Di norma alla vigilia di una partita di campionato sarebbe legittimo concentrarsi su di essa. A maggior ragione quando la squadra non vince dal 3 dicembre e sarà attesa sul campo di un avversario assolutamente alla portata, ma proprio per questo insidioso. La Spal è quella che è, però quello che sa fare lo fa bene. E a volte la consapevolezza dei propri limiti ha la meglio su rivali più quotati ma con qualche problema interno da risolvere. Speriamo bene, perché domenica a mezzogiorno non sarà una passeggiata.
Nel frattempo il mercato impazza, più ci si avvicina al gon più aumentano le voci e le possibilità di concretizzare le idee. L'Inter ha già portato a casa due innesti utili: Lisandro Lopez riempie una casella rimasta ingiustificatamente vuota dalla scorsa estate e trasmette serenità a Luciano Spalletti. Rafinha Alcantara è un jolly sotto tutti i punti di vista: puoi giocartelo in qualsiasi momento tu ne abbia bisogno e dove possa servire alla causa. Ad oggi fatico ancora a inquadrarlo tatticamente, ma non lo considererei un limite quanto piuttosto un punto di forza. In un'Inter tremendamente prevedibile e ormai facilmente leggibile dalle difese avversarie, un elemento di rottura degli equilibri non può che far bene. Soprattutto se ha le idee chiare, come almeno a parole Rafinha ha dimostrato. Aspetto con impazienza di capire cosa l'allenatore pensi di lui e che ruolo voglia ritagliargli in campo.
Il mercato ha anche allontanato un giocatore importante, che pur non essendolo per status era relegato a seconda linee ormai da tempo. Diciamoci la verità, Spalletti non ha mai considerato indispensabile Joao Mario. Ha imparato a conoscerlo sin dal suo arrivo, lo ha provato in varie zone del campo sperando di inquadrandolo nel modo giusto. Lo ha anche atteso nei momenti di depressione calcistica ma alla fine si è dovuto arrendere: il portoghese era da tempo distante dall'Inter, pur essendo presente fisicamente. L'ultima chiamata di Firenze è stata fallimentare, ogni tentativo di dargli una scossa inutile. La sua qualità non è assolutamente in discussione, ma il suo approccio alle partite, la sua personalità e il suo carattere non sono da Inter e, soprattutto, da calcio italiano. Anche Joao Mario, come Rafinha, non ha mai avuto un ruolo ben definito. Ma per l'ex Sporting è stato un punto debole, non di forza. Good luck in London.
Via il portoghese, adesso c'è una casella non indifferente da riempire, ed è a centrocampo. In attesa di capire quando il fratello di Thiago Alcantara sarà totalmente a disposizione di Spalletti, il tecnico di Certaldo si trova con appena quattro giocatori per tre posti in campo. E considerando il momento negativo di Roberto Gagliardini (non iniziamo a metterlo in discussione) e l'imprevedibilità (in senso negativo) di Marcelo Brozovic, c'è poco da essere entusiasti. Non serve un tappabuchi alla Lisandro (non me ne voglia), quanto piuttosto un innesto che possa serenamente essere considerato una prima linea. Facile a parole, meno quando vai in giro senza portafoglio come da settimane stanno facendo Bono & Bruce. Bene, tra l'altro, considerando le tante finestre aperte sul loro desktop in questi giorni e la liquidità che cercano di raccogliere qua e là.
Nella speranza che non venga riesumato il nome del Pocho Lavezzi, un evergreen nelle sessioni di mercato nerazzurre, e prendendo atto del ritorno sul taccuino di Erik Lamela per giugno (beh, c'è Walter Sabatini che non dimentica mai i suoi figiuoli...), il sogno è sempre Javier Pastore. Premessa: la trattativa è estremamente difficile, nel momento in cui scrivo ci si sta ancora lavorando, però non è una boutade. L'Inter ci crede davvero e farà il possibile per regalare a Spalletti un giocatore di primo piano, che non sarà il classico top player ma quella lingua la capisce e in Italia potrebbe fare sfaceli. Non nascondiamoci, al di là di chi storce il naso sulle qualità dell'argentino, un suo eventuale arrivo restituirebbe entusiasmo a una piazza che da anni non accoglie un giocatore di cotanta nobiltà calcistica. Se poi a questo si aggiunge la sua voglia di vestirsi di nerazzurro pur giocando in mezzo agli Avangers, è un bel sentire.
Ramires è praticamente impossibile perché Suning, che non è una proprietà cattivona, sa bene che prestandolo all'Inter e contribuendo al suo ingaggio (insostenibile per le finanze milanesi) invierebbe un alert fastidioso alla UEFA e, a pochi mesi dalla fine della pena (dicasi altrimenti settlment agreement) sveglierebbe il can che dorme e attirerebbe ulteriori problemi. E il discorso è lo stesso per quanto riguarda il mercato autofinanziato. Non avrebbe senso, per quanto a Spalletti uno come Ramires farebbe comodo. Forse più dello stesso Pastore, per esigenze tecnico-tattiche, e lo sostengo senza ritenermi eretico e da flachista convinto. Perciò auspico vivamente che non arrivi il classico riempitivo, ma un valore realmente aggiunto perché a Roma hanno il sangue agli occhi e non cederanno facilmente il passo. Sul possibile arrivo di Daniel Sturridge non mi pronuncio, per due semplici ragioni: resterà un'idea se Eder non si muoverà da Appiano Gentile; ho sempre avuto delle riserve sull'adattamento degli inglesi al calcio italiano, soprattutto a stagione in corso. E lo dico senza mettere in discussione minimamente il valore di un giocatore che per problemi fisici ha raccolto meno di quanto avrebbe meritato.
Nel frattempo occhio alla Spal: il mercato è nulla senza il campo.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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