FC Internazionale ha un nuovo presidente. Il ventunesimo della sua gloriosa storia. Il più giovane con i suoi 26 anni. Parliamo di Steven Zhang, figlio di Zhang Jindong, numero uno di Suning, il colosso cinese che detiene la maggioranza del pacchetto azionario del club nerazzurro. Steven succede ad Erick Thohir che, per ora, rimane azionista di minoranza con il 30% delle quote. L'investitura del giovane Zhang, avvenuta ieri pomeriggio nel corso dell'assemblea dei soci tenutasi in un lussuoso hotel milanese, è stata l'epilogo naturale del corso degli eventi iniziati due stagioni fa, quando Suning decise di investire sull'Inter, spinta anche dai passionali consigli del presidente per antonomasia, alias Massimo Moratti. Steven, infatti, è di fatto il presidente operativo già dal primo giorno, vista la decisione di trasferirsi subito a Milano, città che ha imparato ad apprezzare in breve tempo, insieme alle belle cose che può offrire un paese come l'Italia, seppur con le gravi contraddizioni che segnano il nostro tempo.
Il neo presidente nerazzurro è intelligente, brillante, ambizioso: "Non ho paura, farò bene. Sono orgoglioso di questa carica", ha detto ieri in conferenza stampa. Ma le parole più importanti, quelle che devono rassicurare e invogliare i tifosi dell'Inter a investire ancora di più parte del loro tempo sulla passione per la Beneamata, riguardano la mission di questa proprietà, ossia la voglia di portare l'Inter a tornare a primeggiare in Italia, in Europa e nel mondo. I paletti imposti dal Financial Fair Play, le ristrettezze imposte un anno fa sugli investimenti all’estero da parte del governo cinese, non hanno facilitato il compito della proprietà che ha così dovuto impostare un lavoro graduale, non incentrato sul “tutto e subito”, ma comunque fondamentale per la crescita dei ricavi e dell’ampliamento delle strutture societarie che sono poi funzionali e propedeutiche all’acquisto di grandi giocatori in grado di far sognare il popolo nerazzurro.
Buon lavoro quindi a Steven Zhang, il più giovane presidente della storia dell’Inter che di storia, possibilmente vincente, ha ancora voglia di scriverne perché così è nel dna di questo club nato il 9 marzo 1908 in un ristorante all’ombra del Duomo frequentato da intellettuali, artisti e industriali desiderosi di aprirsi al mondo, pur mantenendo l’inossidabile radice meneghina. 110 anni dopo si continua a percorrere l’dea. Milano ha chiamato Nanchino e loro hanno risposto sì. Distanze azzerate nel nome dell’Inter. La svolta societaria, i progetti di sviluppo, la promessa che si tratterà di un impegno a lungo termine da parte di una proprietà così forte finanziariamente, non potrà che avere ripercussioni positive sulla squadra e sui risultati del campo.
Anche se oggi Steven ha smentito contatti, sta maturando la possibilità che all’Inter arrivi un vincente come Beppe Marotta. Ex juventino? Appunto, ex. Staremo a vedere. L’Inter è reduce dalla vittoria all’ultimo respiro nel derby, un epilogo che ogni tifoso sogna. Il gol di Maurito Icardi al minuto 92 della stracittadina in un Meazza per tre quarti nerazzurro, ha rappresentato una goduria troppo grande, a prescindere da quanto quel colpo di testa potesse incidere sulla classifica. L’Inter ha vinto il derby, punto. Con loro ci si rivede a quello di ritorno, intanto passeranno quasi quattro mesi in cui il Bauscia potrà sempre ricordare all’amico Casciavit che: “Milano siamo noi”.
Usciti dai confini nostrani, c’è però da registrare la sconfitta a Barcellona nella terza giornata dei gironi di qualificazione in Champions League. Un ko che mantiene l’Inter in posizione ottimale, grazie al pari tra Psv Eindhoven e Tottenham. Ma, anche in questo caso, sono altri gli aspetti da sottolineare, anche se purtroppo negativi, per non incorrere in brutte sorprese nelle prossime gare europee. Perché in Champions non è permesso rilassarsi, pensando che il più sia fatto. Al Camp Nou contro una squadra che, pur orfana di Leo Messi, ancora adesso merita di essere considerata tra le prime tre più forti al mondo, la sconfitta si può anche mettere in preventivo. La gara è stata comunque aperta sino alla fine, Handanovic non è stato bombardato. Ma quello che mi ha dato personalmente fastidio è stato, soprattutto nel primo tempo, quel senso di approssimazione che accompagnava i giocatori dell’Inter quando, a fatica, riuscivano a impossessarsi del pallone. Paura, rassegnazione, mancanza di coraggio, disabitudine a calcare certe scene? Può essere tutto e il contrario di tutto, ma non riuscire quasi mai a a eludere con tre passaggi di seguito il pressing avversario, a quei livelli non può dipendere solo da un’oggettiva inferiorità tecnica rispetto ai palleggiatori del Barcellona.
A mio avviso la squadra, in contesti come quello di mercoledì scorso, deve crescere come mentalità e personalità. Vista l’assenza di uno come Nainggolan che a Barcellona, con i suoi tackle e i suoi strappi, sarebbe stato prezioso per ribaltare velocemente una situazione di sofferenza, si può anche discutere sulla scelta di Luciano Spalletti di non cambiare modulo e di insistere sul datato Borja Valero trequartista in un campo che sembra grande il triplo degli altri. Ma, ripeto, società, tecnico e giocatori devono crescere insieme soprattutto dal punto di vista della personalità. L’Inter che va a Barcellona ha il dovere di fare la voce grossa e non di subire l’evento. Poi vince chi segna di più, ma loro avevano vinto nella testa già al fischio iniziale dell’arbitro. Non so come finirà la supersfida di ritorno in programma martedì 6 novembre a San Siro, ma credo che quella sera il Barcellona dovrà sudare molto per uscire indenne. Perché cambia il contesto, perché a casa tua ti senti protetto. Ma il grande club, quello a cui aspira il neo Presidente, non fa distinzioni su dove si reciti. Si gioca e basta.
Tornando al campionato, il prossimo turno offrirà nuove emozioni e tanta adrenalina. La Beneamata sbarcherà lunedì sera nell’Olimpico laziale, cinque mesi dopo quel 20 maggio che sancì il ritorno in Champions League dopo sei anni. Senza quella vittoria, forse, Steven Zhang oggi avrebbe fatto discorsi meno entusiasmanti.
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