"E' sempre l'equilibrio quello che conta". La massima pronunciata da Luciano Spalletti dopo il pari a reti bianche tra Inter e Sassuolo è incontrovertibile nel calcio come nella vita, ma è il raggiungimento dello stesso come fine ultimo a creare punti di vista differenti. Riferendosi al bilanciamento sul campo tra la fase offensiva e difensiva, il tecnico di Certaldo ha voluto riaffermare una volta ancora il suo credo calcistico: il 4-2-3-1, o 4-3-3 che sia, è il modulo migliore possibile per coprire le due metà campo. Lo ha fatto nel contesto di una risposta a una domanda che lo metteva di fronte al solito dilemma della convivenza tra Mauro Icardi e Lautaro Martinez, insieme per scampoli di partita, per un tempo intero in Coppa Italia o al massimo dal 1' nella sconfitta agostana del Mapei Stadium, guarda caso contro Roberto De Zerbi. Indizi inequivocabili disseminati qua e là dall'ex Roma nel corso della stagione dai quali traspare una legge che si traduce nel rettangolo verde da cinque mesi: la squadra pensata durante il mercato non ha spalle abbastanza larghe, qualsiasi siano gli interpreti, per reggere le due punte per 90'. Una conclusione a cui Lucio è arrivato prima ragionando sulla carta, poi vedendo naufragare l'esperimento del doppio centravanti alla prima giornata di campionato. Al primo esame di maturità ecco la stroncatura di un tecnico che probabilmente non ha molta voglia di ripensare ai suoi dogmi tattici dopo anni passati in trincea su di una panchina. O, più probabilmente, non aveva troppo tempo, all'alba della stagione più importante della sua carriera, di insistere su un esperimento che avrebbe richiesto magari altri passaggi a vuoto. Inutile – avrà pensato Spalletti – incaponirsi sul duo Maurito-Toro quando ho disposizione quel Nainggolan che dà un senso al puzzle tattico che disegnato in mente da tempo. Il corso degli eventi, poi, dirà che quel pezzo di mosaico risulterà introvabile per diverse settimane, al massimo sciupato al tal punto da non poter essere inserito dove serve. La necessità di fare a meno del Ninja, definito a fine gennaio 'acquisto importante per il prossimo futuro', è diventata virtù quando sono stati rispolverati con risultati alterni Joao Mario, Borja Valero e Gagliardini, elementi chiamati a costruire quel triangolo di centrocampo non esattamente dinamico o dotato di quella fantasia che va a braccetto con la costanza nella corsa di Marcelo Brozovic. Con loro, qualche metro più avanti, Matteo Politano, l'offensivo con il piede più educato della compagnia, e l'uomo tattico Ivan Perisic, entrambi poco incisivi in zona gol. Ragion per cui è Keita il secondo marcatore in Serie A dei nerazzurri, davanti a quel Lautaro incompatibile con la prima bocca di fuoco Mauro Icardi, non ancora in doppia cifra dopo aver superato il giro di boa. La punta dell'iceberg di una squadra che segna poco e continua a bypassare il problema nascondendolo sotto la comoda etichetta dell'equilibrio. Assioma che da troppo tempo, nella realtà di quelle squadre che si accontentano del piazzamento, ha preso la deriva pericolosa di equilibrismo. Per definizione '"la capacità di destreggiarsi in situazioni difficili".
In casa nerazzurra, anche se non arrivano segnali di crisi, semmai difficoltà sparse nel battere le medio-piccole, è diventato impossibile riuscire a far coesistere l'ambizione della storia con gli obiettivi stagionali del presente. Elementare, invece, mischiare l'equilibrio di un giudizio per ora ampiamente sufficiente sull'annata di Icardi e compagni, con l'equilibrismo politico di chi sostiene che i risultati ottenuti fin qui siano in linea con le richieste della proprietà. Il -16 dalla corazzata Juve e l'uscita di scena ai gironi di Champions portano a pensare ad altro, senza per questo farsi trascinare dal polo attrattivo del pessimismo. Serve mantenersi lontani dagli estremismi, evitando di scadere nella mediocrità. Come? Cercando di non confondere l'equilibrio con lo stato di quiete. Il vero indicatore per tirare le conclusioni a maggio sarà il gap dalla vetta, non la posizione in classifica. Arrivare quarti con l'acqua alla gola o terzi con il sigaro in bocca conterà giusto per l'autostima, la vera linfa che alimenta le speranze di conquistare un titolo nel prossimo futuro. Lontano, ma anche vicino, vista la possibilità dell'Inter di mettere le mani sull'Europa League e la Coppa Italia.
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Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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