Uno scoglio duro. Così Antonio Conte ha definito la sfida di questo pomeriggio contro il Bologna, “una squadra ad alta intensità”, che aggredisce alto l’avversario alla ricerca del gol. La stessa squadra che all’andata, tra le mura del Dall’Ara, ha dato parecchio filo da torcere ai nerazzurri salvati poi da Romelu Lukaku. Il belga nel capoluogo emiliano ha messo a segno due reti in uno dei momenti più prolifici della sua stagione. Sei gol in quattro partite (di fila). Oggi Big Rom non segna dalla gara contro il Sassuolo, punito dal dischetto dopo un fallo commesso ai danni di Milan Skriniar che questo pomeriggio non siederà neppure in panchina a causa della squalifica rimediata proprio contro i neroverdi. Il numero 9 nerazzurro non è riuscito a trovare la rete neppure nella scorsa gara contro il Brescia, la più fertile della stagione in cui a segno sono andati ben sei marcatori diversi, sintomo di un “coinvolgimento totale tra fase di possesso e non possesso”, come sottolinea Conte in conferenza stampa.
Un’Inter che da quel 2 novembre più ha irrobustito muscoli e struttura ossea ma che si ritrova a dover affrontare le sfide con il coltello tra i denti, esattamente come il leccese detta, con ritmi e pressione psicologica alti per evitare di perdere gas e inscenare prestazioni come quella imbastita contro il Sassuolo. Vietato abbassare la guardia, specie con una squadra dalle caratteristiche del Bologna: grintosa e offensiva, mai doma e assetata di punti. Una sconfitta, un pari e una vittoria in questa ripresa per gli uomini di Sinisa Mihajlovic, che torna a San Siro e di fronte all’Inter. Se dalla gara d’andata la squadra di Antonio Conte, tra acquisti e recuperi, ha rifocillato una rosa lacunosa, quella di Sinisa Mihajlovic ha (ri)trovato la pedina più importante della scacchiera: Sinisa stesso.
Al Dall’Ara contro l’Inter a mancare era proprio il tecnico serbo, impegnato nella sfida più ardua mai affrontata, la più difficile e stremante. Quella sfida alla quale si era approcciato sin dall'inizio da vincente: "Ho la leucemia, ma vincerò questa sfida". Così esordì quell'ormai lontano 13 luglio 2019 in quella conferenza stampa che ha gelato il mondo del calcio. Mesi di terapia, silenzi alternati ad apparizioni in cui mostrava per la prima volta una parte di sé che nessuno aveva mai visto, né mai immaginato. Deteriorato e fragile, persino invecchiato. Un cappellino improprio come compagno e testimone di una corsa alla quale tutti, con occhi a tratti indiscreti quanto angosciati, preoccupati assistevano e di cui attendevano il taglio del traguardo. Ma Sinisa non mollava, lacrime silenziose soffocate in quello stesso sguardo di sempre meno autentico di sempre. Uno sguardo che per la prima volta dopo anni non sembrava più così duro e perentorio, ma che per la prima volta era più duro e perentorio che mai. Vincerò questa sfida. E così fu. A poco meno di un anno da quella prima pagina sconcertante, da quelle parole taglienti e da quelle lacrime di umana fragilità e paura, di quel 13 luglio resta la lezione. L'ennesima lezione di un Sinisa Mihajlovic mai domo, mai arrendevole, mai distrutto. Ferito, stanco, dolorante, fragile, semplicemente umano. Un'umanità che mai una punizione aveva svelato, che mai San Siro aveva osservato.
Nelle suo passato infatti non solo i 5 gol nelle 25 presenze con la maglia nerazzurra e due anni da vice di Mancini, Sinisa ha occupato una delle panchine del Meazza, ma dell'altra sponda. Proprio con la divisa del Milan il Sergente vanta una stracittadina vinta, l'ultimo successo ottenuto dal Milan contro l'Inter. Nella sua carriera da allenatore sono quattro le vittorie, tre i pareggi e otto le sconfitte ottenute contro i nerazzurri ai quali una parte di lui resterà legata nel tempo. Ma oggi Sinisa è ottimista, come sempre. E come sempre è agguerrito come mai, alla ricerca di un ritorno a San Siro "quasi perfetto". E Conte questa volta da affrontare avrà un Bologna con l'aggiunta dell'unico vero scoglio duro chiamato Sinisa Mihajlovic.
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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