Inter in vantaggio alla fine del primo tempo. In estrema sintesi, è questo il titolo più eloquente dopo l'andata degli ottavi di finale di Champions League contro l'Atletico Madrid. L'entusiasmo si tocca con mano, così come lo si toccava anche prima quando il pullman nerazzurro ha fatto enorme fatica a farsi largo tra i tifosi che acclamavano la squadra, provando a caricarla a dovere per questa importante gara. Non è dato sapere se questa iniezione di stima abbia funzionato, fatto sta che la squadra di Simone Inzaghi ha interpretato nel modo giusto l'impegno contro un avversario di tutto rispetto, arrivato a Milano con legittime ambizioni. Siamo solo all'intervallo di una partita di tre settimane, al Wanda Metropolitano bisognerà scrivere un'altra pagina di questo percorso europeo e lo sanno anche i muri che servirà una prova gagliarda. Ma intanto è corretto godersi la nona vittoria in altrettate gare di questo generoso 2024, che oltre a una Supercoppa italiana e a una prima vera fuga in campionato ha portato in dote anche un piccolo significativo vantaggio nel doppio confronto con gli spagnoli.

A tratti è sembrato di rivedere la stessa partita contro il Benfica, complicata nel primo tempo, dominata per oltre 20 minuti nella ripresa con innumerevoli occasioni gettate al vento. Un déja-vù dai contorni flebili, perché l'Atletico Madrid è meno ballerino rispetto al Benfica e pur mettendo a dura prova le coronarie di Oblak ha saputo reggere l'urto senza barcollare troppo, mantenendo persino viva la speranza di pareggiare nel finale. E se l'Inter la chiude con uno striminzito 1-0 è anche per gli errori di Marko Arnautovic, che per due volte spreca davanti al portiere sloveno attirando gli improperi del pubblico. Che, giusto rimarcarlo, anche di fronte a una responsabilità oggettiva, una volta ricompostosi ha iniziato a sostenerlo emotivamente. Ottenendo in cambio il gol della vittoria, che la provvidenza ha voluto servirgli su un piatto d'argento. L'austriaco aveva bisogno di scoperchiare la pentola a pressione e lo ha fatto nel momento più opportuno. Con l'infortunio muscolare di Thuram, nota dolentissima della serata, sarà lui a doversi far carico di gran parte delle responsabilità offensive per le prossime partite.

La sensazione finale è quella di una serata piacevole, impegnativa sotto tutti i punti di vista ma anche assai gratificante. L'Inter continua a esprimere il suo calcio anche in condizioni non semplici e contro avversari di livello europeo ed è la notizia migliore, perché a snaturarsi alla fin fine è stato proprio l'Atleti, tornato alle vecchie abitudini di chiudersi e tentare rapide ripartenze in barba alla nuova filosofia cholista. Ma se Simeone ha chiesto ai suoi di serrare le fila è perché ha temuto di essere travolto da una squadra che, sostenuta da un'immensa fiducia, sa di non avere limiti. E traduce sul rettangolo di gioco questa convinzione.

Ieri avrebbe festeggiato senza dubbio anche Andi Brehme, che ci ha lasciati all'improvviso, seminando profonda tristezza e sbigottimento. Una di quelle notizie che ti cambiano la giornata, che ti costringono, anche se non vuoi, a ripensare a quei momenti in cui lui è entrato, senza saperlo, nella tua vita. E i ricordi riaffiorano, anche se un po' sbiaditi. I più giovani probabilmente non potranno capire cosa Brehme e i suoi compagni di squadra hanno rappresentato per i tifosi interisti e non solo. E non basterebbero assolutamente poche righe anche solo per provare a spiegarlo. Era l'epoca dei calciatori semplici, lontano dai riflettori e dal marketing, dalla cura della propria immagine e dalle vagonate di soldi, inconsapevoli eroi per la gente comune, alla quale sapevano avvicinarsi in modo naturale. E Brehme, con la sua professionalità e qualità indiscusse che oggi non si trovano tanto facilmente, sapeva essere un simbolo per i propri tifosi ma con gli atteggiamenti dell'uomo comune, quello che incontri al supermercato e che non si sottrae mai a una richiesta di autografo o a un sorriso. Vero interista anche dopo tanti anni lontano da Milano, assai attivo su Instagram dove il tra i suoi post il colore nerazzurro la faceva da padrone. E sicuramente amava guardare allo stadio o in TV la squadra di Simone Inzaghi, che viaggia a ritmo di record come la sua Inter, quella 'dei record' per antonomasia. Il calciatore rimarrà sempre nella storia per le sue gesta e le sue vittorie, quello che ci mancherà di più è la bella persona che è sempre stato Andi.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 21 febbraio 2024 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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