini, giovanotto di belle speranze con una ventina d’anni, una ventina di presenza in serie A, qualche gol e tanta voglia di affermarsi. Suning, non dico niente di nuovo perché anche i sassi conoscono i proclami della nuova proprietà, desidera ringiovanire la rosa con innesti di campioncini o presunti tali allo scopo di cercare, attraverso tempo e lavoro, di allestire un gruppo vincente non nell’immediato, che tanto schifo non farebbe, quanto nel futuro. E la strada migliore è quella di acquisire le prestazioni di ragazzi giovani, con molti anni davanti e molto da dire; metterli insieme con l’intento di arrivare in cima non per cadere dal piedistallo dopo un nanosecondo, bensì per restarci. Torniamo a Gagliardini; il calciatore era tra i desiderata di altri, lo sappiamo benissimo anche se le smentite di turno fanno parte del gioco e come tali vanno prese. Poi arriva l’Inter e, dicono quelli bene informati, lo porta a casa; o lo porterebbe, perché finché non c’è nessuna firma su di un contratto meglio mettere le manine avanti. Apriti cielo; si alza un’orda di puritani, di fini conoscitori pallonari, pronti a puntare il dito contro la Società nerazzurra rea, così raccontano, di strapagare un giovane del quale nessuno conosce il reale potenziale. Che se poi fosse un pacco? Che se poi si rivelasse un mediocre? Che se poi mia nonna avesse avuto le ruote sarebbe stata una carriola?
Quello che di questa storia non mi piace non sono tanto le critiche rivolte alla dirigenza; piuttosto il prendere o non prendere una posizione. Vuoi cercare di rompere l’egemonia sul mercato nostrano di altri? L’unico modo che hai per farlo è pagare un calciatore magari più del valore reale o presunto tale. E non mi sembra un concetto complicato da capire; o si fa in questo modo o si continua con lo status quo attuale. Che peccato non piaccia ai proprietari interisti. Il resto tutte chiacchiere da bar. Che se prendi un italiano giovane lo paghi troppo e non va bene; che se prendi uno straniero giovane lo paghi troppo e non va bene; che se acquisti uno per l’attacco ci voleva un centrocampista; che se prendi uno in mezzo ci voleva un difensore; che se rifai la difesa serviva uno di peso da affiancare a Icardi. Insomma, qualunque cosa fai c’è sempre da dire. Un po’ come Antoine che cantava: se sei bello, ti tirano le pietre, se sei brutto ti tirano le pietre, qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, tu sempre pietre in faccia prenderai.
Magari è ora di cambiare registro. Anche spendendo qualcosa in più.
Amatela, sempre.
E buona domenica a Voi!
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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