Gigi Riva ha scelto il 22 gennaio 2024 per segnare il suo ultimo gol della vita. Quello contro il calcio di oggi, di plastica, fatto di ipocrisia e venduto ai milioni sauditi. Forse non è stato un caso. Forse era proprio destino che un Rombo di Tuono si abbattesse violento anche nel cielo di Riyadh, a pochi minuti dal fischio d’inizio della finale della Supercoppa Italiana più discussa degli ultimi tempi. Alla fine ad alzarla al cielo è stata l’Inter di Nicolò Barella, talento forgiato proprio nella scuola calcio che porta il nome del più grande attaccante italiano che comanda ancora la classifica dei bomber della Nazionale. Forse sì, era destino anche questo.

Forse era giusto che a prendersi la scena fosse proprio uno come Riva, calciatore formidabile ma soprattutto uomo d’altri tempi. E di altri valori. Quelli che la FIGC di Gravina e la Lega di Casini e De Siervo si auguravano di esportare in un paese come l’Arabia, che invece i diritti (umani) li calpesta ogni giorno in nome del Dio Denaro. Esatto, il denaro. Motivo per cui, senza troppi giri di parole, i vertici del calcio nostrano hanno deciso di far volare quattro squadre lontano dall’Italia, incidendo anche sulla Serie A in corso, tra classifiche con asterisco, partite rinviate e da recuperare, cartellini gialli (come quello del già citato Barella) o rossi (come quello di Simeone) che generano pesanti squalifiche da scontare in campionato. Storicamente la Supercoppa era un trofeo che veniva assegnato prima del via della nuova stagione - anche perché vedeva tra le pretendenti le vincitrici di Scudetto e Coppa Italia di quella precedente - e che viene adesso letteralmente 'buttato' a gennaio, nel bel mezzo di un calendario già affollato tra mille competizioni e ora ancora più ingolfato con recuperi da spalmare di qua e di là.

I numeri non mentono. O meglio, non lasciano spazio a menzogne. La Lega Serie A ha deciso di spostare la Supercoppa lontano dalla Penisola per un chiaro motivo economico, dato che incasserà 92 milioni di euro complessivi dall'accordo che prevede che si svolgano in Arabia quattro edizioni nell’arco di 6 anni. Per quella del 2023 (ma giocata nel gennaio del 2024...) la Lega Serie A mette in tasca circa 23 milioni di euro, 15 dei quali ai club partecipanti con la suddivisione di 3,2 milioni totali alle due semifinaliste sconfitte (Fiorentina e Lazio), 4 milioni alla finalista sconfitta (Napoli) e 8 milioni alla vincitrice (l’Inter). I restanti 8 milioni vanno invece divisi in 2,5 milioni agli altri 16 club di Serie A, 2,5 milioni in tasse, 1 milione in commissioni. E altri 2 milioni restano invece alla Lega 'esportatrice di valori'. Una montagna d’oro che l’Arabia ha sfruttato applicando la tattica dello sportwashing, una strategia usata da stati o governi che sfruttano lo sport per rendere moderna la propria immagine e far distogliere lo sguardo dalla pessima situazione dei diritti umani nel proprio paese. Per pulirsi la coscienza con un pallone, insomma.

Una montagna d’oro che un simbolo e un esempio come Gigi Riva, nella sua carriera, ha invece sempre rifiutato anche dai colossi del Nord, per restare nella mia terra. Quella Sardegna diventata poi anche sua. Perché Riva è un sardo d'adozione, figlio di quell'isola che ora piange uno dei suoi miti. Il quinto moro capace di fare la storia del Cagliari, di un intero popolo ma anche del calcio italiano. E poco importa se qualche ignorante, seppur per motivi culturali, ha osato fischiare durante il minuto di raccoglimento improvvisato tra il primo e il secondo tempo di Napoli-Inter: quei fischi hanno macchiato ancor di più una Supercoppa che era già sporca di suo. E hanno solo dato l’ennesima dimostrazione della purezza di Rombo di Tuono nei confronti dell'ipocrisia che regna nel calcio. Anche sotto il cielo di Riyadh.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 24 gennaio 2024 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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