Tecnico, agile e sgusciante, elemento prezioso della prima Inter vincente sul campo di Mancini. Mariano Nicolás González ha vissuto solo la stagione 2006/7 sotto la Madonnina, ma di certo non dimentica lo scudetto dei record e quell’annata così importante nella sua carriera.
Lei è un classe ’81 e gioca ancora…
“Sì, ho 37 anni e a maggio spegnerò 38 candeline. Mi sono trasferito dal Colón di Santa Fe, una squadra della Serie A argentina, al Santamarina, che milita in Serie B. Ma è la società della mia città natale”.
Qual è il suo primo ricordi italiano?
“L’arrivo a Palermo. Le sensazioni. L’accoglienza. Il cambio di lingua, di cultura. Una nuova sfida. Belle percezioni”.
E quello invece legato all’Inter?
“Emozionante, uno dei migliori anni della mia carriera. Pensavo che avrei giocato poco o che avrei avuto poca partecipazione. In realtà scesi in campo in tutte le competizioni. Ho fatto parte di una grande squadra, con figure rilevanti del calcio mondiale. Sono stato protagonista di una finale e nella rosa del club campione della Serie A”.
Cosa ha pensato quando l’ultimo giorno di calciomercato le hanno detto: ‘Veloce, deve firmare per l’Inter’?
“È stato incredibile, più di un sogno: spartire il tutto con alcuni compagni argentini che già conoscevo. Avere a che fare con calciatori che avevo sempre idolatrato. E in più aver la possibilità di condivisione con le altre figure. Che dire, sembrava un film. Sono stato accolto con naturalezza e ognuno di loro mi ha aiutato a facilitarmi in ogni cosa. Inclusi il Presidente Moratti e mister Mancini”.
Cosa ha provato con la conquista dello Scudetto?
“Le migliori sensazioni possibili. È stato il mio primo titolo a livello di club. Arrivato dopo un lungo anno, che magari era iniziato con qualche difficoltà. Grazie all’armonia del gruppo, il risultato finale in campionato è stato il migliore possibile”.
È vero che dentro lo spogliatoio puntavate a zittire tutti dopo quanto successo con Calciopoli?
“No. Noi puntavamo solo a conquistare il titolo. Si trattata di un gruppo di giocatori vincenti. Che per l’appunto volevano sempre vincere. Superare ogni ostacolo. Il nostro messaggio perpetuo era di lottare per essere campioni in tutte le competizioni alle quali prendevamo parte”.
Cosa ha provato dopo aver segnato il suo primo gol nerazzurro contro il Messina, in Coppa Italia?
“Si trattò di una bella partita da parte di tutti quei giocatori non titolari che avevano giocato meno minuti contro un avversario complicato. E per me fu un match speciale. Per il mio passato a Palermo. Quello che però contava di più era passare il turno per arrivare alla finale. Obiettivo raggiunto”.
In campionato avrebbe potuto segnare anche nell’ultima giornata. Ma non le lasciarono calciatore nessuno dei due rigori che si era procurato. Consegnò la palla a Figo…
“Non è che non me lo lasciarono calciare. E anzi Luis non lo avrebbe tirato. Ma in quel momento il pubblico chiedeva a gran voce che fosse lui ad occuparsi della realizzazione. In quel momento si parlava di un suo addio al calcio, mentre io avrei continuato a giocare”.
Lei ha giocato con Cambiasso. Qui si dice che il Cuchu potrebbe sostituire Luciano Spalletti qualora dovesse essere esonerato. Pensa che Esteban possa essere un buon allenatore, già pronto per la Beneamata?
“Io ho sempre immaginato Cambiasso come allenatore. E credo anche che dovrebbe avere una chance all’Inter. Ma non sono io che devo stabilire se mister Spalletti debba proseguire o meno in nerazzurro”.
La zoccolo duro della sua Inter era composto da argentini. Gente con gli attributi. Oggi, almeno per quanto riguarda le ultime partite, si imputa ai nerazzurri di non avere quella fame di vittoria fondamentale per le grandi squadre…
“Come ho detto prima noi eravamo un gruppo di giocatori che puntavano a vincere. Non solo gli argentini, ma tutti. Forse oggi c’è un’altra generazione. Ma attenzione. Per essere campioni serve molto più del coraggio. Parliamo di lavoro, sacrificio, talento…”.
Da argentino: Lautaro e Icardi possono essere una coppia vincente?
“Sicuramente possono esserlo. Ma non si deve dimenticare che sono ancora giovani e necessitano di tempo per apprendere alcune cose. Ripeto, non si vive di solo talento”.
Ha un messaggio per i tifosi nerazzurri?
“Si è trattato di una parte della mia vita molto felice. Per questo ringrazio i tifosi dell’Inter. E anche tutta la grande famiglia della Beneamata. Da Moratti a Mancini, ai miei ex compagni”.
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Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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