"Nessuno può farci sentire inferiori senza il nostro consenso". A poco meno di un mese dalla fine della sessione estiva di calciomercato, quando nessuno è ancora in possesso di tutti gli elementi necessari per valutare il lavoro di Piero Ausilio da qui al 17 agosto, Luciano Spalletti rimette al centro del villaggio l'orgoglio di essere tornati a ragionare da Inter. E lo fa nelle ore in cui vengono abortiti sul nascere tutti i discorsi sulla possibile anti-Juve, ingorda di scudetti e speranzosa di accedere alla nuova dimensione europea grazie all'acquisto dell'alieno Cristiano Ronaldo; il filo conduttore che lega i bianconeri ai nerazzurri è la Champions League, competizione che – Lucio dixit – renderà la prossima stagione diversa da tutte le altre vissute negli ultimi sei anni. Il discorso dell'obbligo di dare di più è quasi pleonastico, ma diventa urgente se si pensa che per tornare a rivedere le stelle e ascoltare di nuovo il celebre inno, la Beneamata dovrà guardarsi allo specchio e riconoscere che ne è passato di tempo da quel 2010. Icardi e compagni, infatti, il giorno dei sorteggi ripartiranno dalle retrovie, da quella quarta fascia che regala insidie ma anche notti magiche, finalmente da Inter. E poco importa se anche la rosa non sarà numericamente all'altezza per la fastidiosa riduzione coercitiva imposta dalla Uefa, l'Inter ripartirà da se stessa per superare se stessa: "Sappiamo chi siamo, come ci chiamiamo, la nostra storia – ha ribadito con forza il tecnico di Certaldo nella prima conferenza stampa pres-stagionale -. Sappiamo che non partiamo in posizione comoda, ma lo volevamo e ci faremo trovare prontissimi".
Insomma, la squadra riparte con un'identità forgiata da un percorso lungo 38 giornate, fatto di alti e bassi, senza scorciatoie e con non poche situazioni di emergenza da affrontare nel corso del tragitto. Tutte affrontate con il solito nocchiere, notizia da non sottovalutare dalle parti di Appiano Gentile; a un anno di distanza, tra le mura di casa Inter regna finalmente la sintonia tra le anime del club, un ambiente che porta a pensare: "Perché non dovrebbe andare tutto bene?". Quanto bene lo deciderà solo il tempo, quel che è certo è che nell'Inter c'è la convinzione di poter "stare nella scia delle più forti, dentro tutti gli obiettivi". Senza sventolare obiettivi dichiarati, il senso della seconda stagione di marca spallettiana – anche guardando allo storico dell'ex romanista – si può riassumere come la crescita del gruppo direttamente proporzionale all'aumento del senso di responsabilità.
Sì, è questa la seconda parola chiave che accompagnerà l'Inter nei prossimi mesi: dal grande potere che conferisce l'accesso all'Europa che conta, derivano grandi responsabilità. Che vanno divise equamente tra società, che sta facendo il suo ma deve ancora completare l'opera per non rovinare tutto, e parte tecnica. Se su Spalletti esistono pochissimi dubbi, è sulla rosa che va fatta un'attenta riflessione. In soldoni, cosa ci si aspetta dalla vecchia guardia e cosa dalle 5 ne entry? Partiamo da Mauro Icardi, il capitano, colui il quale, dopo aver banchettato allegramente tra i confini nazionali, dovrà e potrà dimostrare finalmente di valere le lusinghe, mai tramutatesi in effettive offerte, dei top club europei.
Si passa, poi, a Ivan Perisic e Marcelo Brozovic, che al ritorno dalle vacanze dovranno esibire prestazioni continue nel tempo degne della medaglia d'argento Mondiale che si sono messi meritatamente collo. C'è, quindi, Handanovic, che alla 'veneranda' età di 34 anni può dire di aver raggiunto l'obiettivo di una carriera potendo difendere i pali di una squadra che gioca in Champions. E dovrà farlo assieme a Joao Miranda, altro esperto del gruppo che sa come vanno le cose a certi livelli, anche quando c'è da digerire un addio prematuro da Russia 2018 da capitano della Selezione favorita per la vittoria finale. E poi ci sono i nuovi volti, che con le loro scelte di mercato hanno unito perfettamente due concetti prima lontani nell'universo nerazzurro: l'appeal differente generato dalla nuova Inter corrisponde immediatamente all'appartenenza verso i colori, la causa più alta nel gioco del calcio. Quindi, ecco che c'è enorme curiosità nell'osservare come Radja Nainggolan, il colpo principe del mercato interista finora, si imporrà in una piazza più prestigiosa di quella capitolina; a proposito di attese e promesse, l'hype attorno a Lautaro Martinez è, se possibile, anche maggiore rispetto a quello del belga, visto l'investimento importante realizzato dalla dirigenza grazie al placet di Suning. E poi, gli altri, secondi non certo per importanza tecnica: De Vrij è un'aggiunta a prezzo stracciato indispensabile per provare a ragionare da grande squadra, da formazione camaleontica a livello tattico e ricca di alternative per affrontare degnamente i numerosi impegni. Politano è tutto da scoprire a certi livelli, una scommessa che avrebbe bisogno di solide basi nel ruolo per togliergli qualche pressione di troppo; e, infine, Asamoah, uno che non ha bisogno di presentazioni e che la dice lunga sul discorso dell'attrazione che un giocatore pluridecorato come lui ha nei confronti del nuovo progetto dell'Inter. Che includerà anche un big di respiro internazionale?
Manca, oltre alle note falle nel ruolo di terzino destro e a centrocampo, il colpo a effetto che arriva da un campionato estero. Non certo ai livelli di Ronaldo, ma quantomeno servirebbe un'idea di risposta alla Vecchia Signora, non tanto per proclamare chissà quale guerra scudetto, ma per far capire che l'Inter è tornata. "Ci può essere anche il grande campione che nessuno si aspetta e questo ci rende orgogliosi del lavoro fatto da tutti", ha detto Spalletti in un passaggio del suo dialogo con i giornalisti venerdì scorso. Per strappare il consenso del pubblico, della critica, e delle avversarie. Senza sentirsi inferiori, comunque vada: l'Inter resta l'Inter, a maggior ragione ora che è ritornata sul mappamondo del calcio che conta: se qualcuno non è d'accordo, è bene che faccia un ripassino di storia.
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Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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