Ci risiamo. Per il secondo anno consecutivo l'Inter vola a Riyadh per disputare la Supercoppa italiana, che diversamente dagli anni passati si presenta per la prima volta con un format diverso e segue per certi versi un solco già tracciato dalla Spagna... E non soltanto per la formula di mini-torneo a quattro squadre, con tre partite complessive (due semifinali e finale in gara unica). In Italia come in Spagna la domanda sorta spontanea, già l'anno scorso e riproposta quest'anno, è: perché disputare la Supercoppa in Arabia? 

I fatti dicono che la Lega Serie A nel 2018 ha stretto la mano alle autorità sportive saudite per disputare in Arabia tre finali di Supercoppa in cinque anni per 25 milioni di dollari circa. Lo scorso anno però, dopo la vittoria dell'Inter contro il Milan, terza finale di Supercoppa dopo quella vinta dalla Juve sempre contro il Milan a Gedda valida per la stagione 2018 e giocata nel gennaio 2019 e quella del dicembre 2019 giocata sempre a Riyadh al KSU Stadium, vinta dalla Lazio di Simone Inzaghi contro la Juventus, una maxi-offerta avanzata dal ministero dello sport saudita ai vertici della Serie A ha fatto sì che la collaborazione si prolungasse cambiando, appunto, format. Il nuovo accordo prevede la disputa in Medio Oriente di quattro delle prossime sei edizioni della Supercoppa, due consecutive (2023 e 2024) e le ultime due edizioni del Torneo (2028 e 2029) in Arabia, da stabilire ancora le sedi delle edizioni del 2026 e 2027. L'edizione 2023 attualmente in corso porterà nelle casse della Lega Serie A circa 23 milioni di euro, è strutturata sulla base del modello delle final four, e vi partecipano le prime due squadre classificate nelle due principali competizioni italiane, dunque Napoli campione d'Italia in carica, Inter vincitrice della Coppa Italia, Lazio seconda in Serie A 2023/2024, e Fiorentina seconda nella finale di Roma. Un accordo che a grandi linee, a tastoni, con un calcolo approssimativo e al netto di tutte le variabili, che potrebbe aggirarsi intorno ai 100 milioni di euro totali. Fin qui quelli guadagnati sono meno di 50 milioni. 

Domanda alla quale arriva una risposta semplice e altrettanto scontata che non necessita di grandi spiegazioni retoriche. Difficile per la Lega quanto per i club rifiutare partnership di un certo peso economico, specie nell'epoca del post-Covid. Tuttavia altrettanto difficile è comprenderne ancora una volta, esattamente come lo scorso anno e in quelli ancora addietro, le ragione etiche rese sorde e cieche, che mandano a farsi benedire i tanti slogan e le prese di posizioni mediatiche tante volte sbandierate a favore di certe cause, di certo non meno importanti rispetto a quella economica, quali il rispetto dei diritti umani. "La situazione dei diritti umani in Arabia Saudita è estremamente negativa. Negli ultimi otto anni, da quando il principe della Corona bin Salman è diventato l’uomo forte del regno, ci sono state oltre 1250 impiccagioni; tutti i difensori dei diritti umani sono in carcere e vengono emesse regolarmente condanne a decenni di carcere anche solo per aver scritto un post su una piattaforma social" ha detto il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, qualche giorno fa, prima che il Torneo cominciasse, sui canali di Amnesty International Italia" a proposito delle controversie che ancora una volta travolgono l'argomento. Salma al-Shehab, ad esempio, è solo una delle centinaia di donne condannate ad anni di reclusione per aver espresso sui social un pensiero volto a favore delle attiviste per i diritti delle donne. La donna, rea di aver espresso liberi pensieri e parole, è stata addirittura accusata di terrorismo e prima di essere processata, è stata addirittura detenuta in isolamento per 285 giorni. 

Salma al-Shehab. Uno dei tanti nomi e delle tante ragioni per i quali le parole di diplomazia e di facciata né le inoppugnabili ragioni economiche che oggi movono il sole e l'altre stelle bastano a spiegare e giustificare, fino in fondo, una tanto fiera stretta di mano tra Italia e Medio Oriente, nella fattispecie l'Arabia. Un accordo stretto con tanto di sguardo rivolto solo da una parte: dalla parte di chi sceglie ancora una volta d'indossare un'ipocrita maschera che poco resiste dinnanzi ai colpi di una riflessione (meno disinteressata e superficiale di chi guarda soltanto al portafogli) che la contemporaneità impone, specie quella di un'Italia che nel 2024 conta oltre 100 donne vittime di femminicidio.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 21 gennaio 2024 alle 00:17
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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