Un'epoca bisogna valutarla nel momento in cui si conclude. Non prima, quando i risultati più recenti possono finire con l'annebbiare il giudizio. Per quanto l'era Moratti non si possa considerare completamente conclusa, visto che Massimo resterà in società con il suo 30% e che probabilmente conserverà una buona fetta della gestione della parte sportiva, non c'è dubbio che dal 15 ottobre in poi qualcosa sia cambiato per sempre. Moratti lascia il suo ruolo di azionista di maggioranza e accetta di farsi da parte per dar vita a qualcosa di più grande, di vincente e di duraturo, quasi quanto i suoi 18 anni di gestione. Sì, perché negli anni Massimo è sempre stato il destinatario preferito di prese in giro e sfottò proprio per il suo non essere, a detta di alcuni, un vincente.
Ma oggi che la sua gestione è giunta al termine, finalmente possiamo dirlo: Massimo Moratti è stato, con i suoi 16 trofei in 18 anni, il presidente più vincente della storia dell'Inter. Più del padre Angelo, a cui è legato il mito della Grande Inter, più di chiunque altro l'abbia preceduto. Sono tante anche le delusioni che Moratti si lascia alle spalle, questo è innegabile, tanti gli investimenti non sempre oculati, ma il bilancio resta ampiamente positivo. Come nella più bella delle storie d'amore, non è mancato davvero niente: grande passione, sofferenza, sentirsi inadeguati ma anche gioia infinita. Come ogni amore, anche quello tra Moratti e l'Inter è destinato a cambiare nella forma ma non nella sostanza. Lasciandosi alle spalle una scia di trionfi lunga 18 anni.
L'avventura di Massimo Moratti alla guida dell'Inter comincia il 18 febbraio 1995. La moglie Milly lo aspettava per cena, se lo ritrovò in televisione intento ad annunciare l'acquisto dell'Inter da Ernesto Pellegrini. L'avvio di presidenza non è stato semplice. Anzi, è stato decisamente avaro di soddisfazioni. La prima, l'unica gioia delle prime stagioni è la vittoria della Coppa Uefa a Parigi contro la Lazio, un trionfo ancora oggi ricordato come uno dei più belli dell'intera storia nerazzurra. Poi l'inizio degli anni difficili, in cui gli allenatori si susseguono alla velocità della luce e la bacheca non si infoltisce ulteriormente. Lì cominciano gli sfottò, il "non vincete mai", si diffonde il mito del presidente che spende e spande senza poi ricevere alcun premio in termini di vittorie. Masismo abbandona la presidenza una prima volta nel 1999, poi nel 2004, affidando l'incarico a Giacinto Facchetti.
L'ora che precede l'alba è sempre più buia, alla fine il sole torna a sorgere di nuovo. Nel 2004 Moratti decide di affidare la panchina nerazzurra a un allenatore giovane, emergente ma con già una buona esperienza alle spalle. Si tratta di Roberto Mancini, che riporta subito l'Inter al trionfo: a fine stagione arriva la vittoria della Coppa Italia contro la Roma, l'anno successivo la Supercoppa italiana contro la Juventus. Trofei minori, si dirà, ma intanto l'Inter si riabitua a vincere. La squadra in campionato finisce terza alle spalle di Juventus e Milan, ma l'esplosione di Calciopoli fa sì che le venga assegnato a tavolino il titolo di Campione d'Italia, diciassette anni dopo l'ultima volta. A quel punto, l'Inter si sblocca definitivamente: nel 2007 l'Inter vince il titolo sul campo del Siena dopo aver macinato record su reccord (17 vittorie consecutive e 97 punti totali), l'anno dopo rivince a Parma anche se con qualche sofferenza in più.
L'era Mancini, dunque, non può che essere considerata vincente, ma a Moratti continua a mancare il salto di qualità a livello europeo. Con il tecnico jesino, infatti, arrivano solo due eliminazioni ai quarti di finale e due agli ottavi, troppo poco per una formazione ambiziosa come quella nerazzurra. Da lì la scelta di concludere il rapporto con Mancini e di mettere sotto contratto un allenatore vincente come José Mourinho, incredibilmente senza panchina. E lì comincia la leggenda.
José Mourinho riesce in appena due anni a cambiare completamente il dna dell'Inter, che da anni non riusciva a raggiungere nemmeno le semifinali di Champions League. Il primo anno arriva l'eliminazione agli ottavi di finale per mano del Manchester United, il secondo è quello della svolta. Se nella prima stagione erano arrivati 'solo' uno scudetto e una Supercoppa (vinta ai rigori contro la Roma, penalty decisivo trasformato da Javier Zanetti), l'anno dopo viene scritta una pagina indelebile del calcio italiano. La stagione si apre male, con la sconfitta in Supercoppa contro la Lazio, ma finisce in leggenda: in tre settimane, dal 5 al 22 maggio, l'Inter si porta a casa Coppa Italia (battuta ancora la Roma), Scudetto (vinto ancora contro il Siena) e soprattutto la Champions League, che mancava nella bacheca nerazzurra da 45 anni. Una storica tripletta, mai riuscita a nessuna formazione italiana. L'eroe è Diego Milito, la cui firma compare in tutti e tre i trionfi, ma anche lo stesso Mourinho, che dopo la vittoria al Bernabeu contro il Bayern Monaco decide di lasciare Milano e di trasferirsi al Real Madrid.
Ripartire dopo Mourinho non è facile, ma l'Inter ci prova. Con alterne fortune. Moratti sceglie Benitez, che resta pochi mesi ma ha comunque il tempo di portare a casa Supercoppa italiana e Mondiale per club. Con lo spagnolo la scintilla non scocca mai, mentre Leonardo riesce a far breccia nel cuore del presidente nerazzurro. E' con il brasiliano che arriva l'ultimo trofeo, la Coppa Italia vinta contro il Palermo. Il 2011/12 è la prima stagione dal 2004 a concludersi senza trofei. Il resto è storia.
Autore: Alessandra Stefanelli / Twitter: @Alestefanelli87
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