E' un'Inter che non solo toglie il fiato, ma anche la minima certezza al diritto di critica. Mi spiego meglio. Il calcio -si sa- vive sospeso in mezzo ad eventi regolati dal rotolare di un pallone. Da lì discende una volatilità che intrinsecamente attanaglia i fatti ma anche gli elementi accessori, ovvero i giudizi di tutti coloro che, a diverso titolo, sono chiamati ad esporsi, vorrebbero invece ricoprire di una spessa patina di logicita'. Dichiararsi in anticipo quindi nel quotidiano evolversi delle vicende pallonare significa votarsi all'errore, giocare perennemente in trasferta sul campo dell'imponderabile sempre, naturalmente con quella dose di spocchia e di autoreferenzialita' di chi, ritenendo di conoscere una pagina piu' del libro, resetta le topiche gia' buscate in passato per discettare senza tema di smentita sugli sviluppi prossimi e venturi. Con l'Inter, dicevamo, le previsioni ormai si possono fare di mezz'ora in mezz'ora -come il meteo ai box della Formula 1- tale e' la spudoratezza con cui la squadra per cui spasimiamo sa contraddirci. Ci ha in mano al punto di mettere in offside alternativamente entusiasmi e preoccupazioni, dosa a proprio piacimento le pietanze che ci scodella ce le fa assaggiare e consumare in tempo reale, senza il tempo minimo per prendere parte su tutto cio', esautorando in definitiva i commentatori della loro dignita' istituzionale di mediatori tra se' e il pubblico dei lettori, e ancor di piu' dei tele/radio spettatori. E se la previsione divente vaticinio, la prudenza non puo'che farla da padrona.
La partita di Udine nel giorno della Liberazione non ci ha liberato affatto da tale sorte, anzi ha provveduto ad esplicitare una volta per tutte che, il suddetto mediatore -e ancor di piu' se aficionado di cose nerazzurre- puo' solo alzare le braccia, prendere sommessamente atto di tutto cio', adeguarsi e sperare. Rocambolesca col Genoa, impalpabile contro il Cagliari, in ripresa nell'impegno casalingo col Siena e disarmante di fronte alla Fiorentina piu' debole che si ricordi, l'Inter nello scontro diretto dell'altro ieri e' diventata inopinatamente una squadra che obbliga a tenere vive qulle ambizioni che la ragione aveva affidato come appannaggio esclusivo solo agli inguaribili ottimisti. Gia' la ragione.... C'era una ragione per pensare che Stramaccioni l'avesse vista giusta nel cambiare repentinamente modulo ed escutori, in una squadra in evidente affanno nel ritrovare in campo amalgama e distanze tra i reparti contro un undici scaltro, organizzato e vitaminico come quello di Guidolin? Senza il perno di una difesa che aveva imbarcato molta piu' acqua di quanto testimoniato dai gol subiti nei precedenti 4 impegni, cioe' Walter Samuel, e con ancora nell'ombelico del campo gli Stankovic e i Cambiasso usciti maluccio anche dall'ultimo scampolo di stagione? Cosa si poteva aspettare dal sig. Wesley Sneijder, che tra infortuni, latitanze e rumors di mercato aveva vivacchiato da congedante per un'intera stagione, con poche foto da ricordare su sfondo erboso in mezzo a quelle con rayban e moglie al seguito?
Nel pre-partita chi scrive si era fatto possedere dallo scetticismo lasciando correre imprudenti e ponderate valutazioni a tinte fosche. Non al bar, purtroppo, ma in uno studio televisivo e con la lucetta rossa della telecamera accesa. Godere nel doversi rimangiare pezzo su pezzo le proprie valutazioni, espresse come amare e definitive a reti unificate, equivale alla piu' cialtronesca delle Caporetto cui un individuo puo' andare incontro. Un costo immane per un orgogioso al limite dell'arroganza come il sottoscritto. Un costo che chi sa ama l'Inter cercando di ragionarci sopra il piu' possibile sa ogni due per tre di dover pagare. Per potere avere il gusto di essere sempre contraddetto e per vivere ogni giorno con questa "aguzzina", padrona delle nostre passioni ed emozioni ad occhi chiusi, facendo sempre e comunque finta di conoscerla fino in fondo.
A volte ritornano. A volte ritornano di propria sponte, altre poiche' cacciati da qualcun altro.
Fabio Capello, siamo per intenderci in quest'ultima fattispecie, e' in odore di ritorno in grande stile. Alcuni affermano che gli stiano preparando una scrivania con tutti i conforts ed accessori ultra tecnologici dentro l'ufficio per il momento occupato dal plurititolato -nel senso che ancora oggi permane il caos circa il suo titolo di studio- Adriano Galliani. Dal canto suo, l'affermato tecnico friulano, cinguetta da tempo frasi interlocutorie, vaglia offerte da ogni parte del globo anche attraverso il figlio avvocato, dopo aver rifiutato in premessa e con sdegno imprecisate e fantasiose ipotesi di apparentamento con la causa nerazzurra. Ora i retroscensti sono concordi nel ritenere che sia sul punto di sciogliere la riserva dopo che nel corso di un programma televisivo ha esplicitamente affermato: "voglio qualcosa di stuzzicante".
Qual e' allora l'unica societa' calcistica che puo' al tempo stesso garantirgli un posto in organico ed assicuragli la poltrona di Presidente del Comitato Olimpico Nazionale della discplina, il burlesque, le cui gare distribuiranno medaglie a partire dal 2020? Potrebbe risultare ostativa l'eta' - generalmente i giudici e gli addetti ai lavori con cui abbiamo una storica familiarita' hanno una carta d'identita' ben piu' scolorita- ma a tutto, se la volonta' e' quella giusta si trova rimedio. Non abbiamo dubbi sul fatto che anche stavolta questo grande personaggio sapra' farsi onore. In bocca al lupo!
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