Forse, per molti versi, è stato uno spettacolo che ha unito il bello che non vedevamo da tanto, e insieme quel brutto che non volevamo più vedere. Diviso in due atti ben distinti, peraltro. Diciamocela tutta: mai, con Spalletti, si era rivisto il calo mentale, quella inquietante spaccatura tra una prima ora a tinte auree e un finale in affanno. Semmai, si era andati a crescere. Lo scorso anno, proprio nella ripresa del match casalingo con la Sampdoria, l'Inter di Pioli si bucò invece come un palloncino troppo gonfio e semplicemente volò via, perdendosi nel gorgo del centro classifica. Inutile sottolineare quanto i presupposti di questa squadra siano totalmente differenti, con una consapevolezza tornata a livelli altissimi e un guardiano ringhioso e pignolo che non la lascerà passare ai suoi ragazzi. L’ansia finale di ieri sera, però, deve restare come monito: sgonfiarsi è pericoloso, perseverare in quel caos avrebbe un che di autolesionista. La garanzia, in questo senso, è proprio Spalletti: tutti, a ben guardare nei suoi occhi spiritati, ci sentiamo fiduciosi e poco fragili.
PRIMO ATTO - Quando sul solito Meazza in festa è calato il sipario, i nerazzurri sono usciti tra gli applausi, con lo stesso tecnico, per una volta, in prima fila sotto la Nord a godere del successo. Segno anche di una sofferenza imprevista, al termine della quale il fischio finale è assomigliato al primo contatto che hai col letto a fine giornata, quando stai per sprofondarci dentro e non vedi l'ora di lasciarti andare. Applausi e gioia, però, si devono tutti a un’ora maiuscola, non solo per piglio e dedizione, ma esteticamente pregevole. Su tutti, in quest’ottica , ha governato un Borja Valero sublime. Il pallone, tra i suoi piedi, c'era e non c'era, ora sì ora no, e poi via a pescare il compagno meglio piazzato; la novità, per l'ex viola, è che le sue gambe hanno retto al passare dei minuti, così tanto che Borja è restato lucido e spigliato (tra i pochi) fino alla fine. La scena, quella vera, gli è stata indubbiamente rubata dalla coppia Icardi-Perisic, col croato che ora tornava e ora era lì davanti, attivo su tutto il fronte d'attacco. Il capitano, invece, ha pensato a insaccarla, cercando anche quel movimento a uscire dall'area che gli è valso il primo gol; Spalletti, al riguardo, sarà contento. La squadra, in generale, ha fatto bene come non mai, col risultato che un po’ tutti i nerazzurri, a turno, hanno trovato il proprio quarto d’ora di celebrità: bene Nagatomo, perfetto D’Ambrosio, Skriniar gigantesco e via così, fino a un Vecino che ara il campo come trattori già amati da queste parti. Un collettivo splendido, che gioca a due tocchi e sembra automatico. Fine primo atto.
SECONDO ATTO – Il gol di Kownacki incasina la trama della commedia, complice l'uscita di un Vecino dominant, la panchina corta e qualche dormita lì dietro –persino di Skriniar e Handanovic- che si ripete sul raddoppio di Quagliarella. Sugli spalti c’è straniamento e il ricordo del vecchio panico, in campo qualche insicurezza già vista che fa paura un po’ a tutti. Spalletti, nel dopopartita, marcherà i meriti di una Sampdoria che di talento, in effetti, ne ha tanto, ma i nerazzurri in campo hanno avuto paura del solito finale, e questa è una puzza che resta nell’ambiente e occorre togliersi di dosso quanto prima. Questa squadra ha numeri, talento, geometrie e freschezza, e non aveva mai giocato così bene. L’impressione, appunto, suggerisce che si possa crescere, che Dalbert e Cancelo non siano per forza due comparse e Karamoh possa far ballare gli occhi a chi lo guarda; un innesto vincente, dalla panchina come dal mercato, potrebbe anche alimentare un fuoco che è già divampato. L'ultimo gradino è nella testa, spigoloso com'è, ed è per colpa sua che non ci si può ancora abbandonare all’euforia. Nell’ambiente si è un po’ prevenuti, è vero, ma non sono forse così gli amanti delusi? A sipario calato, resta dunque il buon sapore di un’ora da grande, misto alla paura di soffrire ancora. La commedia, da brava commedia, finisce come vogliamo nel profondo ma insieme fa riflettere, a volte persino migliora; così questa partita, per l’Inter di Spalletti, sarà magari la volta in cui si è capito ciò che si è diventati, e cosa non si vuole essere più.
Autore: Antonello Mastronardi / Twitter: @f_antomas
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